Allarme scuola: un ragazzo su cinque lascia prima del diploma

Allarme scuola: un ragazzo su cinque lascia prima del diploma
di Giuseppe ANDRIANI
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Venerdì 7 Aprile 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:07

Il 17% dei ragazzi pugliesi tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola prima del diploma. Il dato, riferito al 2021, è in un’analisi della fondazione di OpenPolis “Conibambini”. Solo in Sicilia la situazione è peggiore. Quasi un ragazzo su cinque, di fatto, non conclude il percorso scolastico. E a questo va aggiunto il discorso legato alla dispersione implicita, che supera il 40% e si riferisce a quegli studenti che arrivano alla fine della scuola superiore senza aver maturato - seguendo i test Invalsi - competenze adeguate. E, verrebbe da dire, va comunque meglio rispetto a chi, invece, decide di ritirarsi prima del tempo. Tra i Paesi dell’Unione Europea, l’Italia è sul podio per abbandono di studenti, con il 12,7%, dietro soltanto a Spagna (13,3%) e Romania (15,3%). Colpisce a maggior ragione il dato pugliese. Periferia della periferia, di fatto. 

I dati


E c’è anche un ultimo rapporto Svimez che lancia l’allarme, sottolineando come vi siano due scuole all’interno dello stesso Paese. Sono diverse le condizioni di chi si appresta a iniziare il proprio percorso a Milano e di chi deve fare lo stesso percorso ma a Napoli o a Bari. È diverso il monte ore, se si considera che nel Mezzogiorno è complicato persino reggere il sistema del tempo pieno. 
La dispersione scolastica è uno dei grandi problemi del presente.

Alcuni fondi per intervenire contro il fenomeno erano stati inseriti nel Pnrr. Ma - è ormai noto - vi sono diverse difficoltà nell’attuare quei progetti. Dai fondi europei erano stati stanziati 43 milioni di euro per la Puglia. Risorse che saranno erogate direttamente agli istituti scolastici, 212 nel complesso nel tacco d’Italia. A Bari arriveranno 3,78 milioni di euro per 18 scuole, a Taranto 2,28 per 10 istituti e a Brindisi 2,1 milioni per 10 scuole. Fondi che dovrebbero servire ad arrestare l’emorragia di studenti. Il problema, però, è individuare una ricetta vincente per far sì che il trend cambi rotta. 

Il futuro


La partita della scuola del futuro è più che aperta ed è destinata a scrivere una parte del futuro del Paese e della regione. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha annunciato - nel corso di un’ospitata a Porta a Porta su Rai1 - di aver chiesto a Invalsi «di organizzare un gruppo di esperti per lanciare una grande sfida contro la dispersione scolastica e l’assenza di competenze alla fine del percorso scolastico». Il problema della dispersione, secondo il ministro, è più evidente nel Mezzogiorno «probabilmente per questioni di carattere sociale. Lanceremo una ‘Agenda sud’ in 150 scuole con interventi che andranno dal numero dei docenti per classe, alla motivazione anche stipendiale: chi lavora in aree disagiate o di frontiera deve avere una valorizzazione anche dal punto di vista economico. Già oggi ci sono docenti che con coraggio e determinazione si dedicano a situazioni difficili in contesti difficili». 
Situazioni difficili e contesti difficili che al Sud sono quindi più frequenti. È chiaro che - e di studi in questa direzione ve ne sono molteplici - la situazione socioeconomica della famiglia spesso determina sia il livello di apprendimento dello studente e sia la voglia di proseguire gli studi. Per il resto, spesso, è anche l’orientamento a fare la differenza. E non è un caso che anche su questo aspetto insista il Pnrr: scegliere una scuola “sbagliata” per se stessi vuol dire avere meno possibilità di proseguire gli studi e portarli a termine. E la scelta della scuola superiore, da prendere a 12 o 13 anni, è tanto complicata quanto decisiva. Di risorse ce ne saranno anche nei prossimi anni. Al momento, contro la dispersione sono stati stanziati 500 milioni di euro. C’è ancora un miliardo da assegnare. E qui - va dato atto al governo - la percentuale dei fondi destinati al Sud supera di gran lunga il 40%. Perché è un’emergenza che rende più povero il territorio, da un punto di vista culturale e persino economico, che incide sul futuro di intere generazioni. Tra i tanti divari territoriali più o meno marcati ce n’è uno che da questa parte della barricata sembra imperdonabile: un ragazzo su cinque qui non ha finito la scuola. Ed è il momento di intervenire.

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