L'intervista/ Marti (Lega): «Emiliano ci dica qual è il suo progetto di sanità. Lerario? Ci sono i giudici»

L'intervista/ Marti (Lega): «Emiliano ci dica qual è il suo progetto di sanità. Lerario? Ci sono i giudici»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Mercoledì 19 Gennaio 2022, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 12:44

Il passaggio dal vecchio al nuovo anno segna sempre il tempo dei bilanci e delle prospettive. Soprattutto per la politica e per le istituzioni. In Regione, a quasi un anno e mezzo dall'avvio dell'Emiliano bis, la fase è delicata, tra assessori dimissionari, dossier cruciali e inchieste penali. I protagonisti della politica si interrogano allora su scenari, proposte e idee. Le precedenti interviste: Nico Bavaro, Sinistra italiana (4 gennaio - leggi l'intervista); Mauro D'Attis, Forza Italia (6 gennaio - leggi l'intervista); Marco Lacarra, Pd (8 gennaio - leggi l'intervista); Marcello Gemmato, FdI (12 gennaio - leggi l'intervista); Mario Turco, M5s (15 gennaio - leggi l'intervista).

Continuità o discontinuità? Promosso o bocciato? Che giudizio dà del governo regionale? La Lega non si è mai sbilanciata più di tanto.
«È un governo in continuità col precedente. Con un nervo scoperto: Emiliano ha vinto le elezioni puntando sul tema del contrasto alla pandemia, un elemento sfruttato da tutti i governatori uscenti. Ma se si votasse adesso, il giudizio sulla gestione pugliese dell'emergenza sarebbe pessimo».
Roberto Marti, segretario regionale della Lega: per quale motivo?
«Faccio due esempi su tutti: le dimissioni di Lopalco e la questione Lerario. Oggi siamo senza assessore e senza responsabile della Protezione civile, in una fase così delicata».
Anche lei sta rivalutando le posizioni dell'ex assessore?
«È stato scelto, candidato e nominato da Emiliano, non so esattamente cosa sia successo tra loro. Lopalco probabilmente a un certo punto non ha condiviso più le strategie di Emiliano».
Quindi il fallimento della gestione della pandemia, di cui parlava, lei lo imputa più al governatore che a Lopalco?
«Sì... anche se non è mai semplice separare le responsabilità».
Ora che assessore ci vorrebbe?
«Ci vuole un assessore, innanzitutto: un governatore non può farsi carico anche della sanità. La Lega non cerca un assessore alla Sanità, ma un progetto, una visione della sanità in Puglia. La discussione sui nomi non ci riguarda e non ci appassiona».
Lei conosce bene Rocco Palese.
«Ripescare dal passato sarebbe l'ennesimo fallimento, dopo aver contestato il Piano di riordino sanitario del quale Palese fu protagonista: sarebbe una grande vittoria per Fitto e una sconfitta per Emiliano. Anzi, le dico di più: a questo punto il governatore potrebbe chiedere direttamente a Fitto di indicargli un assessore, magari gli darebbe un nome più nuovo. Se poi la valutazione di Emiliano è tecnica, allora siamo davanti a un controsenso».
Prima parlava di fallimento della gestione regionale della pandemia: è raro sentire toni così categorici dalla Lega. Anzi, l'opposizione leghista sembra sempre un po' soft.
«La Lega è entrata in un governo di unità nazionale per contribuire a gestire l'emergenza: in un momento storico di questo tipo, fare un'opposizione urlata inseguendo il consenso serve a poco».
L'ospedale in Fiera è al centro di contestazioni e inchieste: voi lo scorso anno l'avete visitato, addirittura complimentandovi.
«Lo abbiamo visitato non per capire se c'erano state irregolarità nella realizzazione, visto che non spetta a noi farlo, ma per valutare se potesse essere realmente utile a gestire l'emergenza sanitaria. Stop. Non siamo e non eravamo a conoscenza di altro su appalti, bandi e lavori. Aggiungo, tornando al tema dell'opposizione più o meno morbida: se i cittadini scelgono da chi farsi governare, bisogna comunque lasciare la possibilità di valutare e di fruire di quella scelta. Noi possiamo fare le nostre valutazioni, con un'opposizione diversa da chi sceglie di urlare».
Ma il suo rapporto con Emiliano qual è? Pare ottimo, e non solo personale.
«Ho un rapporto serenissimo, di dialogo, come è giusto che ci sia nelle istituzioni. Mi sono battuto fortemente per salvaguardare anche il Comune di Lecce (la vicenda del dissesto e gli emendamenti presentati in Parlamento, ndr), dove c'è un sindaco storicamente non della mia parte politica. E poi c'è una considerazione di carattere strategico: nel centrodestra siamo stati capaci di perdere pezzi di elettorato attirato dal civismo di Emiliano, non comprendo perché allora non si debba dialogare per riappropriarsi di quell'elettorato per riportarlo nel centrodestra».
Su base territoriale avete stretto accordi, più o meno alla luce del sole, con Emiliano. Emblematico il caso Nardò.
«A Gallipoli in giunta ci sono uomini di FdI, anche. A Nardò noi abbiamo messo il cappello del centrodestra, è stato poi Emiliano a volersi aggregare, peraltro con un peso minimo. Ma a Nardò sia FI che FdI hanno avuto tempo per entrare nel progetto, dopo le mie sollecitazioni».
Il civismo di Emiliano vi spaventa? Continuerà a svuotare il centrodestra?
«Di sicuro sono stati fatti degli errori in passato, se siamo arrivati a questo. Adesso ci vuole una nuova strategia».
La vicenda Lerario, e tutto ciò che ne consegue sul tema spinoso degli appalti, richiede risposte e segnali. Quali chiarimenti vi aspettate da Emiliano?
«Deve spiegare qual è il progetto di sanità che intende proporre. Quanto ad appalti e bandi, bisognerebbe chiedere alla magistratura, non a noi. Alla Lega interessa la visione di politica sanitaria da portare a conoscenza dei pugliesi in Consiglio. Parliamo di cose concrete, non di appalti o altro».
Ci vorrebbe un maggior coordinamento del centrodestra in Puglia, in Consiglio e sui territori, non crede? Spesso parlate linguaggi diversi.
«Siamo in costante contatto e dialogo con le altre forze di centrodestra, anche di recente e in vista delle prossime amministrative. Quanto alla Regione, può capitare che ci siano visioni differenti su alcune cose, ma non ci sono problemi di coordinamento e dialogo».
Non sembrerebbe. A cominciare dalla recente scelta del delegato regionale di centrodestra per l'elezione del presidente della Repubblica: alla fine l'ha spuntata FdI.
«Abbiamo seguito l'indicazione nazionale, il nome da noi indicato (Paolo Pagliaro, ndr) ci sperava, ma ha ceduto il passo».
E se c'era un accordo nazionale, perché avete provato questa mossa del cavallo?
«Abbiamo proposto il nostro nome anche alla luce di circostanze precedenti legate agli equilibri consiliari, poi abbiamo tutti preso atto delle scelte nazionali».
Che lavoro sta facendo sul territorio? Sta provando ad allargare il gruppo dirigente della Lega?
«Stiamo lavorando tanto su questo. Siamo una realtà ancora giovane, ma ben rappresentata in tutte le istituzioni, ci stiamo aprendo ad alleanze e federazioni con realtà locali, il partito evolve. E personalmente sono sempre stato, da anni, promotore di realtà civiche».
Avanti col governo Draghi, o comunque con questo assetto?
«Siamo in un governo di responsabilità, la nostra presenza è fondamentale.

Avanti con questo schema, ma ci vorrebbe un cambio di passo sostanziale: i leader politici nel governo, mettendoci la faccia per dare ulteriore slancio».

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