Sanità, il direttore Asl Stefano Rossi: «Sui tempi per visite ed esami sfido chiunque»

Stefano Rossi
Stefano Rossi
di Paola ANCORA
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Giovedì 19 Gennaio 2023, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 08:43

«Sfido chiunque, con la giusta prescrizione medica, a dire che ha dovuto aspettare per fare una mammografia». Stefano Rossi, direttore generale della Asl di Lecce è un fiume in piena. «L’offerta di servizi è ampia e il sistema di prenotazione complesso, è vero, ma anche per questo esistono i medici di base, che devono affiancare le pazienti».
Direttore la mammografia prenotata da Quotidiano è stata fissata al 13 febbraio 2024. È una attesa “normale”?
«Certo. Per una donna in salute le linee guida indicano un periodo di un anno e mezzo fra una mammografia e l’altra. Se, invece, avessimo davanti una donna già sottoposta a intervento che deve fare un controllo, la prima visita disponibile nel nostro sistema è per il 19 gennaio (oggi, ndr). Una donna alla prima visita senologica troverebbe posto fra un mese. E nel caso di sintomatologie specifiche l’attesa è zero».

L’Istituto superiore di sanità, tuttavia, segnala che in Puglia il 33% delle donne non si sottopone ad alcuno screening. Lei trova semplice il sistema di prenotazione dell’Azienda sanitaria?
«La Asl di Lecce si è storicamente caratterizzata per un sistema di prenotazione che passa anche attraverso l’associazione “Sos per la vita” ed è vero che a volte il numero verde è irraggiungibile, ma su otto operatori complessivi – 6 di SanitàService e due dipendenti Asl – al momento quattro sono in malattia, con l’influenza.

Interverremo per fare in modo che quel personale venga sostituito. Resta, tuttavia, la complessità di un sistema che, quando parliamo di esame mammografico, prevede otto tipi di esigenze differenti. Se questa differenziazione, come in passato, non ci fosse, le attese sarebbero anche di tre o quattro anni».

Direttore però se una paziente si presenta al Cup tre o quattro mesi prima della data prevista dal medico per il controllo periodico biennale, dunque con un certo anticipo, non trova alcun posto. Né prenotando on line né chiamando il numero verde. La prevenzione – che serve anche ad alleggerire i costi del sistema sanitario - ha un senso se non ci si affida esclusivamente alla diligenza dei singoli. 
«Guardi, il sistema è complesso, a partire dalle prenotazioni, ma anche per questo esistono i medici di base, pagati 10mila euro al mese e che, fra i loro doveri, hanno anche quello di suggerire, consigliare, affiancare i pazienti in questo genere di necessità».

Se i medici di base non assolvono a questi compiti, la Asl cosa può fare? Non dispone di mezzi di controllo e intervento?
«Il medico di base è un libero professionista che lavora in convenzione con il sistema sanitario regionale. Ma oggi, se anche volessimo sostituirne uno che non fa bene il suo lavoro, non avremmo ricambio perché non ci sono medici. Dunque quelli disponibili fanno il pieno di assistiti – ne possono avere fino a 1.575 – e guadagnano sempre di più e non hanno concorrenza. Quando si dice che il vero problema è il personale, non si dice una bugia». 

Per migliorare qualcosa, semplificare le procedure di prenotazione, centralizzarle – come pure è stato suggerito – non potrebbe essere d’aiuto? Internet serve anche a questo.
«Purtroppo le prestazioni senologiche passano soltanto dal numero verde perché la Asl si era storicamente attrezzata con questa associazione».

Che viene remunerata?
«No, non viene pagata. Garantisce un supporto. L’ufficio screening, invece, è gestito dalla Asl, che effettua le chiamate attive per invitare le donne ai controlli periodici». 

I Pronto soccorso al collasso, la carenza di personale, le liste d’attesa: esiste un grave problema di tagli e risorse carenti, ma quanto pesa, ancora oggi, lo sfruttamento decennale della sanità e, dunque, dei bisogni delle persone a fini politici? Ci sono pugliesi che non riescono a prenotare per tempo una risonanza magnetica.
«Guardi, a parte i casi in cui il paziente vuole essere visitato per forza da uno specifico medico, anche per le risonanze sfido chiunque, con la giusta prescrizione, a dire che ci sia un’attesa anche solo di pochi giorni».

Sarà sommerso di reazioni e segnalazioni, lo sa?
«Certo, anche in questo caso dipende dal tipo di esame. Se la risonanza è con il mezzo di contrasto ci vuole un anestesista, che oggi è merce rarissima. Ma quello che voglio dire è che non si può fare di tutta un’erba un fascio. Bisogna anche, a monte, vedere quante prescrizioni vengono fatte e come vengono fatte. Va aperto un ragionamento profondo sull’accuratezza delle prescrizioni: serve la mammografia? Serve la risonanza? Questo è il nodo culturale da affrontare, altrimenti diventa tutto adempimento burocratico e la clinica, il cuore della medicina, va a farsi benedire».

Sta dicendo che gli esami vengono prescritti anche quando non servono per scaricare le proprie responsabilità? Non ci sono più, insomma, i medici di base di una volta.
«Il venire meno di questa figura non è un problema che posso affrontare io, ma va affrontato il tema dello spappolamento del sistema sociale che sta, per esempio, trasformando gli ospedali in gerontocomi. C’è chi nemmeno se li viene a riprendere gli anziani ricoverati».

E cosa c’entra questo con il tema sollevato, ovvero la prenotazione e la celerità di erogazione di visite ed esami?
«C’entra, perché se non si allarga l’inquadratura non si individuano le cause profonde di disagi e problemi. Il servizio sanitario si trova oggi a dare risposte alla paura, ai problemi sociali. E così non può andare».

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