«Salento ancora troppo indietro, è ora di invertire insieme la rotta»: parla Fabrizio Benvenuto

«Salento ancora troppo indietro, è ora di invertire insieme la rotta»: parla Fabrizio Benvenuto
di Stefano MARTELLA
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Giovedì 19 Novembre 2020, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 16:57

«L'epidemia da coronavirus è stata una vera disgrazia per tutti, ma ci ha dato anche l'opportunità di comprendere quanto sia importante la ricerca e l'innovazione». Ne è convinto Fabrizio Benvenuto, presidente della sezione Ict di Confindustria Lecce, presidente dell'International Association of Microsoft Channel Partners e fondatore della società leccese Co.M.Media che si occupa di comunicazione e digital transformation per imprese e pubbliche amministrazioni nazionali.


Dottor Benvenuto, l'epidemia ha messo a nudo le criticità della digitalizzazione nel nostro paese. Quali sono le cause di questo ritardo?
«Ricerca e innovazione sono due settori che in Italia sono stati troppo spesso trascurati, mentre l'accento dovrebbe essere messo proprio su l'università, sui ricercatori e sulle aziende private che vivono di ricerca e che sono un patrimonio di tutti. Il Covid ci ha messo davanti a dei limiti tecnologici che erano stati presi sottogamba. Soprattutto nel Salento, manca una infrastruttura digitale efficace. Siamo stati fortunati perché a Lecce, ad esempio, abbiamo avuto politici avvezzi alla tecnologia che ci hanno portato la rete di Open Fiber. E così, in qualche modo, il centro della città è coperto. Ma penso a quello che avviene nelle periferie e nei tanti paesini che compongono la nostra provincia di Lecce. Tanti centri che hanno infrastrutture tecnologiche elementari, che non consentono neanche delle buone videoconferenze. In questi luoghi fare la didattica a distanza è un grosso problema. Forse se si avesse avuto la tecnologia 5G in questi paesini la situazione sarebbe migliore. Ma l'epidemia ha portato anche grandi opportunità».


A cosa si riferisce?
«Ci sono nuove opportunità considerata la propensione di oggi a scegliere servizi digitali e acquisti digitali. I grandi colossi, ad esempio Amazon, hanno già cavalcato questa opportunità ma ciò non toglie che anche i piccoli artigiani e i piccoli commercianti possono affacciarsi a un mercato globale. In questo momento gli acquisti online portano a una maggiore permanenza sulla rete internet e sulle ricerche che si possono fare sui motori di ricerca. Dalla disgrazia di chiudere delle saracinesche si può passare alla possibilità di aprirne delle altre, virtuali, che forse possono portare anche più valore».


Quanto è indietro il Salento nella digitalizzazione?
«Oserei dire che è all'età della pietra.

In questi anni non c'è stata una pianificazione e molti paesi sono rimasti in balia della progettualità del momento o di una totale mancanza di connessioni. Quello che servirebbe al Salento è una progettualità realizzata tra istituzioni, università e imprese, in modo che si possa realmente pensare nel lungo periodo e portare quelle infrastrutture digitali necessarie. Poi tutto questo si accompagna a un paradosso».


Quale?
«Quello di un Salento con grande conoscenza, competenza e creatività. In questo il Salento è molto avanti. Nel nostro Ateneo abbiamo l'università di Ingegneria che sforna talenti, per tanto tempo abbiamo avuto alla ribalta nazionale l'istituto di nanotecnologie. Inoltre, in Puglia, grazie anche ad alcuni bandi incentivanti della Regione, c'è una grande produzione di ricerca e di innovazione tecnologica. Ci sono tante start up. Ci sono tanti giovani talenti che vanno all'estero e poi portano competenza e creatività incredibili. Se riuscissimo ad avere anche le infrastrutture digitali potremmo diventare un volano per l'innovazione tecnologica per tutta l'Italia e quindi essere competitivi con l'estero».


Quali sono i passi da compiere per ottenere questo risultato?
La ricetta è quella di coinvolgere istituzioni, università, aziende private e cittadini nella realizzazione di una strategia digitale che possa essere realmente vincente. Bisogna cercare di eliminare i centri di potere, bisogna andare verso la trasparenza e verso una tecnologia che possa abilitare servizi, persone e luoghi. Abbiamo grandi possibilità ma dobbiamo smettere di pensare per piccoli orticelli. Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli del grande patrimonio che rappresentano i nostri dati e molto spesso le persone non hanno contezza della loro importanza. Questa consapevolezza dovrebbe essere, invece, la base per la strategia digitale del futuro, dove i nostri dati hanno un peso, un valore».

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