«Non credo nelle streghe, pronto a vaccinarmi. E l'obbligo non viola la persona: è prevalente l'interesse generale»: parla Sabino Cassese

«Non credo nelle streghe, pronto a vaccinarmi. E l'obbligo non viola la persona: è prevalente l'interesse generale»: parla Sabino Cassese
di Generoso PICONE
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Mercoledì 30 Dicembre 2020, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 15:32

Professor Sabino Cassese, giurista, già componente della Corte costituzionale e ministro per la Funzione pubblica nel governo di Carlo Azeglio Ciampi, consenta innanzitutto una domanda di tipo personale. Lei si vaccinerà? È pronto a farlo?
«Prontissimo, appena viene il mio turno. Non credo alle streghe e alle negromanti. Ho fiducia nella scienza e ho apprezzato il piano vaccinale preparato dal ministero della Salute, la circolare del giorno di Natale, molto accurata, la distribuzione dei compiti tra direzione generale della prevenzione e i dipartimenti di prevenzione regionale. Evviva il Ministero della salute!».


Oggi in Italia, in base alla legge 73 del 2017, l'obbligo di vaccinarsi vale per 10 malattie, dalla poliomelite alla varicella passando per l'epatite B e il morbillo. Il Covid-19 si è purtroppo rivelato straordinariamente letale. Non ritiene che sia il caso di inserirlo nell'elenco o rendere la lista flessibile, in presenza di casi di eccezionale e documentata gravità?
«Vorrei, innanzitutto, che tutti chiedessero ai loro padri e nonni quanti infelici ragazzi poliomielitici si vedevano nelle loro scuole. La poliomielite è stata quasi completamente sradicata nel mondo grazie alle vaccinazioni».

Nella Costituzione è stabilito che la profilassi internazionale è di competenza esclusiva dello Stato quindi del governo centrale. Lei in questi mesi lo ha ricordato puntualmente e con fermezza. Basterebbe far valere questo principio per adottare una decisione chiara, precisa e inequivocabile?
«Per la Costituzione, la salute è sia diritto dell'individuo, sia interesse della collettività. Quindi, c'è un diritto e l'altra faccia, che è un interesse non individuale, ma della collettività, nei cui confronti abbiamo tutti dei doveri. Poi, la Costituzione prevede trattamenti sanitari obbligatori, purché siano disposti con legge e rispettino la persona umana».

Se la decisione sull'obbligo dovesse spettare al Parlamento attraverso una legge, teme che nel confronto politico possano pesare posizioni da neopopulismo no vax?
«Come potrebbe il Parlamento dar credito a posizioni oscurantiste, degne di chi bruciava nelle piazze le persone accusate di stregoneria?».

Intanto le sembra praticabile la strada della persuasione e della raccomandazione che autorevoli esponenti del governo hanno indicato?
«Si comincia sempre con l'educazione e la persuasione, per poi passare all'obbligo, purché disposto con legge e rispettoso della persona umana.

Ma non ho dubbi che sottoporsi a una puntura non violi la persona».

La preoccupa invece il no già espresso di alcuni operatori sanitari e di assistenza? Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, ritiene che a medici e infermieri debba essere imposto.
«Ospedali e presidi sanitari sono luoghi di cura. Le sembra possibile che il direttore sanitario possa far entrare in sala operatoria un chirurgo malato, o che possa esser sospettato come portare di malattia? Lo stesso vale per il Covid-19. Il responsabile della struttura sanitaria è tenuto a sospendere dal servizio tutti coloro che non diano la sicurezza di non esser veicolo di infezione».

Secondo il giuslavorista Pietro Ichino il datore di lavoro può chiedere la risoluzione del contratto con il dipendente in caso di rifiuto del vaccino. È d'accordo?
«Il professor Ichino fa un giusto ragionamento, sulla base di un articolo del codice civile. E lo stesso ragionamento può esser fatto per tutti coloro che sono a contatto, per ragioni lavorative, con colleghi di lavoro o con il pubblico. Chi li dirige è responsabile nei confronti dei terzi e, se non vaccinati, deve sospenderli dal servizio».

Luisa Palazzani, docente di Filosofia del Diritto e vicepresidente vicario del Comitato di Bioetica sostiene che assumere o meno il vaccino risponda a una scelta di responsabilità, a un atto di solidarietà e soltanto in ultima istanza a un obbligo. Secondo lei, quando scatta questo livello estremo di guardia? Può essere codificato in numero e percentuali di contagio?
«Sono due aspetti diversi. L'obbligo giuridico del singolo scatta con l'approvazione di una legge, come quella del 2017 sulle 10 vaccinazioni obbligatorie. C'è poi l'obbligo del responsabile delle strutture collettive, un ministero, una scuola, un ospedale, un'azienda: chi le dirige deve assicurare quell'interesse della collettività di cui parla la Costituzione. E per farlo deve assicurarsi che chi svolge le sue funzioni nella struttura sia vaccinato, perché potrebbe essere, altrimenti, portatore di malattie. Svolge una funzione di prevenzione se sospende la persona a fini precauzionali, con la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro».

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