Risparmi, in Puglia 4,5 miliardi bruciati dall'inflazione. Bari provincia più colpita

Risparmi, in Puglia 4,5 miliardi bruciati dall'inflazione. Bari provincia più colpita
di Pierangelo TEMPESTA
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Mercoledì 12 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 22:07

L’inflazione farà perdere oltre quattro miliardi e mezzo di euro ai risparmiatori pugliesi. E a pagarne maggiormente le spese saranno le famiglie meno abbienti, mentre aleggia lo spettro della stagflazione. 
È la stima che emerge da uno studio della Cgia, l’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, che per i suoi calcoli è partita dall’ipotesi che le famiglie italiane abbiano mantenuto nel proprio istituto di credito gli stessi risparmi che avevano all’inizio di quest’anno. A causa della crescita dell’inflazione, che per il 2022 viene stimata all’8 per cento, «la dimensione economica reale del deposito bancario ha subìto una drastica decurtazione. A pagare il conto più salato solo le famiglie residenti nelle grandi città, dove il caro-vita si fa sentire maggiormente». Insomma, per riuscire a fare fronte agli aumenti del costo della vita, le famiglie che in questi anni sono riuscite a mettere da parte qualcosa saranno costrette a dare fondo ai propri risparmi.

La situazione in Puglia: Bari provincia più colpita

In Puglia, la provincia di Bari è quella che subirà le peggiori conseguenze.

Si stima, infatti, una perdita di potere d’acquisto per 1,64 miliardi di euro, a fronte di depositi, al 31 dicembre, per 20 miliardi. Nella classifica delle province italiane, quella di Bari si posiziona al decimo posto, preceduta da città come Roma, Milano, Torino e Napoli. Scendendo più in basso, al 27esimo posto c’è Lecce: qui la Cgia ipotizza una perdita di potere d’acquisto per 943 milioni, a fronte di quasi 12 miliardi di depositi. Per trovare un’altra provincia pugliese bisogna poi scorrere la classifica fino al 35esimo posto, dove c’è Foggia, con perdite ipotizzate per 715 milioni e una consistenza bancaria di quasi 9 miliardi di euro. Taranto si piazza al 50esimo posto: qui le famiglie rischiano di perdere 604 milioni di euro (mentre i depositi, al 31 dicembre, erano pari a 7 miliardi e mezzo). Per la Bat, che nell’elenco occupa la 69esima posizione, le perdite potrebbero essere di 403 milioni di euro (5 i miliardi di depositi). Infine, per le famiglie brindisine (la provincia è al 72esimo posto) il calo del potere di acquisto sarà di 391 milioni, a fronte di poco meno di 5 miliardi di depositi.

A rischio le famiglie meno abbienti

Se si guarda al dato nazionale, le perdite potrebbero superare i 92 miliardi. Una piccola parte delle uscite non previste, però, saranno compensate dall’aumento degli interessi sui depositi. A seguito dell’incremento dei tassi deciso in questi ultimi mesi dalla Banca centrale europea, infatti, nella seconda parte dell’anno le banche stanno riconoscendo ai propri correntisti degli interessi positivi. «Tuttavia - affermano gli analisti dell’Ufficio studi della Cgia - il conto da pagare è pesantissimo e colpisce maggiormente le famiglie meno abbienti». Se le casse delle famiglie piangono e piangeranno, però, quelle dello Stato sorridono. «A causa dell’aumento dell’inflazione - spiegano infatti dalla Cgia - anche lo Stato centrale e le sue articolazioni periferiche subiranno un’impennata sul fronte delle uscite. Nel frattempo, però, l’incremento del gettito riscosso è stato molto importante. Nei primi otto mesi del 2022, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le entrate tributarie erariali sono aumentate di 40,69 miliardi di euro». Un incremento riconducibile agli effetti del “decreto Rilancio” e del “decreto Agosto”, che tra il 2020 e il 2021 hanno disposto proroghe e sospensioni, e alle conseguenze degli incrementi dei prezzi al consumo, che hanno spinto in alto il gettito dell’Iva. Il pericolo che l’economia italiana stia andando verso la stagflazione è ritenuto «molto elevato» dalla Cgia: «È un quadro economico che in tempi relativamente brevi potrebbe verificarsi anche in Italia. Con le difficoltà legate alla pandemia, agli effetti della guerra in Ucraina, all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiamo, nel medio periodo, di vedere scivolare la crescita economica verso lo zero, con un’inflazione che, invece, potrebbe superare tranquillamente le due cifre».

Ma porre un freno alla stagflazione risulta un’operazione molto difficile: «Per attenuare la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione». Ma questo, per l’Italia, significherebbe «un deciso incremento del costo del debito pubblico, un problema che potrebbe minare la nostra stabilità finanziaria». Tre, per la Cgia, i versanti su cui l’Italia dovrebbe intervenire per ridurre i danni al minimo: la riduzione della spesa corrente e il taglio della pressione fiscale, «unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e, per questa via, alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi». E, infine, il blocco dei rincari delle bollette dell’energia elettrica e del gas, «che sono la causa di questo forte aumento dell’inflazione registrato in quest’ultimo anno».
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