Rimpasto, Emiliano frena
e “fa scegliere” ai gruppi
Stallo su nomi e strategie

Rimpasto, Emiliano frena e “fa scegliere” ai gruppi Stallo su nomi e strategie
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Mercoledì 4 Aprile 2018, 13:15 - Ultimo aggiornamento: 13:26

La sensazione, tattile, è che il rimpasto di giunta regionale si stia rivelando un’operazione più ardua del previsto, tra incastri, retromarce, disponibilità troppo timide o parziali. Oggi Michele Emiliano riunisce i gruppi di maggioranza consiliare, è il primo vertice dopo le amare (per il centrosinistra) elezioni politiche, ma in realtà è il primo dopo forse troppo tempo. Motivo - anche questo, seppur non solo - di tensioni nemmeno più latenti e al contrario manifeste e con effetti diretti sulla tenuta della maggioranza, sulle prospettive della coalizione, su “messa in sicurezza” e rilancio dell’ultimo biennio di governo.
Oggi il governatore ascolterà i consiglieri regionali, molti dei quali sul piede di guerra e pronti a snocciolare l’elenco di critiche, falle e ritocchi necessari al motore dell’amministrazione pugliese. Alla fine dovrebbe essere partorito un documento condiviso, se non proprio una piattaforma di rilancio. Già, ma il rimpasto? Sono almeno tre gli assessorati in palio, Emiliano non sottoporrà ai gruppi consiliari un’ipotesi di squadra (sempre che la nottata non abbia intanto ribaltato la strategia) e viceversa chiederò due-tre nomi ai capigruppo. La rosa è sempre più ristretta: il Pd dovrebbe calare sul piatto un renziano, e nelle ultime ore sono risalite le quotazioni del barlettano Ruggiero Mennea (rispetto a Fabiano Amati e Sergio Blasi); Mdp, pur tra qualche distinguo interno, sceglierà il brindisino Pino Romano. E poi? La terza casella è una specie di rebus, perché si spazia dal renziano-bis al reintegro in squadra di Giovanni Giannini (Pd, fedelissimo del governatore, dimessosi a luglio perché indagato), fino alle ipotesi per ora residuali dell’avvicendamento nell’Udc o della giunta a nove assessori. Sembrerebbe invece tramontare l’ipotesi di un allargamento “soft” della compagine di maggioranza: non dovrebbe essere cooptato nella squadra di governo, per ora, il tarantino Luigi Morgante, consigliere eletto col centrodestra, da tempo però vicino al movimento di Beatrice Lorenzin e spesso collaborativo in aula con la maggioranza. Rischia così di restare scoperta la casella tarantina: dimessosi Michele Mazzarano, il governatore o punta sul futuro recupero dell’ex assessore allo Sviluppo economico (assegnando la delega ad interim), oppure esplora la strada impervia della nomina esterna. Ma la quota massima consentita di assessori precettati fuori dal Consiglio è già satura (due: Loredana Capone e Salvatore Ruggeri) e così si rischia di dover scucire e ricucire tutto da zero o quasi.

Il rompicapo è indiziario: molte certezze emilianiane si sono incrinate, rispetto al passato. La difficoltà a ricomporre la giunta è il riflesso di una difficoltà più generale. Reclutare potenziali assessori non è più così agevole, anzi. E se il clima in maggioranza è rovente e da assedio, fuori dalla Regione il centrosinistra è costretto a barcamenarsi tra scenari nazionali quantomeno nebulosi e scadenze elettorali che cominciano a spaventare non poco. È in questa cornice che vanno collocate le parole di Emiliano sul dialogo tra il Pd e «tutte le altre forze politiche»: il governatore vorrebbe ancora una volta includere sotto la sua egida, ma tra i democratici e nel centrosinistra si oscilla tra la rivolta e il gelo alle sue esternazioni. Anche di questo, se ne parlerà oggi al vertice di maggioranza.
Tornando al mosaico del rimpasto, sono al momento tre le postazioni contendibili: Sviluppo economico, Ambiente e Lavori pubblici-Trasporti. Non c’è certezza nemmeno di potenziali accoppiamenti delega-nome, circola soltanto l’ipotesi di Romano al Welfare. Assessorato però ora appannaggio di Ruggeri, che a quel punto o verrebbe dirottato su altro ramo d’amministrazione, o si farebbe da parte per lasciare campo libero al consigliere centrista Peppino Longo: anche questa scelta, spiegherà oggi Emiliano, è nelle mani esclusivamente dell’Udc. Nemmeno l’innesto di Romano è però una linea retta: il gruppo Mdp non esiste più per insufficienza di numeri, il consigliere brindisino accetta sì il progetto Mdp, ma non la fusione con Sinistra italiana in Leu. Tradotto: non è ben chiaro in quota a chi sarebbe la sua nomina. E il Pd? I renziani potrebbero anche prendere silenziosamente le distanze dal governo Emiliano, rinunciando all’assessorato. Le quotazioni di Giannini sono invece in ribasso.
Sullo sfondo, il valzer dei numeri: un consigliere (Cosimo Borraccino, Sinistra italiana) ha già scelto l’opposizione, in due (Gianni Liviano e Mario Pendinelli, eletti con le civiche) sono nel gruppo Misto, nei gruppi serpeggia il malumore.

Il rimpasto non basterà, oggi Emiliano dovrà dare risposte pragmatiche sui dossier che i consiglieri squaderneranno: sanità, agricoltura, imprese, trasporti, rifiuti, nomine, e poi metodo di governo troppo all’insegna dell’accentramento. Con i territori che premono e chiedono conto.

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