Ricerca, il rettore del Politecnico rilancia: «Al fianco delle imprese per la ripresa. Così abbiamo creato 80 posti di lavoro»

Ricerca, il rettore del Politecnico rilancia: «Al fianco delle imprese per la ripresa. Così abbiamo creato 80 posti di lavoro»
di Paola ANCORA
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Mercoledì 20 Aprile 2022, 05:00

Fiore all’occhiello della ricerca made in Puglia, il Politecnico di Bari scommette sul futuro e rilancia. «La grande ricerca scientifica - dice il rettore Francesco Cupertino - si può fare anche al Sud se ci sono le competenze, le risorse e le strategie per valorizzarla».


Rettore, il Mezzogiorno è sempre stato la Cenerentola della ricerca rispetto agli Atenei del Nord Italia. Ora qualcosa sta cambiando e in meglio, ma esiste ancora un divario da colmare. Perché?
«Dal nostro punto di vista, si consolida un trend che è molto chiaro da alcuni anni. Come Politecnico di Bari, siamo al decimo posto su 94 università italiane per la qualità della ricerca dei giovani ricercatori. Siamo primi tra i politecnici e il voto medio dei nostri articoli scientifici è “eccellente” in tutti i settori. Questi sono i dati dell’Anvur, l’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e della ricerca riportati nell’ultima Valutazione della qualità della ricerca. Servono risorse e strategia».


La terza missione della ricerca può essere la chiave di volta per lo sviluppo dei territori? Il Politecnico, che ha importanti rapporti di collaborazione con grosse aziende italiane e multinazionali, scommette anche sulle piccole imprese, «l’ossatura della nostra economia» le ha definite lei stesso.
«La terza missione oggi più che mai deve consistere soprattutto in un rapido trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca. Per il Politecnico, la terza missione è un motore fondamentale di sviluppo. Sul piano dei rapporti con le imprese, il nostro modello di punta sono i laboratori pubblico-privati, che gestiamo insieme con le aziende più innovative e nei quali facciamo ricerca applicata e innovazione tecnologica. Nell’arco di dieci anni abbiamo avviato 16 laboratori di questo tipo e riceviamo sempre nuove richieste. Ora vogliamo adattare questo modello alle piccole e medie imprese, che hanno necessità di essere competitive sui mercati, ma non sempre hanno la forza di investire grandi somme in ricerca e sviluppo».


Fare ricerca significa non solo avere grandi competenze e passione, ma anche possedere grande spirito di abnegazione visto le risorse esigue spese dal nostro Paese, rispetto ad altri competitor europei. Cosa ne pensa?
«I laboratori pubblico-privati hanno consentito di acquisire oltre sei milioni di euro di finanziamenti. Sono state istituite più di 80 nuove posizioni a tempo indeterminato presso le aziende e determinato presso il Politecnico, fra le quali una decina di ricercatori a tempo determinato e numerosi assegni e borse di dottorato. Una stretta collaborazione tra pubblico e privato sui comuni obiettivi di sviluppo rappresenta una valida strategia di finanziamento aggiuntivo, rispetto a quello dello Stato e un sistema per valorizzare e inserire i giovani talenti nel mondo del lavoro qualificato».


Esiste un dato - quantificabile - sul ritorno economico che la ricerca produce sui territori?
«Il ritorno lo abbiamo nell’osservazione dei processi, che richiedono ovviamente i loro tempi. Pensate a quanto sta accadendo a Bari, dove una dietro l’altra, grandi realtà industriali dei settori più innovativi, soprattutto in ambito digitale, stanno aprendo o sono prossime ad aprire nuove sedi, perché sono attratte dalla capacità di innovazione, dalle risorse umane e naturali del territorio e, cosa fondamentale, dalle potenzialità del suo sistema universitario. Questo dobbiamo farlo anche a Taranto, che può diventare un grande laboratorio di sviluppo sostenibile per tutta la Puglia. Tra le regioni del Sud, la nostra ha una particolare capacità di attrazione perché sta dimostrando una grande vocazione all’innovazione nei settori di punta, come l’aerospazio, l’energia, la mobilità sostenibile. A noi tocca valorizzare questo potenziale, mettendolo al servizio del Paese, che ha bisogno ora di una vera ripartenza».


L’orizzonte della ricerca al Politecnico da qui a dieci anni: su cosa scommetterete?
«Sul piano didattico, il cambiamento è già in atto in tutti i corsi di laurea, perché passiamo dalla iperspecializzazione dei profili alla trans-disciplinarietà. I nuovi professionisti devono avere ottime basi tecniche, adeguate ai nuovi scenari tecnologici, ma devono anche possedere conoscenze di economia, sociologia, statistica, diritto per governare una triplice transizione, quella ecologica, energetica e digitale, che interesserà tutti gli aspetti della vita sociale ed economica. Sul piano della ricerca e del trasferimento tecnologico, punteremo a una collaborazione sempre più stretta con il mondo delle imprese, ma anche tra università e istituzioni. Dobbiamo costruire un ecosistema dell’innovazione basato su laboratori di eccellenza, centri di competenza, incubatori e acceleratori di impresa, per favorire la nascita di nuove startup Pmi innovative, aiutare quelle esistenti a essere sempre competitive e attrarre nel territorio talenti e investimenti. Il Politecnico ha intenzione di crescere, nei prossimi anni. Se cresce il Politecnico, cresce anche il territorio. La nostra scommessa per il futuro è questa». 

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