Come riabitare il Salento: due giornate di studio in Unisalento. «Non basta puntare solo sul turismo, così i giovani vanno via»

I giovani tornano a emigrare, le riflessioni di Pollice e Viesti nel convegno dell'ateneo leccese

Come riabitare il Salento: due giornate di studio in Unisalento. «Non basta puntare solo sul turismo, così i giovani vanno via»
di Giuseppe ANDRIANI
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Venerdì 3 Febbraio 2023, 06:34

«Riabitare il Salento». Due giorni di studi in un convegno, organizzato dall’Università del Salento, che mette la prima pietra nella costruzione di un progetto editoriale strutturato dall’ateneo leccese e da “Riabitare l’Italia”. Ieri, nella saka della Grottesca del Rettorato, le prime riflessioni, oggi altri interventi e le conclusioni. «Questo studio - ha spiegato Angelo Salento, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro - nasce dall’esigenza di capire quale fase sta attraversando il Salento. Bisogna superare questa immagine scissa: da una parte un grande successo turistico, dall’altra parte un contesto con diversi problemi. Bisogna ricomporre l’immagine di questo territorio e fare in modo che si possa trovare la strada di uno sviluppo economico possibilmente compatibile anche con l’emergenza climatica».
A Francesco Curci, uno dei due (con Salento) curatori del volume che nascerà e docente del Politecnico di Milano, il compito di spiegare il progetto: «Abbiamo individuato - spiega - tre crisi, una agricola, una industriale e una del settore pubblico. E tre grandi questioni: la contrazione demografica e gli squilibri insediativi, i rischi ambientali e il cambiamento climatico e infine la “monocultura turistica”. Il rischio - continua nell’intervento introduttivo con Salento - è che questa che chiamiamo monocultura alla fine produca gli stessi danni di una monocultura di tipo agricolo». 
Il punto di vista delle imprese e dell’economia, con un caso da studiare, è stato curato da Gianfranco Viesti, professore di Uniba. Il docente ha portato il caso della ripresa del tessile e del settore calzaturiero nel basso Salento. «Cosa possiamo imparare - si chiede Viesti -? Intanto dobbiamo valutare quanto le politiche pubbliche hanno influito su questa ripresa. Il moltiplicarsi delle evoluzioni è stato possibile anche grazie all’acquisto di macchinari all’avanguardia, su cui vi è stato il sostegno delle istituzioni. Abbiamo imparato che con buona pace dei tantissimi denigratori delle politiche pubbliche bisogna saper valutare anche queste. La sfida è disegnare politiche pubbliche sempre più importanti. E poi contano i luoghi. Veniamo da trent’anni in cui ci siamo sentiti dire che i luoghi non contano, che tutte le imprese possono chiudere e che l’importante sono le politiche attive. Prendete questo esempio: grazie alla cassa integrazione, una politica tutt’altro che attiva, ha consentito al territorio di mantenere queste persone che poi sono state pronte per far ripartire la filiera. È importante ragionare sui rapporti tra luoghi e produzioni».

L'analisi di Pollice

Fabio Pollice, rettore e geografo dell’Università del Salento, invece ha analizzato le prospettive turistiche del territorio, ribaltando le convinzioni diffuse e portando la discussione su un piano successivo. «Abbiamo bisogno di una visione, di un progetto. Non basta l’identità territoriale che ci portiamo dal passato, senza progetto non c’è investimento. La crisi investe lo stesso turismo. Lo sviluppo turistico non è lineare ed è caratterizzato da due aspetti, un forte investimento sul turismo di qualità ma si parla di gente facoltosa che passa l’intera vacanza nelle masserie e non vive il territorio, non lascia nulla. E un turismo massificato nei comportamenti dall’altra parte. Ma sono convinto di una cosa: è l’offerta che determina la domanda, non il contrario. Ecco perché oggi abbiamo bisogno di un grande progetto». Anche perché il caso - sostiene Pollice - somiglia molto a quanto successo (e studiato dal rettore) in Abruzzo anni fa: aumento dei turisti, calo dei residenti. Per riabitare il Salento, forse, serve anche ribaltare le diffuse convinzioni turistiche e ripensare il concetto di qualità della vita.
 

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