«Basta trucchetti»: l'amarezza dei rettori per il giallo sui fondi destinati agli atenei del Sud

«Basta trucchetti»: l'amarezza dei rettori per il giallo sui fondi destinati agli atenei del Sud
di Paola ANCORA
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:18

La più grande industria del Mezzogiorno, l’Università, è in rivolta: nel confezionare i bandi Prin per il finanziamento di progetti di ricerca di elevato interesse nazionale, il ministero ha infatti cancellato l’obbligo di stanziamento in favore del Sud del 40% delle somme totali sul piatto, cioè 741,8 milioni di euro. Modificati per tre volte in pochi giorni, quei bandi prevedevano inizialmente una linea “Sud”, eliminata perché – come ha spiegato in audizione alla Camera la ministra Maria Cristina Messa – trattandosi di progetti in competizione fra loro, «sarebbe passato un messaggio negativo», magari premiando progetti proposti da atenei meridionali a svantaggio di altri, più meritevoli, ma provenienti da altre aree geografiche. «Compenseremo con i bandi successivi» ha garantito la ministra, ma non è bastata questa rassicurazione a sedare le polemiche nel mondo accademico.

I RETTORI

«Ė assolutamente una beffa che ci rammarica. Questa ripartizione dei fondi prevista con il Pnrr – commenta il rettore dell’Università di Foggia, Pierpaolo Limone - serve a ridurre le diseguaglianze, a intervenire su fattori storici difficili da scardinare. Il ministero, con questi “trucchetti”, sembra ritenere irrilevante il Sud, ignorando il fatto che gli atenei in territori problematici come i nostri sono molto di più che luoghi di conoscenza e formazione». Per Limone, il rettore più giovane d’Italia e in una provincia che si misura quotidianamente con la ferocia di una criminalità radicata e forte, «è questione di concretezza. Vogliamo riportare i giovani al Sud? Vogliamo attrarre talenti – chiede - creare ricerca competitiva? Allora ci servono le risorse, altrimenti ci stiamo solamente prendendo in giro».
Da Lecce, il rettore dell’Università del Salento Fabio Pollice allarga l’orizzonte della discussione. «Già che per legge – riflette – sia stata prevista una quota del 40% per il Sud segnala una difficoltà nel Paese e nel Governo. Se questa quota viene ulteriormente ridotta, allora il quadro diventa preoccupante, ma le regioni del Mezzogiorno non sono state in grado di far valere le loro ragioni nelle sedi opportune». A Napoli, durante la conferenza dei rettori del 23 novembre scorso, «soltanto io – ricorda Pollice - lamentai forti preoccupazioni legate a una impostazione del piano che, oltre che poco coordinata per via dell’assenza di una cabina di regia per il Sud, è nettamente sbilanciata verso il Nord Italia. E questo nonostante la responsabilità stringente cui gli Atenei del Mezzogiorno sono chiamati, ovvero essere motori di sviluppo». Non solo. La competizione fra Università, acuita dalle opportunità finanziarie offerte dal Pnrr, ha eroso ogni spazio di collaborazione inter-ateneo: «Non c’è – dice il rettore di Unisalento – una competizione collaborativa, non creiamo ponti, ma scaviamo fossati. E in questo modo il Pnrr rischia di rafforzare gli squilibri con il resto del Paese, non di risolverli». Fra vecchi nodi e nuove sfide, insomma, il mondo universitario meridionale rivendica chiarezza dal ministero, tanto più in una regione come la Puglia che da Foggia a Lecce accoglie poli di eccellenza tecnologica, provando ad affrancarsi da un passato legato a doppio filo all’industria pesante e a costruire un futuro su fondamenta nuove, quelle dell’innovazione.

Qualche risposta, su quanto sta accadendo con i bandi Prin, potrà venire dalla risposta all’interrogazione depositata giorni fa dal senatore del Pd, Dario Stefàno, mentre si profila all’orizzonte la possibilità di un ricorso al Tar da parte delle Università più critiche sull’operato del ministero.

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