Decaro, Emiliano e il futuro della Regione: un filo difficile da tenere unito

Decaro, Emiliano e il futuro della Regione: un filo difficile da tenere unito
di Francesco G. GIOFFREDI
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Sabato 24 Dicembre 2022, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 19:23

Impacchettato e infiocchettato a più mani, sotto l’albero di Natale dei pugliesi c’è un pacco regalo che ticchetta come una bomba a orologeria. Si chiama “campagna elettorale”, è un grande classico buono per tutte le stagioni, e rischia di esplodere da un momento all’altro nelle mani di leader, partiti e movimenti regionali. Scomponendo e ricomponendo tutto, anche storici e all’apparenza indissolubili rapporti. Per esempio tra Michele Emiliano e Antonio Decaro. E inceppando il governo della Regione e molti dossier chiave.
A poco più di due anni dalle elezioni regionali e meno di tre mesi dopo le Politiche, mercoledì scorso in Consiglio regionale un largo e trasversale fronte “interforze” ha virtualmente aperto la guerra di successione in Regione (e di secessione nel centrosinistra): un emendamento alla legge di bilancio consente, in caso di dimissioni anticipate di Emiliano, di tenere in vita il Consiglio regionale per altri nove mesi o giù di lì, con la reggenza del vicepresidente della giunta. Una freccia acuminata, con mittenti ufficialmente ignoti – il voto in aula è stato segreto – e un destinatario sottinteso, ma chiaro a tutti: Antonio Decaro.

Gli equilibri ancora più precari


La “leggina” polverizza infatti il patto implicito su cui poggia(va) il sempre turbolento centrosinistra pugliese, una sorta di road map per garantire pace ed equilibri interni: nel 2024 Decaro non sarà più sindaco, e allora Emiliano potrebbe dimettersi con un anno d’anticipo per correre alle Europee e passare subito il testimone della coalizione pugliese proprio al presidente Anci. Tutto questo sulla carta e nei piani di ambasciatori e pontieri. Perché i fattori laterali e collaterali sono tanti, le ambizioni non sempre collimano, il doppio gioco è regola e l’emendamento ne è la più lampante manifestazione: Decaro, ora, sarebbe “costretto” a rimanere un anno intero – fino al 2025, scadenza naturale del Consiglio regionale – sospeso a mezz’aria, politicamente disoccupato e più vulnerabile, esposto a ricatti, trappole, congiure e azioni di logoramento.

Magari proprio del suo primo padre politico.

Chi ha interesse a "frenare" Decaro


Come in “Assassinio sull’Orient Express”, i colpi di pugnale vibrati alle spalle del sindaco barese con l’emendamento hanno più mani e più paternità: c’è il centrodestra che, anziché agganciare la locomotiva del voto anticipato, preferisce la scorciatoia tattica e indebolire Decaro, il competitor più accreditato e temibile; ci sono i cinque stelle che, tra mille fumisterie e non detti, sperano (segnatevi questa parola, presto tornerà di moda: “discontinuità”) di poter indicare il candidato della coalizione giallorossa alle Regionali; e poi, ispirato dal governatore, c’è il corpaccione emilianiano del centrosinistra, che vuol mettere le cose in chiaro e far capire a tutti chi comanda davvero, chi dà le carte al tavolo della politica pugliese e chi gode di taumaturgici poteri di nomina, veto, vita e morte. Cioè Emiliano.

Insomma: un effetto domino di prove muscolari, grandi manovre, posizionamenti strategici. Con immancabili paradossi a fare da cornice: chi sicuramente non ha votato l’emendamento anti-Decaro è non solo una “ridotta” di fedelissimi pd del sindaco, ma anche i consiglieri di Azione. Questi ultimi estromessi dalla maggioranza per editto regio del governatore pochi istanti dopo la costituzione del gruppo regionale, due settimane fa. Qualche giorno dopo, invece, Emiliano ha accolto in Regione - tra grandi sorrisi, affettuose pacche e flash - Giuseppe Conte, e l’ex premier ci ha tenuto a far sapere che non è scontato che debba essere Decaro il candidato di tutto il centrosinistra largo. La contraddizione non sfugge, sicuramente nemmeno al sindaco barese. Che tace, osserva, resiste, cuce la rete e per ora non strappa e non sbotta, lì sull’Orient Express che prima o poi lo porterà in Regione.

Le mosse di Emiliano


Negli altri convogli del treno però si trama, o perlomeno si lavora in altre direzioni. Emiliano, innanzitutto, ha l’urgenza di tenere unita e saldata attorno a sé tutta la variopinta arca di civismo, Pd di rito emilianiano e cinque stelle: non può mostrarsi allora in libera uscita, periferico e defilato rispetto a Decaro, e ha viceversa la necessità di essere e apparire centrale, king maker, padrone del destino di tutti, per non perdere pezzi di gruppo dirigente e incasellare tutti al loro posto prima del lungo addio alla Regione. Anche per questo aveva, a un certo punto, alimentato la voce del terzo mandato. Non solo: la maggioranza, troppo poco omogenea e in perenne fibrillazione, va continuamente puntellata e accontentata, con nomine, riconoscimenti e strapuntini. Senza perderne il timone.
E poi c’è la proiezione extra-pugliese di Emiliano: l’elezione a Bruxelles è su scala meridionale, circostanza che richiede alleanze a largo raggio, ricucendo - e sta accadendo - i rapporti col collega campano Vincenzo De Luca, rafforzando le relazioni con Conte e sposando una sorta di ecumenismo meridionalista, nel quale la Puglia potrebbe essere pure merce di scambio. E facendo l’equilibrista al congresso Pd: con Stefano Bonaccini, ma non troppo; marcando stretto Decaro (che col candidato segretario ha un ticket e sembra preferire “l’emiliano” a Emiliano), ma ponendo paletti; riformista, ma con un occhio a Elly Schlein (per il tramite di Francesco Boccia).

Cosa farà Decaro


E Decaro? Il filo con Emiliano viene sempre più faticosamente tenuto in vita. L’ostentata amicizia tra i due cela in realtà molto altro: tensioni, convivenze forzate, visioni divergenti, strategie talvolta in antitesi, caratteri e antropologie agli antipodi, un esondante fantasista l’uno e un pacato uomo di fatica (ma non meno social) l’altro. Tutto tenuto sottocoperta, per evitare dannosi incidenti. Il sindaco di Bari però prima o poi sarà costretto, giocoforza, a “uccidere il padre” (politicamente) e a uscire dalla condizione di arrocco. Il gioco di sponda con Bonaccini ha anche questa funzione, e i primi tour per la Puglia da candidato governatore virtuale sono un messaggio indirizzato a Emiliano, del tipo: sono in campo, ormai è un dato di fatto e non posso più fermarmi. Mani avanti.


Nel mezzo di questo valzer restano il Pd, il M5s e la Regione. I dem, anche grazie alla fase congressuale, dovranno scegliere se sostenere convintamente Decaro o accodarsi ai giochi di prestigio a più tavoli di Emiliano. I cinque stelle vogliono massimizzare l’alleanza col governatore, in qualsiasi modo, e magari pretendendo pure la scelta del prossimo candidato. E la Regione, appena due anni dopo il voto, passeggia già sul sottile, precario filo della campagna elettorale, che obbliga spesso a mettere da parte il “governo delle cose”. Con buona pace dei pugliesi. L’Orient Express che conduce al 2024 o 2025 è partito, e in tanti a bordo già affilano i pugnali.

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