Quanto peserà il Reddito di cittadinanza sull'esito del voto? A domandarselo sono i partiti e le coalizioni in campo per le prossime Politiche. Perché se i sondaggi consegnano il Nord al centrodestra con qualche lunghezza di vantaggio rispetto alle altre forze politiche, è al Sud che la partita non è ancora considerata chiusa ed è sempre nel Mezzogiorno che è concentrato il 70% della platea di percettori della misura voluta dal Movimento Cinque Stelle. In gioco ci sono i risultati delle liste nei collegi plurinominali e quello nei collegi uninominali, ovvero le sfide uno a uno, dove vince chi prende un voto in più dello sfidante. Nove, gli uninominali ritenuti contendibili, tutti al Sud: cinque in Campania, due in Puglia e due in Sardegna. E con il complicato meccanismo di assegnazione dei seggi previsto dal Rosatellum, l'attuale legge elettorale, in combinato disposto con gli effetti della riforma costituzionale che ha tagliato il numero dei parlamentari, qualche punto percentuale in più o in meno fra coalizioni e partiti può fare la differenza. Non a caso il rush finale della campagna elettorale dei leader, da Giorgia Meloni a Enrico Letta, è concentrato proprio nelle città del Sud, da Napoli a Bari, da Palermo a Potenza. Tra Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Basilicata in ballo ci sono 180 seggi alla Camera (113 proporzionali e 67 uninominali) e 91 al Senato (58 proporzionali e 33 uninominali).
I dati sul Reddito
Tornando all'effetto Reddito (Rdc), nei primi sette mesi di quest'anno, secondo Inps, lo hanno percepito 1,6 milioni di cittadini maggiorenni, il 3,1% del totale dell'elettorato attivo.
Il rush finale della campagna
La Puglia, dunque, è fra le regioni dove ogni voto vale doppio perché elevato è il numero di percettori di Rdc e dove più di un collegio uninominale è ritenuto contendibile dai sondaggisti. Per la nostra regione, la partita è tutta da giocare a Bari, a Molfetta per la Camera. E non a caso i leader dei partiti - Meloni e Letta, ma anche Matteo Renzi e Giuseppe Conte - hanno fatto sentire la loro presenza, percorrendo le province pugliesi in lungo e in largo e lanciando un messaggio che, pur con sfumature diverse, resta lo stesso: rimodulare il Reddito di cittadinanza sì, cancellarlo no. La difesa della misura così com'è porta la firma del Movimento Cinque Stelle, che ne rivendica l'efficacia nella lotta alla povertà in un momento di profonda crisi economica e diseguaglianza sociale, ma le modifiche suggerite dagli altri partiti e coalizioni toccano sempre e soltanto i meccanismi di accompagnamento al mondo del lavoro di chi un impiego ancora non ce l'ha, non il core del provvedimento.
Come andrà a finire? Difficile prevederlo, anche alla luce dell'ampiezza di quel partito dell'astensione che, secondo gli istituti di ricerca, potrebbe valere il 43%, la percentuale più alta mai registrata dalla nascita della Repubblica. Mobilitarlo e, contestualmente, incanalare il volatile voto dei più giovani, disamorati della politica e dei partiti, significherebbe poter ribaltare il banco il 25 settembre, trovandosi però il giorno successivo con un grande problema da risolvere: garantire una vita dignitosa a chi vive in povertà e un lavoro a chi può lavorare, nell'interesse suo e del Paese, impegnato a consolidare una fragilissima ripresa economica e a ripulire l'orizzonte dal fantasma della recessione.