Recessione e povertà, Sos in Puglia: «C’è il rischio di implosione»

Recessione e povertà, Sos in Puglia: «C’è il rischio di implosione»
di Alessio PIGNATELLI
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Mercoledì 30 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:31

L’allarme della Svimez lanciato durante la presentazione del quarantanovesimo report è stato chiaro e va oltre i numeri, seppure decisamente preoccupanti. Il Mezzogiorno è a rischio recessione con un ingrossamento della quota di nuovi poveri e ci si deve aggrappare al Pnrr per un cambio di rotta. Ma, attenzione, la stessa associazione chiede di mettere a terra il piano in maniera efficiente per evitare il paradosso di allargare, anziché ridurre, i divari col Nord. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: +2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro. Disuguaglianze assimilabili in un contesto molto pericoloso che tocca direttamente lo sviluppo grazie alle risorse europee.

Le fragilità del Mezzogiorno nel recepire le potenzialità del Pnrr emergono infatti dall’analisi dei tempi di realizzazione effettivamente osservati per oltre 87 mila opere pubbliche in infrastrutture sociali tra il 2011 e il 2022, monitorate dalla Bdap (Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche) della Ragioneria Generale dello Stato. A partire dai tempi di esecuzione e distinguendo le tre fasi realizzative di progettazione, esecuzione e conclusione dei lavori, risultano disparità evidenti: al Sud sono necessari ben 1.368 giorni, al Centro 960 giorni, al Nord Ovest 849 giorni e al Nord Est 778 giorni. L’interrogativo naturale successivo è di facile lettura: quanto impiegheranno le regioni meridionali per realizzare le infrastrutture finanziate dal Pnrr

Le reazioni dalla Puglia

«Siamo fortemente preoccupati per gli scenari futuri, addirittura recessivi - spiega Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil regionale - L’Istat assegna alla Puglia il record di persone che vivono in condizione di povertà relativa, l’erosione dei redditi determinata dall’inflazione, trainata dall’aumento dei beni di prima necessità come le utenze domestiche, rischia di allargare quella fascia anche a ceti prima al riparo».

L’appello della Cgil è a un protagonismo delle classi dirigenti del Sud e della Puglia: «Serve buona occupazione, servono salari più alti, serve investire bene e presto le risorse del Pnrr così come la dote del Por 2021-2027 e migliorare le condizioni di contesto in tutta la regione per colmare anche divari interni».

C’è poi un altro aspetto rilevato dal rapporto che riguarda principalmente il tessuto industriale meridionale. Le peculiarità della struttura produttiva del Sud contribuiscono a spiegare la maggiore esposizione delle imprese meridionali allo shock energetico in corso: maggiore presenza di Pmi, caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati; costi di trasporto comparativamente maggiori rispetto al resto del Paese. Secondo le stime di Svimez, l’industria del Mezzogiorno consuma circa il triplo di energia dell’industria del Centro, più del doppio del Nord-Ovest e quasi il doppio del Nord-Est.

«I dati che emergono dall’analisi Svimez evidenziano una condizione complessiva che, se non adeguatamente gestita, rischia di implodere creando un’emergenza nell’emergenza - osserva Salvatore Toma, presidente della Confindustria di Taranto, area dove insistono complessi industriali imponenti a partire dall’ex Ilva - È evidente che in questa difficile congiuntura l’intervento dello Stato diventa urgente e improcrastinabile. Allo stesso tempo, però, come Confindustria siamo chiamati a sollecitare le nostre aziende, in particolare quelle energivore, rispetto all’adozione di strumenti che le portino sempre più verso un modello di autonomia energetica». Insomma, il rischio è quello che è stato efficacemente sintetizzato come la tempesta perfetta. Sempre che questo vortice, in realtà, non sia già in corso. Per la presidente del Consiglio regionale pugliese Loredana Capone «il Paese appare sempre più spaccato tra nord e sud: negli ultimi vent’anni il Mezzogiorno ha perso 1.200.000 giovani. Il divario non fa sconti neppure sul fronte del sistema educativo, quindi continua con il tasso di occupazione femminile che nel Mezzogiorno è molto lontano dalla media europea. Il report ci allarma molto perché contiene situazioni che ovviamente conosciamo, ma con dati che incidono gravemente sulle nuove povertà e sui divari educativi, fino al tasso di occupazione femminile». 

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