Non è la prima volta, ma un po’ è come se lo fosse. I nuovi inizi, soprattutto dopo discese a picco e faticose risalite, sono sempre una tela bianca e un salto nel vuoto. E non importa se sul curriculum pluridecennale c’è già tutto, governatore e ministro, eurodeputato e parlamentare: l’emozione divora e toglie il fiato comunque. Anche se è un lampo, perché da domani bisognerà rimboccarsi le maniche e i primi dossier sono già sulla scrivania. Raffaele Fitto stempera il tutto sorridendo, come poche volte gli è capitato in pubblico, impettito e ingessato com’è di solito: sorride ai fotografi mentre varca la soglia del Quirinale con la moglie Adriana, sorride a colloquio con gli altri ministri, e s’apre in un sorriso d’intesa ormai solida, radicata, sincera incrociando lo sguardo di Giorgia Meloni, al momento del giuramento. La premier lo abbranca con entrambi le mani, quasi spezzando il protocollo, e i gesti minimi raccontano spesso più di qualsiasi altra cosa. L’uomo della cassaforte Ue (tra Pnrr e Coesione) e delle relazioni strategiche con Bruxelles sarà una delle motrici del nuovo governo, soprattutto sul delicato terreno europeo. Meloni ha affidato al deputato FdI, e già co-presidente in Europarlamento dei Conservatori e Riformisti, deleghe di spessore e soprattutto un patrimonio di fiducia non direttamente misurabile e tangibile, ma di peso.
In prima fila
«Ormai - dicono i fedelissimi - Raffaele è nel giro più stretto di Giorgia, ascoltato e rispettato». Fitto s’accomoda in prima fila, e nella foto di rito è alle destra di Meloni e del vicepremier Matteo Salvini: prossimità emblematica, a una passo dalla premier e a marcare stretto l’alleato.
Per le dichiarazioni ci sarà tempo, la consegna del rigore, della sobrietà e della parsimonia di parole è rispettata da tutti o quasi.
I rapporti con l'Europa
Da domani bisognerà trottare, studiare e lavorare. Le deleghe di Fitto seguono un doppio binario: l’uno politico, l’altro tecnico-amministrativo. “Affari europei” richiederà il presidio costante di Bruxelles, per rafforzare o imbastire relazioni trasversali, trattare e accreditare un governo sotto esame, negoziando nelle partite del Pnrr e della Coesione territoriale. Di fatto, continuando così a seguire lo stesso filo di questi anni, quando dall’Europarlamento è stato l’architetto dell’ingresso di FdI nei Conservatori e Riformisti e per Meloni il fattore di bilanciamento, garanzia e trattativa in Ue. E poi c’è il lato strettamente amministrativo: il primo passo al ministero sarà una due diligence, una ricognizione delle risorse a disposizione del Pnrr, del Fondo sviluppo e coesione, dei programmi “ordinari” europei e dei Cis (come quello Brindisi-Lecce), tra spesa in corso, progetti incagliati o a ritmo lento. Il Pnrr potrebbe essere parzialmente ritoccato e rinegoziato, a Fitto lo spinoso compito di dosare le modifiche. A breve il ministro salentino avvierà il confronto anche con Regioni ed enti locali, terminali di spesa dei fondi: nessun approccio muscolare, ma dialogo e cooperazione. Michele Emiliano ha già scritto in privato a Fitto, lo smartphone è rovente di messaggi, Antonio Decaro ha scelto il tocco morbido assicurando «collaborazione» da parte di tutti i sindaci. Il mare è in tempesta e beccarsi per guerriglie di retroguardia non conviene a nessuno. E Fitto, uomo di mediazioni, non è stato scelto per caso.