Puglia, un diplomato su due preferisce non andare all'università

Puglia, un diplomato su due preferisce non andare all'università
di Giuseppe ANDRIANI
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Mercoledì 2 Novembre 2022, 05:00

Una volta finita la scuola superiore un ragazzo su due in Puglia decide di non continuare a studiare e di non iscriversi all’università. Il dato emerge dallo studio di “Openpolis - Con i Bambini” e racconta come la scelta di immatricolarsi in un ateneo sia meno frequente tra i ragazzi del Sud piuttosto che tra i coetanei del Nord. E si inserisce, ancora una volta, nel macro ragionamento su aree periferiche e qualità dello studio. In alcuni comuni in aree lontane da grandi città e capoluoghi di provincia, spesso l’85% dei residenti non ha un titolo terziario (la laurea o un equivalente). Non fa eccezione, quindi, il numero dei ragazzi che decidono di proseguire gli studi dopo il diploma. Un dato che, per altro, si incrocia con l’abbandono scolastico da record nel Mezzogiorno e in particolare in Puglia e Campania. Vale a dire che tra coloro che riescono ad arrivare alla fine del percorso del quinto superiore, e già questo sembra essere un traguardo, uno su due preferisce dedicarsi direttamente al lavoro e non studiare. 
Segnali da cogliere: l’economia pugliese è troppo poco basata su professionalità qualificate oppure le opportunità sono di meno? Inevitabilmente sulla scelta di un 18enne incide, e non in maniera marginale, il contesto sociale nel quale vive. Inteso non solo come condizione culturale della famiglia, ma anche come situazione economico-sociale. 

Incremento lento e numeri

C’è da registrare un incremento, secondo i dati Istat, dei ragazzi che scelgono di iscriversi all’università. Ma è un miglioramento troppo lento per quanto costante dal 2014 al 2020. E soprattutto c’è un gap con le regioni del Nord che non tende a diminuire. 
I numeri delle province pugliesi, poi, tendono a descrivere un quadro all’interno del contesto ancor più chiaro, se possibile: a Taranto, Brindisi e Bari la maggiorparte dei neo diplomati decide di non iscriversi ad alcun corso di laurea. Coloro che optano per l’università sono, rispettivamente, il 47,4% a Taranto, il 48,3% a Brindisi e il 49,3% a Bari. 
E la situazione per quanto leggermente migliore, non si discosta poi troppo a Foggia (50,7%) e nella Bat (52,1%). Resiste, in un certo senso, il Salento: il 53,1% dei diplomati continua a studiare. Lecce, per altro, è la città pugliese con più laureati tra i residenti. 
Le grandi città del Nord sono distanti, per quanto sembrano fiorire, in graduatoria, alcune realtà meridionali, come Isernia (61% e primato italiano) e Teramo (60,9%, secondo posto in assoluto). Nelle ultime posizione per diciottenni universitari Salerno, Napoli e Siracusa. La Sicilia e la Campania sono infatti le uniche regioni con numeri più bassi rispetto alla Puglia. Un discorso a parte meriterebbe la Valle d’Aosta, che vede soltanto il 13% dei propri residenti iscriversi all’università dopo il diploma, ma lo studio dell’Istat non tiene conto della forte trasmigrazione verso la vicina Austria, e quindi il dato è palesemente falsato. 
È chiaro che non basta analizzare il numero di residenti laureati o di quelli che decidono di frequentare l’università per misurare il livello culturale di un territorio, ma è altrettanto chiaro che alcuni numeri contribuiscono a creare l’immagine di una regione che da un lato cerca la propria vocazione universitaria (e la crescita di UniSalento e UniFoggia, al pari del rafforzamento di Uniba e Poliba, è indicativa in questo senso) e dall’altra risente di alcune zone “periferiche” e di alcuni contesti che non aiutano.

L’immagine per cui uno su due tra i diplomati decide di non continuare a studiare è eloquente. E per quanto ci sia una crescita, è troppo lenta. Non è solo la sfida degli atenei in questi anni post pandemia - per altro appesantiti da crisi economica, inflazione e guerra -, è la sfida dell’intera società. Di tutti.

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