Partono i test sierologici: «Capiremo la storia del virus»

Partono i test sierologici: «Capiremo la storia del virus»
di Maddalena MONGIò
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Martedì 19 Maggio 2020, 08:47
Test sierologici al via. Da ieri anche nel Salento, come in tutta la Puglia, si stanno effettuando i test sierologici relativi all'indagine nazionale su un campione di 150.000 persone. Nella nostra regione saranno 10mila. Ma in settimana partiranno anche le indagini sulla siero-prevalenza dell'infezione da virus Sars-CoV-2 volute dalla Regione. Dopo le tante polemiche, i distinguo, i dubbi, sulla effettiva attendibilità dei test sierologici, l'indagine di Istat e Ministero della Salute è partita. Il campione è stato definito dall'Istat e per la parte esecutiva sarà in campo la Croce Rossa Italiana, ma le Regioni e i medici di base sono mobilitati per assicurare la corretta procedura di gestione dei prelievi e il contatto dei cittadini chiamati a partecipare all'indagine, su base volontaria. E proprio l'avvio delle indagini nel sistema sanitario pubblico fanno dire ad Alberto Fedele, direttore del Servizio di Igiene pubblica e coordinatore della task force per il Sars-CoV-2 della Asl di Lecce, che «non servono iniziative improvvisate. Lo studio deve avere basi scientifiche per dirci come è andata l'epidemia e come dobbiamo prepararci per una seconda ondata. Per conoscere questi dati non dobbiamo procedere in maniera casuale, ma con un campione della popolazione ragionato».

Che tipo di risposta dà il test sierologico? Lo spiega: «Ci dice se il soggetto è venuto a contatto con il virus e se ha maturato una risposta immunitaria. Diciamo che quando una persona entra in contatto con qualunque microrganismo, che sia un batterio o un virus, matura una risposta anticorpale: produce degli anticorpi contro quell'organismo. In un primo momento produce gli anticorpi IgM, in un secondo momento IgG. A seconda della presenza dell'una o dell'altra classe di anticorpi o di entrambi riusciamo, con metodo spannometrico, a capire quanto tempo è passato dall'infezione, ma non ci dice assolutamente se il soggetto in quel momento abbia il virus addosso, per avere questo dato occorre effettuare il tampone». In pratica la concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG e per questo che la loro presenza dà indicazioni sulla storia del contagio.

Ma qui si apre il partito pro o contro test sierologici o tamponi. «Se voglio sapere, se oggi sono infettante, bisogna fare un tampone puntualizza Fedele perché è l'esame che mi dice se in bocca ho il virus. Non ci sono altri modi. Il test sierologico ci dice se abbiamo avuto un incontro con il virus e se ho sviluppato una risposta anticorpale nei confronti di quel virus. Se ho solo IgM vuol dire che l'infezione è recente, se IgM e IgG vuol dire che è passato un po' più di tempo, se ho solo IgG vuol dire, verosimilmente, che sono passate alcune settimane. Dopo di ciò, siccome con questo virus abbiamo e stiamo vedendo di tutto, tipo l'eliminazione del virus dopo un mese, un mese e mezzo, con il test sierologico: al di là di dirci se c'è stata una risposta immunitaria, di più non può dirci. Ne deriva che fatto il test, solo il tampone può dirci se il soggetto sta ancora eliminando il virus». Il punto dirimente, quindi, sta nelle finalità dell'indagine.

«Dipende dal tipo di informazioni che cerco - argomenta Fedele - dopo di ciò entriamo nel tipo di metodica da applicare. Se è una metodica rapida è un test di tipo banale che mi dice se ci sono IgM o IgG, ma non mi dice quanti ne ho. Per questo dato serve un test qualitativo, più laborioso perché fatto su sangue venoso, richiede conoscenze approfondite e metodiche raffinate. Per fare un esempio, sono i laboratori di riferimento a valutare se i guariti dal Covid hanno una presenza di anticorpi adeguata per la sieroterapia e quindi possono donare il plasma. Al momento il test sierologico dà un'indicazione grossolana, qualche volta anche errata perché può esserci il falso positivo in quanto rileva il coronavirus che procura il raffreddore. È un test che non ha valore per la singola persona, ma ha valore nello studio del contagio. È un test che può dirci qualcosa, come sicuramente ce lo dirà, su una campionatura significativa che deve essere fatta con criterio scientifico».
Anche in Puglia e nel Salento sull'argomento si sono sviluppate polemiche del tipo tutti contro tutti: dagli esperti ai politici e non è mancato il fai da te, ma la verità in tasca sul Covid-19 non ce l'ha nessuno e questa è una certezza.
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