L'intervento/Fitto: «L'agricoltura pugliese settore da ricostruire»

L'intervento/Fitto: «L'agricoltura pugliese settore da ricostruire»
di Raffaele FITTO
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Lunedì 22 Febbraio 2021, 16:13 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 00:23

Da tempo il primato mondiale per la produzione dell'olio d'oliva era stato strappato all'Italia dalla Spagna. La seconda posizione è stata a lungo insediata dalla Grecia che nella scorsa campagna olivicola è riuscita a raggiungere l'obiettivo. L'Italia è così scivolata al terzo posto nel mondo per la produzione di olio di oliva. L'Italia non produce più e non ci vorrà molto tempo per essere anche superati dalla Tunisia.
In questo caso è chiaro che invocare la pandemia è fuori luogo: la Spagna e la Grecia sono Paesi che hanno avuto problemi Covid quanto e forse anche più di noi.
La riduzione della produzione fa sapere Italia Olivicola su dati forniti dalla Commissione Europea è dovuta al calo produttivo registrato in regioni importanti per la produzione di olio di oliva: Puglia, Calabria e Sicilia. Regioni che insieme producono circa l'80% del prodotto. Ma per comprendere meglio cosa è l'olivicoltura pugliese c'è un dato: di questo 80% qualche anno fa il 60% era pugliese, oggi è del 37%. Una produzione praticamente dimezzata: nell'ultima campagna olivicola la Puglia ha prodotto il 48% in meno dell'anno precedente. Un dato che deve non solo farci riflettere, ma dovrebbe sollecitare nuove Politiche agricole regionali a 360 gradi.
Non sfugge, certo, che il calo della produzione pugliese, negli ultimi anni, coincide con la tragedia che si è abbattuta sui nostri ulivi: la xylella. Dal 2013 ad oggi a causa della xylella fastidiosa sono andate perse 3 olive su 4 nel Salento, con il crollo del 75% della produzione di olio di oliva. E di questo passo la situazione potrà solo peggiorare, visto che il batterio è ormai nelle campagne del Sud-Barese, a Monopoli. Anche per colpa di politiche regionali pugliesi che nei primi anni hanno strizzato l'occhio più alle teorie negazioniste e complottiste che alla Scienza. Il rischio ora da scongiurare è che la xylella avanzi verso il Nord-Barese dove la coltivazione degli olivi e la produzione di olio extravergine d'oliva sono un'eccellenza mondiale e non solo in termini di quantità, ma soprattutto qualità.
La xylella è stata il colpo di grazia su una regione, la Puglia, che è fra i maggiori produttori di olio di oliva d'Italia, ma vi sono altre cause che hanno decretato la morte dell'olivicoltura: prime fra tutte proprio le Politiche agricole comunitarie (PAC) che certamente non incentivano più a produrre per aumentare la redditività, tanto l'importo degli aiuti erogato è sempre lo stesso. Così come sul calo della produzione hanno contribuito e non poco anche le errate e spesso assenti - Politiche agricole regionali. La Puglia per il secondo anno consecutivo è maglia nera in Europa per l'utilizzo dei fondi europei in Agricoltura. Così come ha sottolineato di recente il commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, parlando di problemi strutturali a livello regionale.
Quindi vi è un settore tutto da ricostruire ma prima ancora da reinventare. Come scrisse il professor Frascarelli nel 2015, La xylella è una sventura che, però, è l'occasione per riconoscere gli errori ed iniziare un percorso di resurrezione e continuava sottolineando che l'olivicoltura necessita di innovazione, che in primo luogo significa la ristrutturazione degli oliveti. Gli oliveti distrutti dalla xylella vanno sostituiti con un'olivicoltura più moderna, meccanizzata, competitiva, di qualità, che contribuisca al paesaggio.
È, quindi, necessario sensibilizzare i produttori agricoli e le loro organizzazioni di categoria a definire scelte strategiche comuni che abbiano come obiettivo, da un lato la razionalizzazione della fase produttiva con la diminuzione dei costi di produzione e l'aumento della qualità del prodotto, dall'altro la concentrazione dello stesso in strutture commerciali al fine di migliorare la valorizzazione, la promozione e quindi la commercializzazione. In tale ottica occorre definire un unico marchio commerciale per l'intera filiera produttiva sulla falsariga della mela Melinda, in quanto i numerosi marchi che certificano l'origine e la qualità (Dop, Igp, Prodotti di Qualità Puglia, ecc.) si sono rivelati onerosi per i produttori ed hanno contribuito all'ulteriore divisione fra gli stessi, proprio nella fase più importante della definizione del valore aggiunto che si ricava al momento della commercializzazione del prodotto. Per la filiera olivicola-olearia occorre definire un percorso condiviso anche a seguito del riconoscimento della Igp Puglia per l'olio extra vergine di oliva pugliese, considerato che, ad eccezione della Dop Terra di Bari, tutte le altre Dop non hanno raggiunto dal punto di vista commerciale i risultati auspicati.
L'Agricoltura è sicuramente una delle più grandi scommesse che la Puglia è chiamata ad affrontare nei prossimi anni.

Se la vincerà ritorneremo competitivi e ritorneremo a essere sul podio dell'oro giallo, oro rosso, oro verde. Così come lo eravamo un tempo.

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