Emiliano e Fitto, perfetti duellanti tra battaglie e dossier chiave: la Puglia al centro

Emiliano e Fitto, perfetti duellanti tra battaglie e dossier chiave: la Puglia al centro
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 13 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 02:47

Domani nella battaglia pensa a me. E l’uno e l’altro, come fantasmi di un passato recente che irrompono nel futuro prossimo, non potranno sottrarsi alla fatale e reciproca promessa, che è un po’ monito, minaccia e manifesto politico. Michele Emiliano e Raffaele Fitto, physique du rôle dei perfetti duellanti, quasi romanzeschi per antropologie e caratteri talmente distanti da apparire inconciliabili e conflittuali, ora torneranno a incrociarsi, confrontarsi, probabilmente scontrarsi. Una danza perenne e inesausta, l’ennesimo giro di pista per due attori protagonisti della scena pugliese e nazionale, ondeggiando tra le stagioni politiche, come se fossero verbi all’infinito buoni allora e ora, ieri e domani, trasversali mentre il resto passa, scorre e loro sono sempre lì, gli alti dopo i bassi, le rivincite dopo le apnee, senza mai scomparire, evaporare del tutto, cedere il passo.

Le strategie


Emiliano e Fitto, governatore e ministro, e basterebbero la parola, le etichette. Che però non spiegano tutto: l’uno è il governatore che fa già rumore mentre attrezza la resistenza al governo di destra-centro e al Nord “rapace”, rispolverando i panni del capopopolo meridionalista e civista; l’altro è il ministro plenipotenziario che ha fatto il pieno di deleghe (Affari europei, Pnrr, Coesione e Sud), il fiduciario di Giorgia Meloni in Ue e al Mezzogiorno, l’ambasciatore moderato nei toni e nel dna, il titolare della cassaforte dei fondi da 500 miliardi o giù di lì. Entrambi, ora, tirano a lucido l’artiglieria per le battaglie alle porte, ognuno a modo proprio, tra fiumi di parole e silenzi eloquenti. E allora Emiliano sferra le prime cannonate su autonomia differenziata, ricerche di gas nell’Adriatico, questione meridionale, «i due veri partiti in Italia sono Nord e Sud», mentre Fitto va sott’acqua, si trincera in poche, dosate dichiarazioni, e sfoglia i tanti dossier strategici prima di potersi sbilanciare e passare al contrattacco, «ho deciso di non iniziare con programmi, dichiarazioni, slogan per evitare di smentirmi tra qualche mese».

I duelli e le spallate

L’antologia di bordate, colpi di fioretto e battute a denti più o meno stretti tra i due è lunga, e prima o poi sarà ancora duello, spallate, accuse, nonostante il dialogo sarà pratica necessaria e auspicabile, e nonostante per ora i due tendano di fatto a fingere di ignorarsi. Forse perché l’ultimo incrocio al fulmicotone è fresco, recente: elezioni regionali del 2020, Emiliano all’elezione bis senza problemi e sembrava aver definitivamente appannato la stella e i destini di Raffaele da Maglie. Di quella campagna elettorale - avara, avarissima di pubblici confronti tra contendenti - rimane una sola foto, ormai quasi sbiadita: una stretta di mano e qualche fugace battuta per stemperare, entrambi a Barletta alla commemorazione dell’ex sindaco Francesco Salerno. «Michele» e «Raffaele» indossavano la mascherina, sembra una vita fa e non solo per quello: tanto è cambiato, senza che in realtà molto si trasformasse. Emiliano e Fitto sono sempre lì, saldi al timone, mentre fuori è tempesta (e battaglia).
 

Emiliano tra autonomia e trivelle

Il governatore, per esempio. I due governi Conte, soprattutto il secondo, e l’esecutivo Draghi lo avevano un po’ narcotizzato, costringendolo - per calcolo politico o per ragioni di opportunità - a mettere da parte la verve da guastatore e contestatore. Ora, ha le mani libere e sembra annunciare un ritorno agli anni ruggenti, quando ogni giorno era un’intemerata contro i governi Renzi e Gentiloni. Certo, non è proprio la stessa cosa, non solo perché - per Emiliano - Meloni non è Renzi (e per lui come Renzi non c’è nessuno: in negativo, s’intende), ma anche perché saggezza, tattica e strategia suggeriscono al governatore di non eccedere, di incalzare senza giudicare, di stare sul merito senza toni da tregenda sul fascismo incipiente.

Fin qui, e la cosa ha stupito tanti, Emiliano non ha del resto mai espresso un parere netto, univoco e generale sul nuovo governo e sui ministri. Ma sulle singole questioni sì, s’è già esposto abbastanza. L’autonomia differenziata delle Regioni, tanto per cominciare: pur essendone stato in passato un sostenitore (per la Puglia), oggi alza il muro e avverte il governo, boccia la bozza del ministro Roberto Calderoli, torna a evocare l’asse del Sud, e parla di «una questione meridionale gravissima, che non consente allo Stato nazionale di non farsi carico del riequilibrio», «il governo dice che l’autonomia differenziata è necessaria perché le regioni del Sud non producono abbastanza Irpef. Questo accade però dopo che ci hanno portato via tutto. Se si continua a giocare con l’arbitro che trucca le partite, continuare non ha senso». È il tentativo, rinnovato dopo i fuochi d’artificio del passato, di mettersi alla testa di una sorta di partito del Mezzogiorno, stavolta magari stringendo alleanze (con il collega campano Vincenzo De Luca, per esempio), più soft power e meno sportellate, perché «è una battaglia formidabile, ma non posso farla da solo. Già vivo una solitudine micidiale persino nel mio partito e non posso fare una campagna con toni insurrezionali».

Alla stessa matrice appartiene un altro, grande classico dell’emilianismo, che negli ultimi tempi era finito in soffitta: la lotta alle trivelle e alle ricerche di gas in mare. Guerra santa ai tempi (rieccoci) del governo Renzi, ora riemerge con prepotenza. Anche con un singolare caso di eterogenesi dei fini: pur di bocciare l’emendamento sblocca-trivelle del governo, Emiliano “salva” i parchi eolici offshore sui quali fin qui era stato quantomeno tiepido («c’è un problema di interferenza molto grave tra quel decreto e diversi parchi eolici che sono stati considerati dal governo strategici»). E chissà se su questo fronte scatterà l’alleanza non solo con le regioni del Sud, ma anche con il Veneto del leghista Luca Zaia. Intanto, il governatore pugliese ha avuto pure il tempo di attaccare sulle politiche migratorie, e dalla Regione filtra malcontento per la ventilata rimodulazione dei cantieri sanitari coperti dal Pnrr. Tanti fuochi accesi, i primi e non certo gli ultimi.

Puglia, terreno di battaglia 


Ecco, appunto: il Pnrr, i fondi, le partite finanziarie. Tradotto: il raggio d’azione di Fitto, l’esponente di governo che più di qualunque altro sarà l’interfaccia della Regione. Le trattative su dotazione e spesa delle risorse sono la vera unità di misura delle relazioni politiche e istituzionali: il ministro salentino se n’è già occupato tra il 2008 e il 2011, dall’altra parte del tavolo c’era Nichi Vendola e il crash test fu responsabilmente superato da entrambi; Emiliano, sul terreno dei fondi di coesione, è andato allo scontro con un bel po’ di ministri, e insomma non è ben chiaro ora cosa accadrà. Se, cioè, prevarrà la tentazione dei riflettori e del palcoscenico, sospinti da altri obiettivi, vendette e ambizioni, o se alla fine s’imporrà per tutti il silenzioso senso del dovere.
Per la Puglia in ballo ci sono - tra Pnrr, fondi Ue, Fsc - almeno 18 miliardi, e tutti in qualche modo transitano dal ministero di Fitto. Il quale ha chiesto alle tecnostrutture del dicastero e dei Dipartimenti una ricognizione a tutto tondo delle risorse, dei progetti e dello stato di spesa e attuazione, per capire come eventualmente rimodulare o riprogrammare. Due strade, queste ultime, che potrebbero aprire il fronte di guerra con Regioni e Comuni.
Poi, e solo poi, esternerà, parlerà e incontrerà governatori e sindaci. Anche Emiliano, quindi. «Trattando tutti allo stesso modo...», si lascia sfuggire il ministro con i fedelissimi. Criptico e misurato, e non è una sorpresa. Prima o poi, la controparte più scoppiettante ed esuberante - Emiliano - proverà a stanare il ministro e a tastare il terreno, per capire se e quanto il fuoco della vendetta (per il 2020) arde e spinge. Nel frattempo, il governatore ha già giocato la carta delle contraddizioni a destra («FdI non è molto legata alle autonomie, ma ha un’idea di stato centralizzata»). E appena nominato il governo, invece, aveva subito scritto in privato a Fitto. Sondaggi, approcci, esplorazioni, un reciproco studiarsi e annusarsi a distanza. Il ministro per ora è assorbito dal canale europeo, fondamentale imbastire o rafforzare legami con le istituzioni di Bruxelles. Poi, s’affiancherà progressivamente l’altra trincea, quella del Sud e dei Sud. Con un interlocutore noto, scomodo, imprevedibile, pugliese.
C’è tanto da fare e combattere, per tutti. E domani, nella battaglia, Emiliano e Fitto penseranno allora l’uno all’altro: c’è da giurarci. Magari non così litigiosi come un tempo e più simili di quanto appaia, chissà.

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