Appena il 18,9% dei bambini fino a due anni di età trova posto negli 831 asili nido della Puglia. Manca un pesante 14,1% per centrare l’obiettivo di raggiungere la soglia minima del 33% imposta dall’Unione Europea con gli accordi di Barcellona: sebbene si tratti di una stima approssimata, significa essere chiamati a raddoppiare o quasi il numero di asili o servizi per l’infanzia disponibili sul territorio pugliese. E per farlo le risorse stanziate a questo scopo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza saranno decisive. Tanto più che, anche recuperando il 14,1% che serve per ottenere un “sufficiente” in pagella, ciò non basterebbe a raggiungere il livello di servizi offerti nel Centro e Nord Italia, con l’Emilia Romagna in grado di offrire un posto all’asilo al 40% dei bambini più piccoli, la Valle d’Aosta al 43,9%, la Toscana al 37,3%. Numeri raccolti da Istat, elaborati quest’anno da openpolis insieme alla Onlus “Con i Bambini” e che, letti con la lente offerta da Svimez due giorni fa nel corso della presentazione del rapporto annuale sul divario fra Nord e Sud del Paese, raccontano quanta strada ci sia da fare per colmare la distanza nei servizi offerti alle famiglie e quanta per offrire alle donne, in particolare, l’occasione di lavorare e di farlo a tempo pieno, come imporrebbe il treno della ripresa economica lanciato dall’Ue con il Next Generation Eu.
La classifica
Le regioni meridionali si trovano, non a caso, tutte in fondo alla classifica stilata da openpolis, con Campania e Calabria poco sopra i dieci posti ogni 100 bimbi, che diventano 12 in Sicilia, mentre la Puglia è quart’ultima con 18,9 posti. Un tema, quello del gap Nord-Sud nelle politiche educative, sul quale i Governi degli ultimi anni hanno concentrato l’attenzione senza riuscire a imprimere una significativa inversione di rotta, a partire dalle previsioni del decreto legislativo 65 del 2017, intitolato proprio “Istituzione del sistema integrato di educazione 0-6 anni”, che prevedeva non solo l’ampliamento del servizio di asili nido, ma anche un suo riequilibrio territoriale.
In questo quadro, le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono un treno che difficilmente passerà di nuovo e, non a caso, circa il 49,6% dei 17,59 miliardi di euro destinati alla scuola andrà al Mezzogiorno. Della cifra complessiva, 12,1 miliardi serviranno proprio alla costruzione di nuovi asili e scuole, a partire da quelle dell’infanzia, ma anche alla realizzazione di palestre, mense e alla manutenzione straordinaria dei plessi scolastici di ogni ordine e grado. I restanti 5,46 miliardi di euro del Pnrr Istruzione nazionale serviranno invece alla “riduzione dei divari”, agli Istituti tecnologici speciali, alla didattica digitale e all’estensione del tempo pieno.
Le parole dell'assessore e il nodo competenze
«Stiamo lavorando moltissimo» ha ribadito, anche ieri, l’assessore regionale alla Scuola, Sebastiano Leo i cui uffici, tuttavia, hanno sollevato al ministero della Pubblica istruzione un problema di ruoli e procedure che rischia di mettere i bastoni fra le ruote al percorso tracciato per una efficiente spesa dei fondi del Pnrr. «Se per le spese di ristrutturazione, da realizzare in continuità con i piani di edilizia scolastica già finanziati nei mesi scorsi, saremo noi ad assegnare le risorse a disposizione entro il 10 febbraio prossimo – spiega la dirigente regionale Marella Lamacchia, che è anche componente della tecnostruttura nazionale sull’edilizia scolastica -, sui restanti fondi il trasferimento sembrerebbe dover avvenire dal ministero ai Comuni. Non sono chiari i criteri di assegnazione delle risorse e il compito delle istituzioni in campo, le Regioni hanno già chiesto un ruolo chiaro e definito nella programmazione per evitare sovrapposizioni o buchi». Si vedrà.
Ancora sugli asili
Sul fronte asili, ai quali è destinato il pacchetto di finanziamenti più cospicuo «per accrescere il sostegno alla genitorialità», sono in corso a Roma «i primi tavoli tecnici per capire come muoversi» dice l’assessora regionale al Welfare, Rosa Barone. Un lavoro che dovrà essere costruito a partire dai chiaroscuri, dalle grandi differenze che esistono fra comune e comune in termini di servizi offerti alla cittadinanza. Per limitare il confronto alle sole città capoluogo, se a Lecce ottiene un posto all’asilo il 35,2% dei bambini, a Bari la percentuale si ferma al 16,7%, con Taranto e Brindisi nel mezzo, al 21,3% e 22,7% rispettivamente. L’offerta complessiva è molto diversificata anche da provincia e provincia, con i comuni delle aree più interne - dove la domanda debole e dispersa ha storicamente limitato lo sviluppo di una rete di servizi strutturata e capillare - influisce negativamente sui dati finali. Da questa prospettiva, è la provincia di Bari a offrire il maggior numero di asili: ne conta 253, seguita dal Salento con 214, dal Foggiano con 114, dalla provincia di Taranto con 107 asili, 80 nel Brindisino e 63 nell’intera provincia della Bat. Da qui al 2026, l’obiettivo è raddoppiare l’offerta, incidendo positivamente sull’educazione dei più piccoli e contribuendo a portare al lavoro decine di migliaia di persone.
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