In Puglia nei paesi periferici in quattro su cinque non hanno la laurea: lo studio

In Puglia nei paesi periferici in quattro su cinque non hanno la laurea: lo studio
di Giuseppe ANDRIANI
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Lunedì 31 Ottobre 2022, 05:00

Il comune pugliese con più laureati è Lecce, ma la situazione regionale è piuttosto preoccupante. Sono diversi i paesi, soprattutto quelli “periferici” e lontani dalle città, nei quali nella fascia di età tra i 24 e i 49 anni i residenti con il titolo di laurea non superano neppure il 20%. La Puglia non brilla per numero di laureati residenti. Lecce è una parziale eccezione, con un dato che si attesta sul 37% (i numeri si riferiscono comunque ai residenti con un’età compresa tra i 24 e i 49 anni), ma non è neppure paragonabile alle grandi città del Nord e del Centro. E in alcuni casi neppure ad altri capoluoghi del Mezzogiorno: a Campobasso e Potenza i numeri sono migliori, pur non essendo sedi universitarie di livello europeo, come invece Padova o Bologna, dove è lecito aspettarsi una situazione diversa. 
La fotografia della Puglia lascia diversi spunti di riflessione: a Brindisi i laureati toccano appena il 20%, a Taranto il 21%, a Foggia il 24% e a Bari il 28%, con le ultime due città che non hanno neppure un cittadino residente su tre ma hanno l’università. Segno che la mobilità per motivi di studio non solo è una tendenza poco accentuata ma è anche fine a se stessa. E se nei capoluoghi si raggiunge il 20%, con un po’ di fatica, nei paesini non va di certo meglio. 
Il Comune con meno laureati di Puglia è Celle San Vito, che però ha meno di 150 abitanti e un solo residente con il titolo in tasca. Sono numeri residuali. Non lo sono, invece, quelli di altri comuni del Gargano, come Stornara o Carapelle, neppure lontanissimi dal capoluogo, dove la percentuale è appena superiore al 10%. Nove ragazzi su dieci non hanno la laurea. Segnali, per altro, che incidono anche sul tipo di economia. 

Lo studio

Lo studio di “OpenPolis - Con i Bambini” registra una tendenza anche a livello nazionale sui comuni periferici. “I dati - si legge - indicano una relazione abbastanza nitida: maggiore è la perifericità del territorio, minore la quota di persone con istruzione terziaria. Nei comuni polo, baricentrici in termini di servizi, circa un residente su 3 ha la laurea o un altro titolo di studi terziario. La quota scende al 24% nei poli intercomunali e al 22,7% nei comuni di cintura (gli hinterland delle città maggiori). Un dato chiaramente collegato alle opportunità di lavoro, maggiori nelle aree urbane rispetto a quelle periferiche e ultraperiferiche”. 
E nel Mezzogiorno i numeri risultano ancor più bassi. La Puglia ha cinque aree periferiche o ultraperiferiche, secondo la definizione che ne dà lo studio: il Gargano, Fasano (Comune che viene ritenuto isolato per mobilità lavorativa e per la lontananza da Brindisi), una zona del Tarantino (Sava, Manduria e Avetrana) e due diverse aree del basso Salento, nei pressi della punta estrema del tacco. E se si esce dalle zone di comfort dei capoluoghi, al di là della definizione in sé delle aree, è frequente imbattersi in paesi, piccoli ma non soltanto, che hanno una percentuale di laureati inferiore al 20. Una quota residuale, minima. 
Il gap tra Nord e Sud è evidente anche in questo. Eppure le zone periferiche, così definite dallo studio, ci sono ovunque. Anzi, nel Settentrione sembrano persino più frequenti. Il problema è la media. Il numero di residenti in possesso di un titolo terziario è comunque troppo basso. E ne risente anche il mercato circostante. La situazione non cambia neppure a Bari, che pure ha uno dei poli universitari più grandi d’Italia, ma non in grado di invertire il trend, perché incapace di impattare in maniera significativa sulla città e sul suo tessuto economico e sociale. E Lecce, isola felice, non regge comunque il paragone con le città del Nord. Altro che 110 e lode, la Puglia a malapena raggiunge un 20 risicato.
 

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