Puglia, frutta e verdura carissime: prezzi aumentati fino all'80%

Puglia, frutta e verdura carissime: prezzi aumentati fino all'80%
di Pierangelo TEMPESTA
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Lunedì 15 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 07:00

Ciliegie pugliesi che tardano ad arrivare e, dove arrivano, sono vendute al doppio rispetto allo scorso anno, nonostante si presentino ancora piccole e, in alcuni casi, malconce. Fragole che, a maggio inoltrato, hanno ancora prezzi da primizie. Fagiolini, sedani e cipolle alle stelle. Colpa di un clima tutt’altro che primaverile, che sta causando ritardi enormi alle colture di stagione. Temperature basse, piogge e grandinate improvvise stanno mettendo a dura prova il settore ortofrutticolo pugliese: nel Barese, per esempio, la grandine ha messo a rischio il raccolto delle Bigarreau, le ciliegie primizie. 

Il quadro

Ma se il cattivo tempo è la causa principale dei ritardi sulla tabella di marcia, non è comunque l’unico colpevole dell’aumento dei prezzi, stimati più elevati di circa il 60% con picchi del 70-80% per la frutta tipicamente primaverile: la filiera è, giocoforza, schiava di costi energetici e di produzione insostenibili, che rischiano di mettere in ginocchio soprattutto i piccoli produttori. Con aumenti che, in media, per le famiglie pugliesi si aggirano intorno al 60%, le bancarelle dei fruttivendoli e gli scaffali dei reparti ortofrutta piangono, e con essi i consumatori, che per far quadrare i bilanci familiari si vedono costretti a ridurre drasticamente il consumo della frutta di stagione o a rinunciarci completamente.

Le fragole, che l’anno scorso costavano 4 euro al chilo, quest’anno vengono vendute ancora a 7 euro e 50, anche a 8. Mele e pere sono passate da 2 euro e 50 a circa un euro in più. Stesso incremento per le cipolle (è terminata la disponibilità di prodotto italiano, a favore del prodotto estero) e altri ortaggi (picco insolito per sedani e carote, a causa dei rallentamenti determinati dalle basse temperature, soprattutto quelle notturne). I fagiolini sono passati da 3 euro e 50 a 5 euro. Non se la passano meglio i coltivatori, dal Foggiano al Leccese: vendono a meno dello scorso anno pur spendendo di più per produrre. «La frutta di stagione, come ciliegie e albicocche, tarda a maturare a causa della pioggia e degli sbalzi di temperatura delle scorse settimane», spiega il vicepresidente regionale di Cia Puglia, Giannicola D’Amico. «Delle ciliegie, al momento si stanno raccogliendo solo le primizie e, proprio a causa del meteo incerto, non si possono fare previsioni sulla campagna.

Le varietà classiche del territorio pugliese arriveranno nelle prossime settimane. Registriamo già un raddoppio del prezzo dal campo alla tavola: vengono vendute in campo a 3 euro e 50 al chilo, ma le troviamo sugli scaffali a non meno di 8 euro». Circa il doppio rispetto allo scorso anno. La forbice tra i prezzi pagati ai produttori e quelli al dettaglio è molto ampia. Più degli anni precedenti. «Per i piselli e le fave, i produttori ricavano 1 euro e 40 al chilo, ma sugli scaffali sono in vendita a non meno di 3 euro e 50. Per i broccoli si passa da 40 centesimi a un euro e 50. Il sedano è quadruplicato: da 50 centesimi a 2 euro. Il finocchio passa da 48 centesimi al campo a 2 euro e 40 in negozio, le zucchine da 80 centesimi a 2 euro e 50, le melanzane da 70 centesimi a 2 euro, gli asparagi da un euro e 70 a 5 euro». Situazione emblematica anche quella dei carciofi: «Abbiamo denunciato, nella zona del Brindisino, l’arrivo di prodotto dall’estero che squilibra il mercato. Da 7 centesimi al capolino al campo si passa a 25 centesimi al dettaglio». Un divario enorme, quello tra prezzo di vendita nei campi e prezzo al dettaglio, che danneggia sia i produttori (costretti a vendere a meno rispetto agli anni scorsi), sia i consumatori (che pagano di più o a rinunciano all’acquisto). In mezzo ci sono i costi energetici e quelli legati alla produzione (fertilizzanti, concimi, manodopera, imballaggi), schizzati alle stelle: «I produttori - afferma D’Amico - vendono a prezzi europei, ma producono con costi italiani. È una situazione che peggiora con il passare del tempo e che porta a una differenziazione molto pericolosa: quella tra le piccole aziende agricole, che rischiano di fallire da un giorno all’altro, e le grandi aziende, che, essendo più strutturate, hanno costi di produzione più ridotti. Quello che avviene al centro della filiera determina un aumento spropositato dei prezzi».

Una situazione rilevata anche da Luca Lazzaro, presidente di Confagricoltura Puglia. «La rete Ismea - spiega - ha rilevato che in circa un anno i prezzi all’origine di ortaggi e frutta hanno fatto registrare una flessione del 18,9 per cento e del 2,4 per cento rispettivamente, mentre a livello di produzioni agricole i prezzi nello stesso periodo sono aumentati dell’8,3 per cento. In sintesi, dunque, anche in Puglia nel comparto ortofrutticolo, a distanza di dodici mesi, produrre costa di più mentre i ricavi si assottigliano». Produrre ortaggi nel mese di dicembre 2022, rileva Confagricoltura, ha comportato un incremento di spesa del 23,6 per cento a fronte di ricavi diminuiti del 18,9 per cento. «Non aiuta poi la dinamica della domanda finale delle famiglie che, nel 2022, ha evidenziato un calo dei consumi in quantità rispetto al 2021 dell’1,7 per cento per la frutta e del 5,2 per cento per gli ortaggi. Ancora peggiore la performance se paragonata al 2020, con un calo del 2,6 per cento per la frutta e dell’8,5 per cento per gli ortaggi». L’effetto inflattivo, dunque, si è fatto sentire nel 2022 sul carrello ortofrutticolo della spesa delle famiglie italiane e sembra proseguire nel 2023: «Dopo la pesante flessione del -11 per cento di gennaio 2023 dei volumi di ortofrutta acquistata dalle famiglie italiane rispetto a gennaio 2022, anche nel corso del mese di febbraio gli acquisti di ortofrutta fresca segnano un calo del -6 per cento».

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