Dalle politiche energetiche italiane alla Puglia, “terra dei no”, parla l'eurodeputato De Castro: «Serve più serietà»

Paolo De Castro
Paolo De Castro
di Francesco G. GIOFFREDI
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Sabato 5 Marzo 2022, 11:57 - Ultimo aggiornamento: 21:50

Paolo De Castro, eurodeputato Pd ed ex ministro: nonostante piani e promesse, Europa e Italia sono ben lontane dall'autosufficienza energetica. L'elenco degli errori di questi anni è lungo.
«Abbiamo agito convinti di non poter mai avere problemi e non abbiamo promosso una vera politica energetica, limitandoci a dire grandi no a tante ipotesi, anche nel campo della ricerca che non dovrebbe mai fermarsi. Essere legati solo al gas russo ci mette in enorme difficoltà, alla luce della drammatica invasione in Ucraina. Ci vogliono risposte immediate, congiunturali e non vedo alternative a ciò che già fa il governo: più gas da altre fonti, come Algeria e Azerbaijan, senza poi purtroppo escludere di rimettere in moto le centrali a carbone».
Ma come si dà respiro al sistema nel breve e medio termine?
«Con le scelte ora accennate e poi con ulteriori passi nel tempo: ad esempio con i rigassificatori, visto che le navi metaniere in arrivo dagli Usa possono darci ristoro, ma non abbiamo strutture di rigassificazione. E poi c'è l'aumento della produzione nazionale: le polemiche sulle trivellazioni mi sembrano spazzate via dalla drammatica crisi. Senza infine dimenticare l'accelerazione sulle rinnovabili, fermo restando che per arrivare a un aumento sufficiente di fotovolatico ed eolico occorre tempo».

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Siamo stati, o siamo ancora, il Paese dei no?
«Sì, e la Puglia purtroppo è tra i primi della classe. È stata data voce a tanti santoni, senza affrontare i problemi. Ora la crisi energetica mette a nudo le chiacchiere ed esige serietà, professionalità e competenza».
Il gas è ritenuto, anche dall'Europa, la strategia ponte: qualsiasi ipotesi di incremento di produzione e capacità però non dà risposte immediate.
«Ci vuole un'accelerazione, non vedo alternative. Nel breve termine possiamo fare quanto detto fin qui, forse associando anche un po' di risparmio energetico. Però nel medio periodo la stessa Ue, al di là dello sviluppo del nucleare di quarta generazione, ha spiegato come occorre procedere con la transizione energetica, dando risposte concrete».
Ora tutti, o quasi, riscoprono il Tap. Anche nel centrosinistra però sono state cavalcate le proteste, negli anni scorsi.
«Un problema generale.

Diciamo che nessuno voleva contrapporsi ai comitati del no. Occorrerebbe più di un mea culpa da parte di tutti, a cominciare da chi ha responsabilità amministrative».

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Con idee più chiare e maggior decisione, sarebbe stato magari possibile incassare sconti in bolletta per famiglie e imprese dei territori attraversati dal Tap.
«Non c'è dubbio. Come potevamo farlo approdare a Cerano, anche. C'è stata una sommatoria di errori, pressapochismo e poca serietà solo per lisciare il pelo a chi protestava. Lo stesso schema visto per xylella, del resto».
Il Tap dovrebbe raddoppiare la capacità, ma occorreranno almeno 40 mesi. Il fabbisogno richiede soluzioni più tempestive.
«Fa parte del pacchetto di soluzioni di medio e lungo periodo: è necessario lavorare a tutto tondo, alcune strade possono essere percorse subito, altre tra 1-2 anni per esempio sbloccando i progetti per le rinnovabili, altre ancora su un lasso di tempo più ampio, fino agli scenari legati al nucleare di quarta generazione».
Era stato autorizzato un altro gasdotto con approdo nel Salento: l'Ue ha ormai accantonato la proposta Eastmed-Poseidon?
«Non conosco i dettagli del progetto, ma tutti verranno ripresi e analizzati nella giusta luce».
Le rinnovabili sono, paradossalmente, un tasto dolente: dovrebbero essere, a cominciare dalla Puglia, la principale leva della transizione green, ma si scontrano con blocchi, paletti, no.
«È un problema generale, i ritardi ci sono anche nelle efficienti Emilia Romagna e Veneto. Spetta alla nostra responsabilità saper aprire alle autorizzazioni lì dove non si presentano particolari problemi di impatto, riducendo burocrazia e lungaggini. Penso anche al contributo che può dare l'agricoltura con il biogas, può arrivare almeno al 5-6% della produzione: le iniziative possibili sono tante, ma ci vuole uno sforzo corale».
Ci vorrebbe più programmazione, però. Anche sulle rinnovabili.
«Assolutamente sì, bisognerebbe subito varare un Piano nazionale e a cascata accelerare nelle regioni».
Tra Brindisi e il Salento potrebbero presto spuntare anche le torri eoliche offshore. Altro braccio di ferro?
«L'impatto sul paesaggio impone un attenta valutazione in merito alla distanza dalla costa. Non sono contrario pregiudizialmente, ma certo dei tanti progetti per le rinnovabili questo è forse il più impattante e richiede un'accurata analisi costi benefici».
La Puglia ha perso l'occasione di diventare un hub strategico dell'energia, governando i processi?
«La Puglia è già importantissima, pensiamo al ruolo di Cerano. Potevamo approfittarne e anticipare la transizione dal carbone alle rinnovabili passando dal gas, diventando una regione all'avanguardia».
Come mai abbiamo perso questo treno?
«Non andrebbe chiesto a me...Di sicuro in Puglia c'è una forte concentrazione del popolo del no: la scienza e la tecnica sembrano quasi metterci paura, eppure la crescita passa proprio da lì. Ci spaventano più scienza e innovazione che i santoni di turno con le loro visioni apocalittiche».
Siamo ancora in tempo per recuperare terreno?
«Sì, ma occorrono una programmazione seria, visione, professionalità e competenza. La responsabilità passa in tal senso prima di tutto dall'amministrazione regionale».
La crisi energetica obbliga ora l'Ue a rivedere piani e cronoprogramma della transizione green? Tappe troppo accelerate potrebbero rendere ancora più critico il quadro?
«Ci vuole senz'altro un momento di riflessione per ricalibrare la strategia, innanzitutto per energia, difesa e agricoltura. Cambiano determinate condizioni, e alcune scelte andranno forse riviste».
Accennava al nucleare di quarta generazione. La sola parola evoca pericoli.
«Ovviamente non mi riferivo al nucleare con vecchia tecnologia. È invece necessario continuare la ricerca per nuovi sistemi rivoluzionari, sicuri e senza scorie. E poi vedremo».
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