Puglia ancora in rosso. L'indice Rt resta sopra l'1. In 24 ore altri 48 morti

Puglia ancora in rosso. L'indice Rt resta sopra l'1. In 24 ore altri 48 morti
di Massimiliano IAIA
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Sabato 10 Aprile 2021, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 12:49

Come ampiamente pronosticato alla vigilia, la Puglia resterà in zona rossa anche la prossima settimana. Decisamente negativi sono ancora molti indicatori, a cominciare da quelli relativi alla pressione ospedaliera, tanto da sconsigliare le riaperture previste per la zona arancione. Per quelle, al limite, bisognerà attendere il monitoraggio di venerdì prossimo.

L'ultimo report Iss

Stando appunto all'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità, l'indice Rt scende ma resta comunque sopra l'1: è pari infatti a 1,06. La Puglia è una delle quattro regioni rimaste ancora in rosso (le altre sono Campania, Valle d'Aosta, e da ieri si è aggiunta anche la Sardegna). In Puglia sono stati segnalati 11.604 casi nell'ultima settimana, l'incidenza è di 258 casi ogni 100mila abitanti, la classificazione complessiva del rischio rimane alta.

I numeri delle ultime 24 ore


Ieri ci sono stati 1.791 nuovi casi positivi su 14.281 tamponi, per un tasso di positività del 12,54%. Dei nuovi casi, 625 sono della provincia di Bari, e al secondo posto c'è ancora una volta Taranto con 327 casi. Segue la provincia di Foggia con 296, la provincia di Brindisi che per una volta supera il Salento (rispettivamente 177 e 176 casi), e poi altri 176 casi nella Bat. A questi si aggiungono 5 casi di residenti fuori regione, e nove casi dalla provincia di residenza non nota.
Il bollettino continua a rivelarsi drammatico sotto la voce decessi: nelle ultime 24 ore altri 48 morti. Quasi la metà (23) nella provincia di Bari, 9 nel Salento, 8 nella provincia di Taranto, 3 a testa per Brindisi e Foggia, un morto nella Bat e un residente fuori regione, per un totale di 5.143 vittime dall'inizio dell'emergenza a oggi.
Altri 1.451 guariti, gli attuali positivi superano la soglia dei 51mila, mentre i ricoverati sono 2.240.
«Le chiusure e le aree rosse - conferma il ministro della Salute Roberto Speranza - stanno portando i primi risultati ma il contesto è ancora molto complicato e dobbiamo essere molto prudenti».
A livello nazionale il dato principale che però emerge dal monitoraggio settimanale è quello di una curva che sembra cominciare a scendere.

Ma, avvertono gli esperti, «il forte sovraccarico dei servizi ospedalieri, l'incidenza ancora troppo elevata e l'ampia diffusione di alcune varianti richiedono l'applicazione di ogni misura utile al contenimento del contagio». Significa che serve ancora prudenza e che però si può cominciare a pensare al dopo. Uno spiraglio che consente al ministro per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini di rilanciare la posizione del centrodestra: ragionare su possibili riaperture a partire dal 20 aprile. «Maggio deve essere il mese della riapertura delle attività economiche, del ritorno alla vita - dice - e speriamo che sulla base dei dati si possa riaprire qualcosa anche ad aprile».

Le polemiche


Intanto Pietro Drago, segretario regionale Fimmg Puglia, polemizza sugli strumenti diagnostici a disposizione delle Usca, ritenute «insufficienti». «Ad oggi» le Usca pugliesi continuano «a lavorare in auto sanificate raramente e con strumenti diagnostici inefficienti» e «spesso si è costretti a rimanere al domicilio dei pazienti in grave insufficienza respiratoria in quanto non è possibile contattare la centrale del 118 e, quando possibile, non ci sono posti letto per ricoverare i pazienti in gravi condizioni»: dice Pietro Drago, in riferimento all'attività delle Unità di continuità assistenziale nella gestione dei pazienti Covid. Secondo Drago, tra le inefficienze c'è anche «la mancata risposta alle molte mail inviate dai medici Usca, che da tempo hanno esplicitamente richiesto di abbandonare le attività di supporto ai Dipartimenti di Igiene per tornare ad occuparsi in maniera esclusiva delle visite domiciliari». Secondo il segretario Fimmg Puglia, «i medici delle Usca, sin dalla loro istituzione, si sono impegnati per garantire il loro supporto nonostante le carenze del sistema, nonostante l'indisponibilità di posti letto nei vari ospedali, nonostante la mancanza di strumenti diagnostici adeguati, nonostante l'impossibilità di coordinamento reale sul territorio con il settore dell'emergenza urgenza».
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