Puglia, coste e fondali marini deturpati per ricci, oloturie e datteri

Un sequestro di oloturie
Un sequestro di oloturie
di Rita DE BERNART
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Lunedì 4 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:15

Incastonati in fondo al mare come pietre preziose, tra la posidonia e le rocce. Oloturie, ricci, datteri e pinna nobilis: frutti pregiati dal valore di migliaia di euro. Dal blu intenso dello Jonio ai riflessi verde smeraldo dell’Adriatico, queste specie marine rappresentano un tesoro per l’ecosistema delle coste pugliesi ma anche un facile guadagno per chi le pesca e commercializza.

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Quanto frutta il business

Oltre cento euro la cifra che si arriva a pagare al pescatore di frodo per un chilo di datteri, nei periodi delle festività. Sul mercato asiatico le oloturie invece possono arrivare a valere 300 euro al chilo o anche di più. Il risultato di questi abusi è l’impoverimento dei fondali della Puglia, un tempo ricchi di varietà animali e vegetali e oggi, invece, in alcune aree, sempre più deturpati.

I controlli infatti sono sempre più frequenti. Le operazioni tuttavia sono complesse: «Spesso – spiega il comandante della capitaneria gallipolina Pasquale Vitiello– i pescatori di frodo hanno una barca d’appoggio che li avvisa facendo così che abbandonino sul fondale gli strumenti e il pescato. Non è semplice coglierli in flagranza di reato in mare. Molto più facilmente il sequestro avviene a terra. Ed è per questo che oltre all’attività repressiva facciamo anche quella preventiva”.

 

L'attività della Guardia costiera

Negli ultimi tre anni la Guardia Costiera di Gallipoli, ha sequestrato in media tra i 1500 e 1800 chilogrammi di pescato non tracciato, all’interno di ristoranti e pescherie, tra cui diverse migliaia di ricci e centinaia di datteri; lo scorso ottobre un pescatore era stato rinvenuto con 176 esemplari. “Un’infinità – dicono il capo servizio operativo Capitano di corvetta Francesco Martina e il tenente vascello Monia Gaetani, capo servizio pesca e gente di mare. Se si considera che per prelevare i datteri occorre distruggere intere scogliere con un impatto ambientale devastante. Ci vogliono dai 15 ai 35 anni per riparare i danni del prelievo di un dattero da 15 centimetri”. Anche i numeri registrati dalla direzione marittima barese palesano un fenomeno allarmante e un giro d’affari d’oro. Nel 2021 la direzione marittima di Bari, guidata dall’ammiraglio Vincenzo Leone, ha sottoposto a sequestro circa 2500 chili di oloturie e oltre 3400 chilogrammi di ricci. Due i filoni principali intorno ai quali si concentrano le attività di verifica. In primo luogo il commercio, e il consumo, in loco che coinvolge piccoli pescatori, rivenditori, pescherie, ristoranti.

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I datteri

Quando si tratta di datteri e pinne nobilis, ma anche per i ricci di mare, infatti i frutti proibiti arrivano addirittura direttamente a casa di acquirenti interessati, o vengono proposti nei ristoranti solo a pochi clienti fidati. La prassi è nota: “Stasera abbiamo una specialità per lei”. Quella “cosa speciale”, e innominabile, è di solito il frutto di pesca illegale. Varietà marine la cui cattura è vietata, o controllata da norme restrittive, e che invece, in tutta la Puglia, nelle principali località di mare, finiscono dal fondale direttamente alla tavola. Nonostante le costanti operazioni di polizia in materia di pesca, messe in atto dal mare ai punti di sbarco, fino alla distribuzione al dettaglio. Qualcosa sfugge sempre.

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Le proprietà delle oloturie

L’altro filone, più nuovo, e più ghiotto per gli affaristi, è quello delle oloturie, chiamate comunemente cetrioli di mare: questi echinodermi, considerati gli spazzini del mare per la loro funzione filtrante, in Italia non sono consumati come alimento ma, al contrario, sono richiestissimi in paesi orientali come la Cina, come prelibatezza gastronomica e come materia prima preziosa per la produzione di cosmetici, e nel campo medico per la produzione di integratori. Sono molto note infatti le proprietà antiossidanti, stimolanti e utili al sistema circolatorio, di questi strani animali. La domanda è altissima tanto che da innescare meccanismi e circuiti organizzati per la pesca, lo stoccaggio e il trasporto. “Difficile intercettare la pesca illegale delle oloturie a bordo delle imbarcazioni – spiegano dalla capitaneria di Porto di Bari-. Proprio monitorando i siti di stoccaggio e il successivo trasporto a bordo di grandi automezzi si riescono invece a sequestrare grossi quantitativi diretti all’estero”. Un boom, questo, esploso negli ultimi anni e che ha portato al sequestro di centinaia di secchi di prodotto, vivo o essiccato, a bordo di automezzi destinati all’estero. E che è costato nei mesi scorsi una condanna esemplare, la prima in Italia con il massimo della pena prevista, 6 anni e una multa da 100 mila euro. Insomma, vere e proprie filiere della pesca. Illegali.

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