Processo Ilva a rilento, lo sfogo di Assennato: ho 70 anni, riuscirò ad avere giustizia da vivo?

Giorgio Assennato
Giorgio Assennato
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Giovedì 24 Maggio 2018, 16:47 - Ultimo aggiornamento: 17:03
«Ho superato la soglia dei settant’anni, quando potrò chiudere il mio capitolo giudiziario per la vicenda Ilva?». Su Facebook l’amara riflessione di Giorgio Assennato, l’ex direttore generale dell’Arpa (l’Agenzia regionale per l’ambiente) imputato di favoreggiamento nel maxiprocesso “Ambiente svenduto” che riguarda Ilva e l’inquinamento che avrebbe prodotto a Taranto negli ultimi decenni.
Assennato da tempo, ormai in pensione, scrive sul suo profilo Facebook una sorta di diario nel quale racconta episodi che lo hanno visto protagonista durante gli anni di dirigenza dell’Arpa. Retroscena gustosi che riguardano anche politici di tutta la regione Puglia, a cominciare dai presidenti Vendola e Emiliano. L’ultimo post è invece dedicato al processo sull’Ilva che si sta tenendo a Taranto.
«Ieri ho trascorso tutta la giornata nell’aula bunker del Tribunale di Taranto per assistere a una udienza del processo “Ambiente svenduto” nel quale sono uno dei quarantotto imputati - scrive Assennato -: un numero impressionante di avvocati togati tra difensori e parti civili: almeno quattro processi distinti fusi in uno solo, secondo una logica propria dei grandi processi di mafia. Come in quei processi sono imputati, accanto ai boss mafiosi, anche alcuni servitori dello stato incastrati dalla spietata logica dei ragionamenti abduttivi, così pure in questo megaprocesso, in cui mi trovo oggettivamente dalla stessa parte di chi ho sempre tenacemente contrastato, lo stato maggiore dell’Ilva dei Riva: una sorta di contrappasso dantesco finire unito a loro in questo girone infernale (una pena di per sé!)».
«Ma quel che più mi fa male e mi condanna ad una angosciante insonnia notturna - aggiunge Assennato - non è tanto il problema “spaziale” quanto il ben più grave problema “temporale”. Nessuno è in grado di valutare nemmeno in modo approssimativo la durata di questo processo: durerà ancora uno-due-cinque-dieci anni? Chi lo può dire? Quando un imputato che ha appena superato la soglia dei settant’anni non ha la benché minima idea dei tempi della SUA giustizia, beh, è già condannato a pagare una pena attuale, non futura, quella di dover scommettere sulla compatibilità del proprio ciclo vitale con quello della mostruosa macchina giudiziaria: una scommessa che nessun bet center accetterebbe mai e quindi amaramente sai che non hai quasi nessuna speranza di poter vedere riconosciute davanti a te le tue sacrosante ragioni».
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