La morsa del Covid sul lavoro in Puglia: donne, giovani e precari le categorie più deboli. A Lecce a rischio 5mila posti

La morsa del Covid sul lavoro in Puglia: donne, giovani e precari le categorie più deboli. A Lecce, sono a rischio 5mila posti
La morsa del Covid sul lavoro in Puglia: donne, giovani e precari le categorie più deboli. A Lecce, sono a rischio 5mila posti
di Alessio Pignatelli
4 Minuti di Lettura
Sabato 1 Maggio 2021, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 09:04

Donne, giovani e precari. La pandemia ha stretto la sua morsa sul mercato del lavoro e sono queste le categorie più penalizzate nel Mezzogiorno e in Puglia in particolare. In generale, quasi un pugliese su tre è a rischio povertà.

Il report

 

Secondo il report “Il benessere in Puglia tra pandemia e resilienza” - un’analisi regionale dei dati del Bes Istat realizzata dal centro studi della Fondazione Rita Maierotti - l’occupazione maschile è del 64,8% (la media Italia è del 72%) mentre quella femminile al 35,5%, ponendo la Puglia in basso alla classifica sul gap di genere. E solo nella provincia di Lecce, entro la fine del 2021, i sindacati stimano che potrebbero andare in fumo almeno 4-5 mila posti di lavoro.

È la fotografia sintetica scattata a seguito del ciclone coronavirus. Che ha sì devastato l’intera economia mondiale ma, nelle aree svantaggiate, ha inevitabilmente trovato terreno fertile. E allora è fondamentale ricordare le condizioni con cui la Puglia è entrata nella crisi pandemica: il 2019 era stato l’anno del recupero dopo la grande recessione ma i dati già delineavano una condizione di povertà diffusa, di lavoro precario, di salari bassi, di una partecipazione femminile e giovanile nel mercato del lavoro disastrosa.

Il covid non ha fatto altro che allargare alcuni divari. Per esempio, ponendo la Puglia in basso alla classifica sul gap di genere: ben 29,3 punti di differenza fra i tassi di occupazione maschile e femminile. Le donne subiscono inoltre una seconda penalizzazione: quelle con figli in età prescolare hanno un tasso di occupazione inferiore a quelle senza figli. Insomma, una sorta di cigno nero per il lavoro femminile che è stato riportato indietro di almeno quattro anni.

Altro indicatore che racconta bene la situazione nella nostra regione è la cosiddetta mancata partecipazione al mercato del lavoro, concetto che amplia la definizione di disoccupazione.

Considerando la fascia di età dei 15-74enni, il Mezzogiorno in generale presenta un grande svantaggio rispetto alle regioni del Centro e del Nord con un tasso di mancata partecipazione che è oltre tre volte quello del Nord e di quasi 15 punti percentuali superiore a quello medio italiano.

L’indicatore aveva mostrato segnali di miglioramento dal 2014 al 2019 ma nell’anno della pandemia c’è stata la mazzata: se in Italia si osserva nel complesso una sostanziale stabilità della mancata partecipazione con un livello di 19 persone su 100, nel Sud la percentuale sale al 33,5%. In Puglia, è pari a circa il 30% quasi 11 punti in più rispetto al dato nazionale ma leggermente inferiore al dato del Mezzogiorno. Solo leggermente, sia chiaro, perché il territorio pugliese resta a pieno titolo nel gruppo delle regioni più svantaggiate. E anche all’interno del dato pugliese si riscontra un divario maschile-femminile: per le donne il livello di mancata partecipazione è al 38,2% mentre tra gli uomini è al 24,3%. Supera inoltre il 29% la quota dei Neet in Puglia, ossia i giovani che non sono impegnati nella ricerca di occupazione o in percorsi di formazione.

A Lecce «a rischio 5mila posti di lavoro»

 

Restringendo la lente d’ingrandimento solo nella provincia di Lecce, i segretari generali provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Valentina Fragassi, Ada Chirizzi e Salvatore Giannetto lanciano l’allarme: entro la fine del 2021, sono a rischio almeno 4-5 mila posti di lavoro se si considerano la mole di richieste di cassa integrazione per covid registrate da inizio pandemia e la generale debolezza delle nostre medie e piccole aziende che stanno soffrendo e non hanno una solidità economica tale da sopportare ancora a lungo gli effetti disastrosi di questa emergenza.

L’ultimo monitoraggio delle prestazioni Covid a cura dell’Inps provinciale, aggiornato a gennaio 2021, dice che sono pervenute oltre 10mila domande di Cig (6.775 a Lecce e 4.018 a Casarano), cui si aggiungono oltre 14mila richieste di Cigo in deroga (7.414 a Lecce e 7.027 a Casarano), 10.800 domande di Cigd regionale e più di 6.300 domande di Fis (Fondo d’integrazione salariale).

Ovviamente, le speranze sono riposte nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) del governo dove il Mezzogiorno è uno dei capitoli prioritari. Le organizzazioni sindacali pressano sulla necessità di legare spesa e investimenti alla produzione di posti di lavoro stabili e di qualità.

Secondo le stime preannunciate anche dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, l’impatto sulla dinamica occupazionale merita un focus a sé: il contributo allo “scostamento percentuale dallo scenario di base” al Sud sarà dello 0,3% nel 2021 e poi a crescere fino all’1,1% del 2024-2026. E proprio su giovani e donne, le fasce più deboli come visto, si ipotizza un maggior impulso: nel primo caso, si arriva al 4,9% in più “a regime” nel 2024-26, quanto all’occupazione femminile lo scostamento verso l’alto è del 5,5%.

© RIPRODUZIONE RISERVATA