Pnrr, la ripartizione non convince i governatori del Sud che vanno all'attacco: «Mancano 7 miliardi»

Pnrr, la ripartizione non convince i governatori del Sud che vanno all'attacco: «Mancano 7 miliardi»
Pnrr, la ripartizione non convince i governatori del Sud che vanno all'attacco: «Mancano 7 miliardi»
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 9 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:36

La polemica è stata lanciata a margine dell’informativa del Mims - il Ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili - capeggiata dai presidenti di Campania e Puglia, De Luca ed Emiliano. Sintetizzabile così: al Sud mancano 7 miliardi dal Pnrr rispetto al 40% delle risorse destinate al Mezzogiorno. Ancora più semplice: spetterebbero 89 miliardi e non 82.

Un fronte che non riguarda i fondi sulle infrastrutture, sia chiaro ma altre missioni - come per esempio la rivoluzione digitale - al di sotto della percentuale stabilita. Dubbi sulla ripartizione che sono stati rintuzzati dalla ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna che ha lanciato un messaggio nella bottiglia: «Credo che dovremmo preoccuparci di come spendere queste risorse e soprattutto di spenderle bene e nei tempi prestabiliti».

La ripartizione della discordia

Premessa doverosa per evitare equivoci. Il fronte aperto dalle regioni del Sud non riguarda le infrastrutture. I soldi in questo caso ci sono e la dimostrazione sono i progetti finanziati anche in Puglia ultimamente per rigenerazione urbana ed edilizia pubblica residenziale. È bene ricordare, allora, che il Pnrr si suddivide in 6 missioni: Digitalizzazione, Rivoluzione verde, Infrastrutture, Istruzione, Lavoro e Salute. Prima contestazione sollevata: il 40% viene calcolato su 206 miliardi «ripartibili secondo il criterio del territorio» anziché su 222 miliardi, frutto della somma tra Pnrr e piano complementare con fondi nazionali.

Calcoli alla mano, ecco quindi da dove emergono quei 7 miliardi di cui lamentano la mancanza le regioni meridionali.

Seconda obiezione: per il Sud solo due missioni rispettano il criterio del 40%: Infrastrutture (53%) e Istruzione (46%) che sono oltre quel target. Lavoro è al 39% mentre le altre tre sono al di sotto. In media si raggiunge il 40% ma alcuni asset risulterebbero troppo sacrificati.

Il sostegno dei sindaci

A dare manforte e a cavalcare il fronte dei governatori, è il coordinamento dei primi cittadini. Ossia la rete di oltre cinquecento sindaci che più volte ha manifestato contro la distribuzione dei fondi. «Come temevamo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo rischia di diventare la grande occasione mancata per il Sud, per questo sosteniamo la battaglia di Michele Emiliano, Vincenzo De Luca e degli altri governatori del Meridione perché siano rispettati almeno gli accordi sottoscritti a Roma con Ursula Von Der Leyer che prevedono il 40% al Sud».

«Soprattutto - conclude la rete di sindaci - gli amministratori chiedono che i Comuni vengano messi realmente in condizione di intercettare i fondi che saranno messi a bando, scongiurando il rischio di una forte penalizzazione che colpisca proprio i municipi meridionali, spesso in difficoltà nel reperire i fondi per i cofinanziamenti e per le progettazioni esecutive».

Carfagna: pensare a spendere bene i soldi

Un duplice schieramento che la ministra Carfagna ha cercato di smontare ieri a muso duro: «Negli atti ufficiali del Governo validati dalla Commissione europea è scritto quello che ho ribadito infinite volte. Basterebbe non dico ascoltare ma quanto meno leggere le carte. In quelle carte c’è scritto che il 40% del Pnrr viene calcolato sulla quota territorializzabile delle risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza e il 40% delle risorse territorializzabili corrisponde a 82 miliardi. Quindi è la scoperta dell’acqua calda, è una cosa che noi diciamo ormai da tanti mesi: è del tutto infondato sostenere che manchi qualcosa».

Entrando infine a gamba tesa su un problema atavico del Mezzogiorno: «Il problema non sono tanto le risorse che oggi ci sono - ha aggiunto Carfagna - gli 82 miliardi si sommano agli 84 miliardi circa di fondi strutturali europei a 73 miliardi del fondo nazionale di sviluppo e coesione ai 13 miliardi e mezzo del programma europeo React Eu. In questa stagione le risorse ci sono. Credo che dovremmo preoccuparci di come spendere queste risorse e soprattutto di spenderle bene e nei tempi prestabiliti, perché se non lo facciamo le perdiamo e consentiamo che il Paese sprechi un’occasione unica irripetibile di crescita e di sviluppo».

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