Pnrr, il Sud da tutelare e la richiesta di Svimez: «Serve maggiore coordinamento»

Pnrr, il Sud da tutelare e la richiesta di Svimez: «Serve maggiore coordinamento»
di Massimiliano IAIA
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Martedì 28 Settembre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:54

Bene l’intenzione di ridurre il gap infrastrutturale tra Nord e Sud, ma se le risorse a disposizione saranno gestite attraverso lo strumento dell’autonomia differenziata e non con una gestione coordinata, sarà difficile limitare davvero il divario tra le due aree del Paese. È, in sintesi, la posizione espressa da Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, attraverso le parole del suo presidente Adriano Giannola, durante le audizioni di ieri alla Camera sugli investimenti infrastrutturali da compiere con le risorse del Pnrr.

IL FONDO DI PEREQUAZIONE
Giannola parte appunto dal prendere in esame il fondo di perequazione (4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033) istituito “per i territori con minore capacità fiscale per abitante”, un fondo che secondo quanto disposto per legge è senza vincoli di destinazione. «Il fondo – premette Giannola - attende ancora di essere attivato, motivo per cui prevale tuttora il criterio della spesa storica nella ripartizione delle risorse erariali”. Ma pur apprezzando la natura perequativa del Fondo, Giannola sottolinea «i rischi di un intervento che rischia di rimanere eterogeneo rispetto alla strategia che emerge in attuazione del Pnrr».È fondamentale, in sostanza, che la Segreteria tecnica della Cabina di Regia del Pnrr si coordini con il ministero delle Infrastrutture.
Il ragionamento di Giannola è, nel suo stile, misurato nei toni e netto nei contenuti. «L’articolo 22 della Calderoli in tema di Perequazione infrastrutturale - spiega l’economista - seguiva un metodo quanto mai opportuno per sanare gli squilibri tra territori in termini di dotazioni infrastrutturali e accesso ai servizi: partire dalla rilevazione dei deficit, definire i fabbisogni per poi individuare le priorità degli interventi nei diversi territori e distribuire di conseguenza le risorse per finanziare le opere. Quel metodo - sottolinea Giannola - viene ora solo formalmente confermato prevedendo un’attività di ricognizione da parte del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili delle infrastrutture statali (sanitarie, assistenziali, scolastiche, stradali e autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e idriche), mentre per altre infrastrutture la ricognizione verrà eseguita dagli enti territoriali e dagli altri soggetti pubblici e privati competenti.

Solo formalmente, perché nella sostanza a “mordere” è un tetto di spesa» fissato prima «che limita fortemente l’azione di perequazione territoriale che si vorrebbe favorire».

I RISCHI
Insomma, da un lato si vogliono dare al Sud risorse significative per ridurre il divario infrastrutturale con il Nord, dall’altro si vuole mantenere in piedi una regia che passi per l’autonomia differenziata, e che di fatto rischia di limitare la capacità di spesa, e quindi di raggiungere l’obiettivo di limitare il gap con il Settentrione.

Secondo Svimez «occorre evitare il rischio che la previsione del fondo per la perequazione infrastrutturale, per le regioni del Sud ma non solo, agevoli la ripresa del percorso delle intese sull’autonomia tra Stato e alcune regioni del Nord; il tutto prima della imprescindibile definizione dei livelli essenziali delle prestazioni».
«La vera partita - prosegue Giannola - rimane quella dell’allocazione territoriale delle ben più ingenti risorse disponibili per investimenti infrastrutturali disponibili nel Pnrr. Allocazione che non può prescindere dall’obiettivo, esplicito nel Piano europeo, di ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi di cittadinanza, sui quali significativamente impattano i divari infrastrutturali», aggiunge il presidente della Svimez. «Alla perequazione in generale ed a quella infrastrutturale in particolare dovrebbe applicarsi una sempre più necessaria e oggi possibile gestione coordinata della politica ordinaria e dell’intervento straordinario rappresentato dal Pnrr e dal fondo complementare. Una strategia che affronti con gradualismo ma esplicitamente il tema della liquidazione del criterio della spesa storica».

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