Pino Gesmundo (Cgil Puglia): «Ripresa occupazionale? Insignificante. I politici non hanno una visione». L'intervista

Pino Gesmundo (Cgil Puglia): «Ripresa occupazionale? Insignificante. I politici non hanno una visione». L'intervista
di Paola ANCORA
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Domenica 30 Aprile 2023, 15:56 - Ultimo aggiornamento: 16:08

«Metteremo la Costituzione al centro di questo Primo Maggio. Dobbiamo ripartire dalla centralità che il lavoro assume nella nostra Carta» dice Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil pugliese.

La Puglia è la prima regione del Mezzogiorno per aumento del numero di occupati nel 2022, la quarta in Italia. È soddisfatto o si tratta di una vittoria di Pirro? Istat ci dice che una percentuale elevatissima di lavoratori ha ancora contratti precari.

«È un aumento dell'occupazione seguito alla pandemia, che ha inciso fortemente sul mercato del lavoro. Ed è un'occupazione precaria pur in una fase di grandi investimenti. La ripresa registrata fin qui è insignificante e il leggero aumento del Pil che c'è stato ha avvantaggiato solo i profitti. Al Sud donne e giovani faticano a trovare un impiego. Il problema vero da affrontare è cambiare le politiche economiche e di sviluppo per creare un lavoro sano, capace di assorbire le professionalità che abbiamo. Al Sud e in Puglia i lavoratori sono sovraistruiti, il tessuto produttivo chiede lavoratori di bassa qualifica.

E stiamo ancora a ragionare sul fatto che non ci sia una visione condivisa dello sviluppo del territorio».

A chi pensa quando fa questa critica?

«Al mondo dell'impresa e alla politica. Cosa vogliamo fare del territorio? Da troppo tempo mancano vere politiche industriali nazionali. Gli investimenti avvengono grazie alle intuizioni di capitali privati, che non scelgono cosa fare in base alle vocazioni territoriali. Il pubblico interviene "a rimorchio" con agevolazioni fiscali e finanziarie - si pensi alla Zes - che sono risorse sottratte di fatto alla contribuzione generale. Così finiamo per avere le pale eoliche al largo di Otranto: all'impresa non interessa che quella sia un'area turistica, ma al pubblico dovrebbe interessare. La Puglia diverrebbe ugualmente un hub energetico, ma con una pianificazione accurata. Lo stesso vale per Ilva, che potrebbe produrre acciaio pulito cambiando il paradigma dell'industria pesante. Anche a livello regionale la politica arranca: non ci sono luoghi di condivisione».

Cosa intende?

«Arpal è ormai diventata inutile. Così viviamo il paradosso di avere da un lato oltre 40 tavoli di crisi con 3.000 esuberi e, dall'altro, milioni di investimenti Pia (Programmi integrati di agevolazione, ndr) fatti dalla Regione e per i quali c'è bisogno di personale da assumere che non si riesce a trovare. È una follia. Abbiamo chiesto alla Regione un luogo dove risolvere questo problema e di investire su un programma di formazione adeguato. Non possiamo sfornare solo pizzaioli e camerieri. Servono informatici. E se non ci si muove ora, con le risorse del Pnrr da investire, il Mezzogiorno e la Puglia saranno tagliati fuori dal Paese».

La Puglia è la terza regione in Italia per morti sul lavoro (dati Inail). Si verificano mediamente 80 infortuni al giorno: solo a gennaio ne sono stati denunciati 1.776. E l'anno scorso le vittime sono state 51. La sicurezza resta un miraggio per incultura o per dolo?

«È un problema culturale. Le imprese continuano a considerare gli investimenti in sicurezza uno spreco. Poi va detto che al Sud nessuno denuncia condizioni di lavoro che mettono a rischio l'integrità psico-fisica dei lavoratori perché moltissimi sono i precari. Oltre l'80%. E le istituzioni controllano? Le sanzioni, spesso, arrivano dopo gli infortuni o perché intervengono le forze dell'ordine, come nei casi di caporalato. Lo Spesal ha come obiettivo ispezionare il 5% delle aziende sul territorio. Di queste, il 74% è stato sanzionato. Sono numeri enormi. Al centro delle politiche di sviluppo deve esserci il lavoro e politiche salariali adeguate: oggi, anche se lavori, sei povero».

Proprio domani, Primo Maggio, il governo varerà il decreto Lavoro. Prevede, fra le altre cose, un taglio al cuneo fiscale contributivo di quattro punti per appesantire le buste paga dei lavoratori. Cosa ne pensa?

«È una mancia. Eliminano il Reddito di cittadinanza e continuano a sbagliare. Sono davvero preoccupato».

La Fondazione Di Vittorio ha stimato che tra 20 anni la popolazione in età lavorativa calerà di 6,8 milioni. In Puglia ne mancheranno 200mila. Come si inverte la rotta?

«I nostri politici ragionano di elezione in elezione, ma dovrebbero capire che l'arrivo dei migranti è una opportunità, non un tentativo di "sostituzione etnica". I figli non si fanno perché non ci sono salari dignitosi e lavoro stabile. Inutile guardare a vent'anni: è drammatica già ora la situazione di aree interne come il Sud Salento o il Sub Appennino dauno. Sono rimasti solo gli anziani e l'unico problema è procurare loro una badante a nero, spesso fornita da un caporale».

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