Patto per la Puglia, Divella: «Basta liti fra Fitto ed Emiliano, pensino al bene delle imprese»

Vincenzo Divella
Vincenzo Divella
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 05:00

Cavalier Vincenzo Divella, lei è a capo di una delle più grandi aziende della pasta d’Italia e al Sud. Ma è stato anche presidente della Provincia di Bari e ben conosce gli equilibri delicati della politica e delle istituzioni. Da Brindisi, lunedì scorso, Confindustria ha proposto un “Patto per la Puglia” indirizzato allo sviluppo e a un lavoro istituzionale sinergico per spendere al meglio i fondi europei e del Pnrr. Lo ha fatto davanti al presidente della Regione Michele Emiliano e al ministro Raffaele Fitto, fra i quali non corre buon sangue. Cosa pensa del Patto e della sua fattibilità?
«Il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, oltre che essere un ottimo presidente – e lo dice chi lo è stato prima di lui – è anche abbastanza furbo. Ha capito che in quel momento, in quella situazione al cinema Impero, proporre un’alleanza era l’unica cosa da fare. Non riesco a capire perché, se il presidente Emiliano chiede – credo giustamente – che i Fondi per la coesione siano stanziati nel più breve tempo possibile, il ministro risponde che lui va d’accordo con tutte le Regioni. Significa evidentemente che non va d’accordo con la Regione Puglia. Per questo Fontana ha fatto da punto di equilibrio fra i due belligeranti».

Insomma si aspettava maggior dialogo dalle due figure istituzionali?
«Trovo ingiusto che due pugliesi stiano a fare scaramucce che possono essere nocive in modo tremendo per lo sviluppo delle imprese e per la Puglia.

Se questi Fondi non arrivano si bloccano gli investimenti e mi pare assurdo. Tanto più che ci stiamo ancora misurando con il perdurare della crisi e con un aumento dei tassi d’interesse fuori da ogni logica. Non si comprende perché, se i tassi sono aumentati allo scopo di far diminuire l’inflazione, che resta comunque alta, non si cambi strada. Evidentemente non è quella giusta. Fontana rappresenta tutte le imprese pugliesi e sa di cosa parla. Mi auguro che tanto Emiliano che Fitto vogliano fare proprio il messaggio lanciato da Confindustria. Bisogna dimenticare il passato e le vecchie contese, stringendosi la mano per aiutare le imprese».

Un tessuto in sofferenza, ma che ha resistito all’onda d’urto della pandemia e della guerra, stando ai dati diffusi in questi mesi da Bankitalia e dai vari centri studi. Cosa ritiene serva adesso alle imprese pugliesi?
«Abbiamo un tessuto imprenditoriale ricco e gradito fuori dai nostri confini: si preferisce lavorare con la Puglia che non altrove. Il turismo va alla grande, anche se forse la Regione dovrebbe sponsorizzare di più le masserie e tutto quanto orbita attorno al turismo più ricco, investendo sulle nostre peculiarità. Le faccio un esempio».

Prego.
«Sul pacco della nostra pasta abbiamo inserito un piccolo trullo e ci scrivono dal Giappone per sapere cos’è, attirati poi qui per visitare Alberobello. Serve un marketing più attrattivo. E poi siamo i primi nella produzione del grano, dell’olio, del pomodoro: le piccole imprese hanno bisogno di aiuto. Quelle grandi, come la mia, ormai fanno da sé, ma bisogna sostenere le più piccole senza chiedere loro di pagare tassi d’interesse sui prestiti al 4%». 

Torniamo ai fondi europei. Per cosa dovrebbero essere sfruttati meglio, secondo Vincenzo Divella? 
«Proprio per il turismo e l’agricoltura. Per carità, qui in Puglia ci sono anche grandi imprese del settore aerospaziale o meccanico, ma il core business della regione è un altro. Dobbiamo allargare la forbice del turismo, che è una fonte di ricchezza, anche cercando di costruire una diversa cultura d’impresa. Tre anni fa mi successe di andare da un salumiere amico mio a Polignano e gli dissi, con fare ironico: “Quanti soldi stai facendo con tutti questi turisti, eh?”. Lui mi rispose che sperava se ne andassero via presto perché lavorava troppo. Ecco, bisogna lanciare un messaggio diverso, dando fiducia a quanti qui investono e credono nell’innovazione come i fratelli Lapietra di Monopoli, che sfruttano l’agricoltura idroponica per produrre pomodori».

Lei chiede di scommettere sul turismo, ma mancano le infrastrutture: strade e ferrovie, porti e aeroporti efficienti e serviti. Un gap che penalizza la regione, non trova?
«Questo è certamente un punto debole e non solo per il turismo, ma anche per noi che trasportiamo merci nel Settentrione o in Europa su gomma. Per trasferire i prodotti da Bari a Milano paghiamo costi aggiuntivi per 3,5 euro a quintale; poi, una volta arrivati a Milano, competiamo “ad armi pari”. Qui non c’è l’Alta velocità e non credo, sinceramente, verrà realizzata: le imprese si misurano ogni giorno con queste mancanze, cercando di compensare in altro modo i maggiori costi legati ai trasporti. Eppure, tanti turisti vengono e sono felici. Significa che abbiamo un talento e che va coltivato».

Se si trovasse davanti ai due “belligeranti”, come li ha definiti, cosa vorrebbe dire loro?
«Meglio non trovarmeli di fronte. Ma direi loro: siate orgogliosi di essere pugliesi e fate in modo, stringendovi la mano, di far arrivare i Fondi che ci spettano il prima possibile, per dare ossigeno alle imprese. Le diatribe fra Fitto ed Emiliano le ricordo benissimo, ma se facessero squadra ne trarremmo tutti giovamento. Basta liti, la Puglia viene prima».

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