Caos ordinanze, l'unica cura possibile è il buonsenso

Caos ordinanze, l'unica cura possibile è il buonsenso
di Renato MORO
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Giovedì 14 Maggio 2020, 11:33 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 08:56
Chi avrebbe mai detto che il gestore dell'ultimo dei lidi, quello più sgangherato e sfigato, si sarebbe trovato un giorno nelle stesse acque di Flavio Briatore e del suo Twiga? Ci voleva un virus democratico, tanto democratico da mandare in ospedale capi di Stato, capi di partito, capi di cordata e capi di nulla. È così che quest'estate né il lido d'oro di Marina di Pietrasanta né il lido sgangherato potranno far ballare la bachata in spiaggia.
Vietato. Come vietate saranno tante altre cose. Per le spiagge, per i bar, i ristoranti e qualsiasi altro locale. Con i divieti di cui si è scritto e parlato in questi giorni, nell'attesa di conoscere per davvero le regole, si potrebbe riempire un'enciclopedia. Soffiate, anticipazioni, documenti già disponibili come le linee guida dettate da Inail e Istituto superiore della sanità, scoop e notizie false. C'è quanto basta (e avanza) per mandare nel caos settori come la ristorazione, il turismo e poi anche parrucchieri, barbieri ed estetiste.
I tempi del primo decreto, quello che con pochi concetti ci immerse tutti nel lockdown, sembrano ormai appartenere a un'altra epoca.

Ora è tutto tremendamente liquido, adattabile a ogni interpretazione e per questo incerto. A conferma che poi, in fondo, non è che tutto sia andato e stia andando così bene. 
In un territorio, il nostro, in cui la voce turismo e dintorni occupa un posto di primo piano sugli scenari economici è il caos che detta l’agenda quotidiana. La storiella dei quattro metri quadrati per cliente nei ristoranti da riaprire è diventata una barzelletta, grazie soprattutto alla pessima conoscenza della geometria immortalatasi in un grafico pubblicato da un giornale e ora onnipresente sui social. E il dibattito rischia di perdersi dietro la caccia al voto in pagella dell’autore, invece che focalizzarsi sulla realtà. Che è quasi drammatica: le linee guida dettate da Inail e Iss se saranno recepite in pieno impediranno la riapertura di almeno sei locali su dieci. Lecce, Taranto e Brindisi - ma anche e forse soprattutto Ostuni, Otranto, Gallipoli e Martina - hanno costruito le loro fortune turistiche non solo sulle bellezze del paesaggio e dei centri storici, ma anche su una miriade di locali che ogni estate costituisce una sorta di seconda casa per decine di migliaia di turisti e indigeni. Ora c’è il rischio di un colpo di spugna e, ciò che è peggio, ben pochi sembra stiano ascoltando il grido d’allarme che viene da proprietari e gestori.

Un esempio? Da lunedì potrebbe essere possibile riaprire, ma da Bari in giù (per restare in Puglia) nessuno sa se, quando, come e dove posizionare i tavolini in più che sono stati promessi. Il guaio, tremendamente serio, è che per ogni locale che non riaprirà ci saranno un imprenditore in crisi e almeno quattro o cinque lavoratori fermi.
Al di fuori di ogni ipocrisia, e a parte la piaga del lavoro nero (che pure c’è), sappiamo tutti come funziona con l’impiego stagionale: un contratto a tempo determinato per l’estate e poi l’indennità di disoccupazione che garantisce il sostentamento nei mesi seguenti. Succede così ogni anno per migliaia di giovani e meno giovani. Quest’anno non sarà possibile.

Stesso caos negli stabilimenti balneari. Nessuno sa bene ancora quali saranno le regole per la sistemazione degli ombrelloni. L’unica certezza è nel fatto che se i quattro metri e mezzo di distanza suggeriti dall’Inail dovranno essere applicati, in Puglia la metà dei lidi non aprirà. Quelle distanze vanno bene per la Romagna, per le spiagge venete e forse quelle romane. Da noi, dove la striscia di sabbia spesso è larga quanto la galleria di un centro commerciale, avranno l’effetto di una mannaia. Anche qui sono a rischio centinaia di posti di lavoro e anche qui, tanto per non smentirci, non v’é certezza di nulla. Ancor meno se dai lidi passiamo alle spiagge e alle scogliere libere. Per ora - e siamo a metà maggio - solo fantasticherie, progetti faraonici (chi compra i braccialetti?) e una paura che serpeggia tra i salentini: forse nell’estate del coronavirus le spiagge e le scogliere libere non saranno poi tanto libere. 

E i bar? Scenetta all’ingresso di uno dei tanti locali leccesi, ieri mattina. Domanda: “Da lunedì dovremo entrare con i guanti?”. Risposta: “Ancora non lo sappiamo”. Seconda domanda: “Ma torneremo a prendere il caffè al bancone?”: Risposta: “Non lo sappiamo. Abbiamo ricevuto un malloppo da quelli dell’accaciccipì, ma non c’è scritto nulla sul servizio al banco”. E allora? Allora avanti tutta con le incertezze e le anticipazioni che in quanto tali non si sa bene se siano vere o false. A chi prende il caffè importa poco; per chi ha investito e rischia di sedersi col sedere per terra è questione di vita o morte (dell’azienda).

Il caos, insomma. Che, nel rispetto di quanti hanno sofferto e ancora soffrono, un po’ fa piangere e un po’ fa ridere. E tanto pure. Che faremo? Andremo con lo stato di famiglia al ristorante per non sedere a un metro di distanza da moglie/marito e figli? Guarderemo storto il cameriere quando ci dirà che dobbiamo lasciare i nostri oggetti personali in una busta da ritirare all’uscita? Ma come, anche il cellulare? E se è stabilito che quattro metri quadrati non rappresentano un quadrato di quattro metri per lato (come da grafico incriminato), saremo attrezzati per non sorridere come ebeti quando il ristoratore ci racconterà che è riuscito a quadrare il cerchio sfruttando gli “effetti di bordo”? E cosa diremo al barbiere che prendendo la prenotazione ci raccomanderà di presentarci con la barba lavata? E al parrucchiere che dovrà ascoltare l’ultimo pettegolezzo guardando fisso lo specchio e non la cliente? Spelleremo vivo il bagnino che si rifiuterà di fare la respirazione bocca a bocca per rianimare il cugino di Sondrio inesperto nel nuoto? E poi, tanto per non farci mancare nulla, faremo domanda per emigrare in Australia quando al caos delle regole si aggiungerà il caos nel caos generato dalle autonome regole nelle regole che ogni governatore immancabilmente penserà di adottare per non sfigurare accanto a Giuseppi? C’è solo una medicina capace di azzerare questi fastidiosi effetti collaterali del virus: il buonsenso. Compriamola dai cinesi. 
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