Non solo il porto di Otranto: ricorsi e burocrazia bloccano le opere

Non solo il porto di Otranto: ricorsi e burocrazia bloccano le opere
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Domenica 29 Giugno 2014, 18:47
LECCE - Il mancato via libera al progetto per la realizzazione del nuovo porto turistico di Otranto - sul quale, dopo sette anni di stallo, sar chiamata a scrivere la parola fine la presidenza del Consiglio dei Ministri - solo la punta dell’iceberg di un sistema che, per una serie di ragioni, non riesce quasi mai a garantire l’inizio e, soprattutto, la fine delle opere cantierizzate. E chissà, pure, se cambierà qualcosa con il decreto “Sblocca Italia”, varato dal premier Renzi proprio con l’intento di far ripartire i lavori pubblici fermi da anni. Infrastrutture la cui la mancata realizzazione dipende, a volte, dal patto di stabilità, che blocca opere di ogni tipo e di differenti livelli di impegno tecnico e finanziario. Altre volte, invece, ci si scontra con l’incapacità progettuale degli enti locali e con la confusione istituzionale; o, peggio ancora, ci si trova di fronte alla guerra delle competenze e al gioco dei rimpalli. Il problema più diffuso sono, infatti, le competenze che si sovrappongono e entrano in conflitto tra un livello e l’altro, come è avvenuto per il porto di Otranto, dove gli uffici regionali hanno prodotto due orientamenti antitetici, bloccando di fatto il progetto.



In Puglia, nell’anagrafe territoriale, pubblicata a ottobre 2013, figurano quaranta opere rimaste in mezzo al guado della malaburocrazia, con una percentuale di lavori eseguiti che solo in un caso si avvicina al 100%: l’ampliamento della scuola media di Cellino San Marco, dove il 99,50% è già stato realizzato. Per il resto, basta scorrere l’anagrafe per rendersi conto che le prime sedici opere incompiute hanno una percentuale di lavori eseguiti che varia da 45,5% al 99% già citato. Le altre non superano il 39,39% con tre opere nemmeno iniziate: 0% dei lavori eseguiti a Castelluccio Valmaggiore (in provincia di Foggia) per il completamento di una casa di riposo, a Martina Franca (Taranto) per la viabilità di una zona 167 e a Lizzano (Taranto) per una scuola.

Nell’elenco delle incompiute c’è anche la costruzione del nuovo palazzo di città a Nardò, in provincia di Lecce, che costerà 8 milioni di euro, ma i lavori eseguiti ammontano solo al 6,86%; oppure per restare sempre a Nardò, il completamento del gerontocomio, dove i lavori eseguiti corrispondono al 39,9%. Tante, insomma, in tutta la regione, le opere bloccate: basta guardarsi attorno per riconoscere cantieri a cielo aperto lasciati a metà, o lavori che non hanno mai avuto inizio, spesso per ragioni economiche, o a causa della complessa normativa sugli appalti, talvolta anche per l’opposizione di movimenti sociali o ambientali che li ostacolano.



Undici, invece, le infrastrutture che compaiono nell’elenco nazionale delle incompiute, tra queste la statale 275 Maglie-Santa Maria di Leuca, l’eterna incompiuta del territorio. I finanziamenti sono essenzialmente pubblici, 135 milioni di euro, cui vanno ad aggiungersi 152 milioni provenienti dall’Unione Europea. I lavori, bloccati per anni a causa dei numerosi contenziosi, dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) partire presto. Anche la Regionale 8 (53 milioni di euro di investimento) che dovrà collegare Lecce a San Foca, passando per Vernole, è partita, dopo essere stata bloccata a causa di ricorsi. Ancora, l’hub portuale di Taranto, (costo oltre 219 milioni di euro); il nodo di Bari-Ferrovie del Sud Est elettrificazione della tratta Martina Franca–Taranto, ed altre nella zona tra Bari e Foggia.

L’Hub di Taranto, classificato come “Core Network”, è un cruciale nodo logistico, quindi consentirà il potenziamento infrastrutturale dell’intero impianto portuale, con ripercussioni nei processi di sviluppo, non solo economici, che andranno oltre il territorio jonico–salentino. In particolare, la realizzazione nel porto di un terminal ferroviario, direttamente collegato con la rete ferroviaria nazionale, permetterà di sviluppare un incremento del traffico di merci e manufatti trasportati su navi cargo e rivolto all’Europa dell’Est e al Mar Nero. Il Porto di Taranto sarà l’unico nel Mediterraneo a poter ospitare le navi container di ultima generazione e quindi a essere crocevia del traffico internazionale, ma intanto due mesi fa è stata avviata la procedura di valutazione d’impatto ambientale, per la quale si è al momento nella fase di verifica amministrativa.
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