Quanto è infettivo un contagiato Covid? Lo misura una tecnica sviluppata dall'Ibiom di Bari

Quanto è infettivo un contagiato Covid? Lo misura una tecnica sviluppata dall'Ibiom di Bari
di Maria Claudia MINERVA
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Mercoledì 6 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 23:25

Quanto è infettivo un individuo contagiato da Covid-19? Lo misura una tecnica “Made in Puglia”. Si tratta, infatti, di uno studio condotto dal Cnr-Ibiom di Bari insieme all’Università di Bari e all’Università Statale di Milano, con il supporto della piattaforma bioinformatica e genomica di Elixir Italia, che ha sviluppato una metodologia che consente di verificare il grado di infettività di una persona affetta da coronavirus, discriminando tra il genoma a “Rna” del virus e le molecole derivanti dalla sua trascrizione. Il lavoro è stato anche pubblicato sulla prestigiosa rivista Communications Biology.
Un team dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibiom) di Bari, dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata e del Laboratorio Covid dell’Ospedale “Di Venere” di Bari, con il supporto della piattaforma genomica e bioinformatica messa a disposizione dal nodo italiano dell’Infrastruttura di ricerca europea Elixir per le scienze della vita, ha effettuato uno studio su 166 soggetti affetti da Covid-19 con differente grado di carica virale nel quale è stata messa a punto una metodologia per determinare il numero assoluto di molecole di Rna virale contenute nei tamponi molecolari utilizzati per individuare la positività al virus. La ricerca pubblicata su Communications Biology permette di individuare il grado di infettività di persona affetta da Covid-19. 

Lo studio

Ma qual è il principio che sta alla base della ricerca? «Capiamo che una persona è infetta oppure non ha il Covid attraverso il tampone molecolare che mostra se c’è una traccia del materiale genetico del virus. Il virus nella sua cellula ha il suo genoma, la molecola lunga di Rna di 30mila nucletoridi, corrispondente al genoma completo, ma allo stesso tempo deve anche guidare la costruzione di particelle virali che si devono moltiplicare, per fare questo il virus ricopia dei pezzettini del suo genoma, che si chiamano Rna messaggeri, che a loro volta vengono usati per sintetizzare le proteine che poi costituiscono la particella virale - spiega il professor Graziano Pesole del Cnr-Ibiom di Bari -.

Quindi, il virus si moltiplica solo se ci sono gli Rna messaggeri, e in questo caso il soggetto è più infettivo. Queste Rna che guidano la costruzione delle particelle virali sono definite sub-genomi, che hanno una caratteristica, sono discontinue, cioè hanno un pezzo dell’inizio del genoma virale e poi un pezzo a valle. Con questa tecnica particolare, noi siamo in grado di differenziare il materiale genetico virale del genoma dai sub-genomi discontinui, che sono responsabili del processo di infezione inteso come riproduzione di moltissime particelle virali. Queste molecole costituiscono dunque un indice dell’attività di replicazione virale e, indirettamente, del grado di infettività di un soggetto affetto da Covid-19». 

La tecnica

La nuova metodologia si basa sull’utilizzo della tecnica della “droplet digital Pcr” e consente di conteggiare separatamente il numero di molecole di Rna genomiche e subgenomiche. «I test molecolari standard attualmente utilizzati, basati invece sulla tecnica della “real time Pcr”, non sono in grado di discriminare tra i due tipi di Rna virali -, spiega ancora il professor Pesole - . Dal momento che le molecole subgenomiche sono marcatori di un processo infettivo in corso, nel quale si ha proliferazione di nuove particelle virali, approcci basati su questo principio potranno essere applicati in futuro per determinare il grado di infettività di una persona, anche nel corso del tempo». I risultati presentati contribuiscono a comprendere meglio la dinamica dell’espressione di Covid in diverse condizioni e a mettere a punto strategie diagnostiche innovative per fronteggiare la pandemia da coronavirus. Il test potrebbe essere usato anche nel caso in cui il tampone è ambiguo, cioè non dà la certezza di negatività di un soggetto. 

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