Il racconto di Nina: «Tre figlie nei bunker di Odessa: per giorni senza cibo»

Il racconto di Nina: «Tre figlie nei bunker di Odessa: per giorni senza cibo»
di Paola ANCORA
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Martedì 1 Marzo 2022, 07:22 - Ultimo aggiornamento: 12:36

Nina Koverznieva compirà 67 anni questo mese di marzo. Rientrando dal lavoro, mentre è intenta a sistemare in casa i sacchetti della spesa, ci racconta che per il suo compleanno due sono i regali che vorrebbe: la fine della guerra fra Russia e Ucraina e la certezza che le sue figlie e i suoi nipoti siano sani e salvi al termine del conflitto.
«Non vogliono venire qui in Italia, hanno paura di morire per strada, sotto i bombardamenti» spiega nel suo italiano imparato fra il tinello e la cucina delle case delle famiglie pugliesi che ha abitato negli ultimi 15 anni, trascorsi fra Taranto e Lecce a prendersi cura dei nonni degli altri - lei che è diplomata ragioniera - per aiutare la sua famiglia rimasta in Ucraina.
Nel frattempo quella famiglia si è allargata, le sue tre figlie si sono sposate e le hanno dato sei nipoti: sono tutti là, nelle città assediate dai tank di Vladimir Putin.

Nina ha chiesto alla sua famiglia di raggiungerla in Italia? Ci avete pensato?
«L'ho chiesto loro più e più volte, ma hanno paura di allontanarsi da casa e dai bunker dove hanno trascorso questi giorni. Temono di morire per strada: i russi bombardano ovunque, colpiscono anche i civili. Si vive nella paura».
Dove si trovano le sue figlie?
«Due vivono a Odessa, sul Mar Nero; la terza è a Kiev con la figlia di 12 anni, la più piccola dei miei nipoti».
È riuscita a parlare con loro?
«Le sento tutti i giorni, cinque o sei volte al giorno. La Russia sta distruggendo tutto, le nostre case, il nostro futuro. Speriamo tutti in un accordo. Da quando le delegazioni dei due Paesi sono sedute al tavolo della trattativa i miei cari sono riusciti a dormire in casa, hanno passato una giornata tranquilla dopo giorni di terrore».
I suoi generi sono stati chiamati alle armi?
«Si sono offerti volontari. I mariti di due delle mie tre figlie sono a combattere. Quella è la nostra terra, la nostra casa, la nostra storia. L'Ucraina non è né può diventare una colonia della Russia, che è interessata solo alle nostre risorse, al grano, ai minerali, al gas».
Dove si rifugiano i suoi familiari quando dal cielo piovono missili e bombe?
«Nei bunker vicino casa e nelle fermate della metropolitana, nei garage sotterranei, dove nascono anche i bambini. Come si può accettare che si lascino partorire le donne sotto terra? E che missili e bombe uccidano dei bambini? Perché è quello che sta accadendo».
Ha mandato loro qualcosa, qualche aiuto?
«I miei cari non hanno mangiato per giorni, mentre le sirene continuavano a suonare l'allarme. Scuole e negozi sono chiusi, i supermercati vuoti: mia figlia minore, che vive a Kiev, non ha trovato nemmeno il sale. Ho cercato di capire come inviare soldi e cibo, ma non è stato possibile. Non c'è modo: dovrebbero riuscire a raggiungere la frontiera con la Romania o con la Polonia, ma come dicevo è molto rischioso avventurarsi per strada. Hanno troppa paura».
Che lavoro fanno le sue figlie in Ucraina?
«Facevano vorrà dire, prima che cominciasse la guerra. Una è fioraia, l'altra cuoca e la terza è manager in un supermercato. Adesso sono tutte a casa. Serve una via d'uscita. Poi saremo chiamati a ricostruire tutto quanto la Russia sta distruggendo. L'Ucraina è il mio Paese: Putin non può averla vinta».
 

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