Coronavirus, in Puglia 522 morti dall'inizio della pandemia: è la peggiore al Sud

Coronavirus, in Puglia 522 morti dall'inizio della pandemia: è la peggiore al Sud
di Vincenzo DAMIANI
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Domenica 7 Giugno 2020, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 23:05

Ieri in Puglia c'è stato solo un decesso imputabile al Covid-19, complessivamente le persone che hanno perso la vita da marzo, dopo aver contratto il virus arrivato dalla Cina, sono 522. Il dato, in termini assoluti, risulta essere il più alto del Mezzogiorno d'Italia: in Campania le vittime del coronavirus sono 426, nonostante i casi di contagio siano superiori a quelli pugliesi (4.822 contro 4.511); in Sicilia 276 con 3.450 contagiati; in Calabria 97 con 1.159 casi; in Molise 23 decessi e 436 contagi; in Basilicata 27 morti e 300 casi. Questo emerge analizzando il bollettino della Protezione civile, ma anche il secondo rapporto firmato da Istat e Istituto superiore della sanità (Iss) evidenzia dati sulla mortalità da Covid-19 peggiori in Puglia rispetto al resto del Sud.

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Nel primo bimestre 2020, in Puglia c'è stato un calo di decessi, rispetto alla media 2015-2019, del 4,8%. A marzo e aprile, invece, le morti sono aumentate, rispettivamente, del 10,5% e dell'11,9%. Nei primi quattro mesi del 2020 i decessi in Puglia sono stati 14.003, contro una media ponderata di 13.640 nel periodo 2015-2019. I decessi Covid nel primo quadrimestre sono stati 399, un tasso di mortalità standardizzato per 100mila abitanti del 9,3%, il più alto al Sud. In Campania, ad esempio, il tasso di mortalità standardizzato si è fermato a 6.4%, in Basilicata al 2,6%, in Sicilia al 4,2%, in Molise al 4,4%, in Calabria al 4,3%. Cosa è accaduto? Difficile dare una spiegazione, quello che emerge dal bollettino della Regione Puglia è che, a ieri, il tasso di letalità è pari all'11,6%, con picchi ovviamente nelle fasce di età più anziane: 40,4% di letalità tra gli over 90enni; 37,7% nella fascia 80-89 anni; 26,6% tra 70 e 79 anni; 8% tra i 60 e 69 anni; 3% tra 50 e 59 anni; 1,4% tra 40 e 49 anni; 1% tra 30 e 39 anni. Dei 522 decessi, circa la metà è avvenuta in ospedale.



Analizzando i dati ministero-Iss per provincia il risultato non cambia: al Sud quelle pugliesi sono quasi tutte tra le prime, fanno eccezione Lecce e Taranto. Nel report vengono prese in considerazione tre aree: quelle a diffusione alta che hanno un tasso di mortalità pari a 84,1 decessi ogni 100mila residenti, quelle a diffusione media 20,2 e quelle a diffusione bassa 5,7 decessi. A Brindisi il tasso è 11,6 con 58 decessi (al 25 maggio) e un picco ad aprile del 19% in più di decessi. Foggia sfiora la classe alta invece con 19,2 e un picco del 20% a marzo per un totale di morti pari a 125. Anche Bari, tra le città a bassa diffusione ha una percentuale alta di morte, con un picco del 13,9% ad aprile e un tasso di mortalità pari a 9,2 con 120 decessi.

Nella Bat il tasso è pari all'11,4%, con 40 morti e un picco del 18% a marzo. Tasso sotto la media a Taranto con 4,2 e 26 morti e Lecce con 37 decessi. E ancora: in provincia di Bari, tra gennaio e aprile, ci sono stati 4.206 decessi, contro i 4.090 dello stesso periodo tra il 2015 e il 2019; nel Foggiano nel primo quadrimestre 2020 i decessi sono stati 2.346, contro la media ponderata tra il 2015 e il 2019 di 2.229 morti; nel Brindisino 1.580 decessi nel 2020 contro i 1.500 del 2015-2019; nella Bat il confronto è di 948 contro 885; Taranto 2.073 contro 2.044. L'unica provincia nella quale i decessi nei primi quattro mesi del 2020 sono stati inferiori alla media ponderata del periodo tra 2015 e 2019 è quella di Lecce: 2.890 morti tra 2015 e 2019 e 2.850 nel primo quadrimestre del 2020.

Intanto, ieri è stata pubblicata la terza pagella dell'Istituto superiore della Sanità sull'andamento epidemiologico della pandemia e non vengono rilevate situazioni critiche in Italia anche se ci sono ancora focolai in varie aree del Paese. Nessuna regione ha un Rt, il fattore di replicazione del contagio, superiore a 1, quello pugliese è pari a 0,78, con una incidenza settimanale di nuovi contagi ogni 100mila abitanti pari a 0,87. Insomma, dati sotto il livello di allerta. Nel resto d'Italia situazione simile, anche se in Lombardia il numero dei casi resta sempre alto. «Al momento in Italia non vengono riportate situazioni critiche relative all'epidemia di Covid-19», si legge nel report settimanale. L'analisi si basa sui dati dei giorni compresi tra il 25 e il 31 maggio. Secondo gli esperti «verosimilmente molti casi notificati in questa settimana hanno contratto l'infezione 2-3 settimane prima, cioè durante la prima fase di riapertura tra il 4 e il 18 maggio». Il numero dei casi è in diminuzione, viene spiegato, e non ci sono segnali di sovraccarico del sistema sanitario. Inoltre i dati inviati dalle Regioni a Roma per il monitoraggio sono migliori, più dettagliati.

«Persiste in alcune realtà regionali un numero di nuovi casi segnalati ogni settimana elevato seppure in diminuzione.

Questo deve invitare alla cautela in quanto denota che in alcune parti del Paese la circolazione di Sars-CoV-2 è ancora rilevante». Riguardo ai focolai ancora attivi in quasi tutta la penisola, si riscontrano «in gran parte per l'intensa attività di screening e indagine dei casi con identificazione e monitoraggio dei contatti stretti». Il fenomeno comunque evidenzia come l'epidemia in Italia non sia conclusa».

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