Il ministro Franco all’incontro organizzato da Stefàno: «Pnrr sfida “inclusiva” per il Mezzogiorno. Ma ora crescita stabile»

Il ministro Franco all’incontro organizzato da Stefàno: «Pnrr sfida “inclusiva” per il Mezzogiorno. Ma ora crescita stabile»
Il ministro Franco all’incontro organizzato da Stefàno: «Pnrr sfida “inclusiva” per il Mezzogiorno. Ma ora crescita stabile»
di Matteo CAIONE
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Domenica 26 Settembre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:29

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza si regge su due gambe: le riforme e la crescita inclusiva. A cominciare proprio dal Mezzogiorno. Prima ancora che spendere e investire, la missione è cambiare il Paese e garantire una crescita inclusiva e duratura. È questo il terreno su cui l’Italia si gioca il suo destino. Il messaggio è stato scandito più volte nel corso del confronto che si è tenuto ieri mattina al Teatro Apollo di Lecce alla presenza del ministro dell’Economia, Daniele Franco. Il titolare del Mef dell’esecutivo Draghi ha partecipato alla prima delle tre giornate leccesi organizzate dal senatore Dario Stefàno, presidente della commissione Politiche europee di Palazzo Madama, per dialogare sui fondi del Next Generation e fare il punto sullo stato dell’arte del Pnrr. E l’incontro di ieri, dal titolo “Pnrr è bene Comune”, si è soffermato sulle modalità con cui le amministrazioni comunali potranno accedere alle risorse.

«Un disegno ambizioso»

Il ministro dell’Economia ha parlato di «un disegno ambizioso che ha come base la solidarietà». «Il Next generation nasce anche per la crescita inclusiva, che per il nostro Paese significa giovani, donne e Meridione. E questo spiega perché il piano italiano assorba quasi un quarto delle risorse complessive.

Il successo dell’esperimento italiano è fondamentale anche per l’Europa», ha detto il numero uno di via XX Settembre. L’Italia, «che è cresciuta poco per tanti anni», registrando una «crescita scarsa al Sud» è il «Paese che riceverà la parte più importante delle risorse».

«Da circa 40 anni - ha aggiunto Franco - il Pil pro capite è fermo. Il Pil pro-capite nel Mezzogiorno è inferiore del 60% rispetto a quello del Nord: questo è un gap enorme nella durata e nella dimensione che non ha equivalente in altri Paesi importanti europei». Ma l’analisi è giocoforza più ampia: «Il nostro problema è crescere stabilmente più di quanto siamo cresciuti in passato», «siamo usciti da circa un quarto di secolo di crescita molto modesta, inferiore a quella del resto dell’area dell’euro». Il ministro dell’Economia ha percorso la strada del realismo puntando molto sulla necessità di competenze qualificate anche nei Comuni: «Il Pnrr non è la bacchetta magica, non ha poteri salvifici. Serve uno sforzo organizzativo enorme delle pubbliche amministrazioni che hanno molte qualità, ma difficoltà a progettare e valutare i progetti. Bisogna essere consapevoli che in questo percorso da qui al 2026 gli ostacoli e le difficoltà saranno enormi. È soprattutto una sfida organizzativa».

Una sfida che passa dalla capacità di iniettare risorse e competenze soprattutto nei punti deboli del Paese, ovvero compiere un salto di qualità soprattutto nel Mezzogiorno. «Quest’anno - ha detto il ministro - l’Italia crescerà del 6% e il prossimo anno del 4%. Sono tassi di crescita elevati, anche più elevati di quelli che ci aspettavamo. Ma col Covid abbiamo perso nove punti di Pil. Quindi, a malapena compensiamo. Il vero banco di prova sarà la crescita del nostro Paese dopo questa fase di recupero. L’obiettivo è crescere stabilmente più di quanto siamo cresciuti in passato».

Al dibattito a più voci hanno preso la parola anche i tecnici del Pnrr. «La Commissione europea - ha sottolineato Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria dello Stato e coordinatore del Piano - si è detta preoccupata della scelta italiana di destinare il 40% delle risorse al Mezzogiorno, nell’ipotesi in cui non dovessero esserci progettualità adeguate agli obiettivi e realizzabili nei tempi indicati. Per noi però è una priorità e faremo di tutto per aiutare le amministrazioni a presentare progetti validi e per avere le condizioni per realizzarli nei tempi. Il Pnrr prevede l’attivazione di un concorso per mille esperti per la progettazione, da destinare proprio alle amministrazioni. Così come è prevista la possibilità che i Comuni assumano profili per la realizzazione dei progetti approvati. Il Pnrr non è un programma di spese, ma un programma di riforme, contano gli obiettivi e i risultati. Tre sono i vincoli: la transizione ecologica, ovvero i progetti non devono arrecare danno ambientale, la transizione digitale e poi il terzo punto che riguarda il superamento dei divari territoriali e la capacità di favorire la parità di genere e i giovani».

L’erogazione dei fondi per l’attuazione del Pnrr è vincolata al soddisfacimento nei prossimi cinque anni di 528 condizioni che il Governo italiano ha concordato con l’Unione Europea: si tratta di 214 “traguardi” (milestones) di natura qualitativa e di 314 “obiettivi” (targets) di natura quantitativa. Finora sono state attuate 13 delle 51 condizioni previste per la fine del 2021. «Fare presto e fare bene è la ratio che ispira il piano - ha evidenziato Chiara Goretti, coordinatrice della segreteria tecnica del Pnrr - ma non basta, poiché è impensabile che per stare nei tempi si presentino progetti non legati agli obiettivi. Si tratta di una governance complessa, ma deve cambiare il modo di programmare le politiche pubbliche e di realizzarle: è un altro mondo rispetto al passato. La Cabina di regia si occuperà del coordinamento, dell’indirizzo e dell’impulso ed, eventualmente, dell’attivazione di poteri sostitutivi. Occorre riflettere sui criteri di accesso ai bandi: per consentire agli enti di partecipare bene, per esempio, si potrebbe prevedere il piano di fattibilità prima del progetto vero e proprio». La partita vera si gioca al Sud. Anche per il Pnrr è una questione meridionale.

«Il Mezzogiorno - ha affermato il senatore Stefàno - è un tema da affrontare con una visione nuova, il Piano è occasione anche per questo. Ma ci sono dei diritti universali di cui lo Stato deve farsi carico: come il diritto alla mobilità, e dunque all’Alta velocità fino a Lecce, e alla salute. La pandemia ci ha dimostrato la necessità di una regia omogenea anche a costo di ricorrere ai poteri sostitutivi. Dobbiamo darci una visione di futuro. E il Pnrr è una grande occasione che non possiamo sciupare».

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