Una lunga notte di mediazioni, aggiustamenti e tentativi di bilanciare gli interessi in gioco. Poi all'alba di ieri la decisione: il premier Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm che prevede ulteriori misure restrittive anti-Covid. In testa, la chiusura alle 18 di tutti i ristoranti, i bar e le gelaterie. Stop anche a cinema, teatri, casinò, sale scommesse, palestre, piscine, centri benessere e centri termali. Sospese anche le feste dopo i matrimoni. Misure che entrano in vigore oggi e resteranno valide sino al 24 novembre. Ma i sindaci lanciano già l'allarme. «Abbiamo più paura del futuro che del virus. Nelle prossime settimane rischiamo di assistere a reazioni violente» commenta il primo cittadino di Bari e presidente nazionale di Anci Antonio Decaro.
Eppure con la curva dei contagi in costante aumento e con l'epidemia che avanza - solo ieri in Italia si sono registrati 21mila nuovi positivi e 128 morti, dei quali 515 contagiati e 7 morti in Puglia - per il Comitato tecnico scientifico e il governo il mini lockdown era inevitabile.
«L'obiettivo è chiaro, vogliamo tenere sotto controllo la curva epidemiologica perché solo così riusciremo a gestire la pandemia senza rimanerne sopraffatti. Ma questo significa offrire risposta efficiente e cure adeguate a tutti i cittadini e scongiurare lockdown generalizzato, il Paese non può più permetterselo» ha rimarcato il presidente del Consiglio. Al netto degli interessi economici, secondo il premier c'è a rischio anche e soprattutto la tenuta del sistema sanitario già in sofferenza. E gli allarmi che continuano a giungere al governo da parte dei medici di base e ospedalieri lo confermano. Così come, a subire una pressione non più sostenibile è il sistema del trasporto pubblico. In testa quello scolastico. Da qui la decisione di prevedere per gli istituti superiori percentuali di didattica a distanza tra il 75 e il 100%. Su questo fronte, però, ora la palla passa alle autonomie scolastiche. Saranno, infatti, i presidi a decidere la quota di Dad. Sconsigliati ma non vietati, infine, gli spostamenti tra regioni e sospese le feste dopo i matrimoni e le altre celebrazioni. «L'Italia è un grande Paese, l'abbiamo dimostrato la scorsa primavera, ce l'abbiamo fatta nella prima fase e ce la faremo anche adesso» ha spiegato infine Conte, sottolineando che il mini lockdown: «Serve per evitare di chiudere tutto per Natale».
A pensarla diversamente, però, sono i sindaci i quali temono che le nuove chiusure e restrizioni imposte finiscono per minare la tenuta sociale del Paese. E che episodi di violenza, scontri e proteste come quelli registrati nei giorni scorsi a Napoli e Roma finiscano per ripetersi su tutto il territorio nazionale. «Abbiamo più paura del futuro che del virus. Nelle prossime settimane rischiamo di assistere a reazioni violente - lancia l'allarme il sindaco di Bari e presidente nazionale di Anci Antonio Decaro -Temiano un ampliamento della frattura sociale di cui già si intravedono le prime avvisaglie. I sindaci ne tengono conto e faranno tutto quanto è possibile per mantenere unite le comunità e per spegnere possibili reazioni violente a una situazione tanto difficile».