Lo scontro sul lavoro, Bellanova: «Nessuna concessione alla precarietà. Così più tutele per tutti»

Lo scontro sul lavoro, Bellanova: «Nessuna concessione alla precarietà. Così più tutele per tutti»
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Martedì 30 Settembre 2014, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 10:06
Onorevole Teresa Bellanova, crede davvero che una revisione dell'articolo 18 possa aiutare la crescita o almeno una ripresa dell'occupazione?

«Non possiamo continuare a parlare dell’articolo 18 come se non fosse un istituto sostanzialmente modificato già dalla Legge Fornero, che io ho votato insieme al mio partito. Il Governo, è bene chiarirlo, non punta a un’ulteriore flessibilità del lavoro né di una maggiore precarizzazione, ma a un riordino della materia contrattuale. Soprattutto sta assumendo il mondo del lavoro nella sua interezza e dicendo che i lavoratori delle piccole imprese, ossatura fondamentale del nostro sistema, devono poter fare riferimento ad una rete di tutele, come i lavoratori che hanno forme di inquadramento flessibili, spesso ai limiti, rese possibili dalla legislazione vigente».



A quali contratti si riferisce?

«La replica dei contratti interinali è già fuori dall’art.18. Così la diluizione del periodo ponte o periodo di prova. Noi stiamo lavorando per regolamentarle e impedire che sia solo la discrezionalità o l’unilateralità a normarle. Chi afferma che il testo dilata la precarietà piuttosto che contenerla, sbaglia. Lo invito caldamente a leggere il testo depositato».



Il progetto Garanzia giovani è risultato sostanzialmente fallimentare o almeno incapace di segnare una inversione di tendenza. In base a quali indicatori è possibile pensare che la riforma dell'articolo 18 possa far crescere l'occupazione?

«Stiamo parlando di un testo di legge delega per la Riforma del Lavoro. Lo specifico, come altre questioni di uguale importanza, sarà oggetto dei Decreti attuativi, su cui siamo già impegnati. Nessuno pensa che l’occupazione riparta esclusivamente con la Riforma del Lavoro. Sono necessari gli investimenti, le politiche industriali europee, nazionali, regionali e il coraggio e la lungimiranza delle imprese. Sono necessarie politiche attive per il lavoro, quelle su cui stiamo cercando di spingere al massimo. Tengo a specificare che Garanzia Giovani non è il piano per il lavoro. Il Governo ha avocato a sé solo una piccolissima parte del Programma, la cui attuazione è interamente delegata alle Regioni. Abbiamo messo in moto un meccanismo virtuoso, aspettiamo i risultati».



La Legge delega sul lavoro, al di là dell'articolo 18, prevede anche sostegni per chi perde il lavoro. Nel mettere sui piatti della bilancia l'articolo 18 e nuovi ammortizzatori sociali per tutti, non solo per i dipendenti delle grandi aziende, qual è il piatto che vorrà far prevalere il governo?

«La parola d’ordine è: lavoro e tutele per tutti. Noi non togliamo agli uni per dare agli altri. Cerchiamo di riequilibrare e di considerare la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori dovunque siano: nelle piccole come nelle grandi imprese. E’ il principio ispiratore: dalla riforma degli ammortizzatori sociali allo sfoltimento e contenimento delle tipologie contrattuali, al contrasto alle dimissioni in bianco alla conciliazione. Il Governo analizzerà tutte le forme contrattuali esistenti, valutandone la coerenza con la qualità dell’occupazione e le esigenze della produzione. I modelli contrattuali sono essenzialmente quello a tempo determinato, quello a tempo indeterminato, quelli a tempo modulato, l’apprendistato, il lavoro accessorio, insomma, complessivamente parliamo di sei o sette modelli, non oltre».



E' necessario prevedere sgravi fiscali per le assunzioni al Sud o le regole devono valere per l'intero Paese?

«Intanto c’è l’allarme lavoro al Sud. Le percentuali di disoccupazione e inoccupazione sono devastanti, ed è evidente che stiamo parlando di una priorità del Paese. In ogni caso non si può più procedere a macchia di leopardo, mettendo pezze in continuazione dove gli strappi sono più evidenti. La fiscalità di vantaggio deve rientrare in una riflessione più organica e centrata sulla politica industriale che come governo, classi dirigenti, imprese, parti sociali, saremo in grado di mettere in campo».



La battaglia della minoranza del Pd è una battaglia ideologica? La politica non si fa con i se, ma se lei fosse rimasta nella Cgil con chi si sarebbe schierata in questa contrapposizione?

«Le minoranze hanno spesso il difficile compito di rappresentare le zone in ombra, di far emergere le parti destruens per così dire. E’ un ruolo vitale che permette, quando il confronto si fonda sul riconoscimento reciproco, di arrivare alle sintesi migliori. Mi auguro che nel mio partito riesca a prevalere questo principio e questo metodo. Nel sindacato, alla Camera e, adesso, nel Governo, io sono sempre stata dalla parte del lavoro, delle donne e degli uomini che lavorano, e dalla parte degli ultimi. Non cambio certo adesso».

O.Mart.