Il Governo Meloni avanza sull’autonomia differenziata. L’esecutivo in carica, come confermato da una nota di Palazzo Chigi diffusa durante l’incontro dei giorni scorsi fra la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Salvini e Tajani e gli altri ministri, intende tirare dritto sul percorso tecnico e politico di regionalizzazione proposto dal ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli e punta all’approvazione del disegno di legge nel prossimo Consiglio dei Ministri. Di pari passo cresce la preoccupazione, soprattutto tra Regioni del Sud, per un’Italia a due velocità. La proposta di riforma in tema di riconoscimento di maggiori forme di indipendenza alle Regioni a statuto ordinario, rimessa al centro del dibattito politico oltre 20 anni dopo la riforma titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, andrebbe infatti a premiare le ambizioni di autonomia gestionale e dei conti delle regioni del Nord, già palesate da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, pronte a fagocitare risorse e servizi, rispetto al Meridione che rischierebbe invece di uscirne fortemente penalizzato. In questo scenario, l’opposizione avanzata dai Governatori delle Regioni del Sud, in prim’ordine da Michele Emiliano per la Puglia e Vincenzo De Luca per la Campania, punta i piedi contro la riforma ritenuta “atto ostile” e lascia emergere i rischi di disgregazione che correrebbero i territori e le comunità «in assenza di una discussione per superare il divario tra Nord e Sud, stanziando le risorse finanziarie necessarie per riperequare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep)». Stesso rischio paventato anche per i livelli essenziali assistenziali (Lea), che riporta ad un altro tema dirimente quale la sanità.
Il sistema sanitario
In particolare il sistema sanitario della nostra regione con l’introduzione dell’autonomia differenziata rischierebbe di veder sfumare 2,4 miliardi di euro di finanziamenti statali, con ripercussioni sull’aumento del divario tra territori, che allo stato attuale ad esempio, a parità di popolazione vede la Puglia ricevere circa 200 milioni di euro in meno di contribuiti annui rispetto all’Emilia Romagna nonostante il fondo perequativo (strumento che mira a mitigare le diseguaglianze tra Regioni i cui abitanti presentano differenti capacità fiscale, al fine di garantire gli stessi standard di prestazione nell’erogazione dei servizi di competenza, nonostante gli squilibri economico-sociali). Fattori che andrebbero a ripercuotersi anche sugli organici dei medici, da tempo insufficienti negli ospedali pugliesi in crisi di personale, e sulle prestazioni mediche per i cittadini con il dilatarsi inevitabile nel tempo delle già lunghe liste d’attesa della sanità pubblica.
Proprio dal confronto tra Puglia ed Emilia Romagna, calcolato nel report 2022 dai rappresentanti pugliesi di “Azione”, emerge un giudizio negativo per la nostra regione, con un gran numero di prestazioni sanitarie ed esami diagnostici in ritardo nell’erogazione.
Ritardi e carenze per cui gli stessi consiglieri regionali di Azione, Fabiano Amati, Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, e il responsabile regionale sanità Alessandro Nestola, propongono una soluzione. «In Emilia Romagna è previsto da 10 anni ciò che chiediamo a gran voce con la nostra proposta di legge: l’azienda, in presenza di lunghi tempi di attesa, ovvero oltre gli standard previsti dalla normativa regionale vigente, ridefinisce i volumi concordati di attività libero professionale fino al ristabilimento del diritto di accesso alle prestazioni nei tempi massimi previsti per l’attività istituzionale. Il perdurare di lunghi tempi di attesa e il mancato rispetto dei volumi e delle modalità di erogazione concordati comportano, per i dirigenti/equipe coinvolti, la sospensione dell’attività libero professionale fino al rientro dei tempi nei valori standard fissati, che costituiscono un diritto del cittadino. Noi vogliamo dare l’elettroshock necessario a risvegliare le coscienze assopite davanti al dolore delle persone - concludono gli esponenti di Azione - e continueremo a batterci affinché il Consiglio della Regione della Puglia preferisca l’arte del governare a quella del tirare a campare».