Stipendi, frattura Nord-Sud: Puglia in coda alla classifica/I dati provinciali

Stipendi, frattura Nord-Sud: Puglia in coda alla classifica/I dati provinciali
di Nicola QUARANTA
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Sabato 30 Giugno 2018, 09:08
La provincia di Foggia registra il più elevato gender gap (lo squilibrio tra tasso d’occupazione maschile e femminile) è una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell’indice, insieme a Brindisi, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Lecce. E’ la fotografia, poco confortante, che emerge dal terzo rapporto nazionale “Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane” curato dall’Osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro. L’ennesima radiografia del Paese, a certificare il gap di crescita tra il Nord e il Mezzogiorno, tra una lenta ripresa e difficoltà economiche più evidenti man mano che ci si sposta di provincia in provincia, da Roma in giù. Con 1.500 euro Bolzano rimane la provincia con il primato degli stipendi medi più alti fra gli occupati alle dipendenze, stando alla classifica aggiornata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro contenuta nel terzo rapporto nazionale “Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane”. Si tratta di retribuzioni più alte rispetto alla media nazionale (1.324 euro) e sono, per la metà delle province, collocate tutte al Nord della Penisola. Per trovare la prima provincia del Mezzogiorno con gli stipendi medi più elevati bisogna scendere fino al 56° posto dove, con 1.288 euro, c’è Benevento. La provincia con le retribuzioni più basse, invece, è Ragusa con 1059 euro (erano 1.070 nell’ultimo report 2017). Il gap è del 30% rispetto a Bolzano. Ci sono poi Crotone con 1.118 euro (in discesa rispetto a 1.139 euro), BarlettaAndria-Trani con 1.121 euro (in miglioramento rispetto ai precedenti 1.112 euro), Lecce con 1.130 euro (rispetto ai 1.107 euro dell’anno scorso ma con un gap che resta alto, -29%). Nei bassi fondi della classifica anche Bari (1.263 euro, -22%), Brindisi (1.205, -26%), Taranto (1.192, -33%) e Foggia (1.180, -25%).




La ricerca completa è stata presentata ieri a Milano nell’ultima giornata della nona edizione del Festival del Lavoro, organizzata dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Il report entra nel dettaglio dello squilibrio tra tasso d’occupazione maschile e femminile, quest’ultimo strettamente correlato allo sbilanciamento nella suddivisione del carico familiare tra donne e uomini. La disponibilità e il costo dei servizi di cura per i bambini, che sono molto differenziati nelle due aree del Paese, rende poco conveniente lavorare in presenza di figli a carico, poiché il costo dei servizi sostitutivi può superare lo stipendio o ridurlo drasticamente. Il tasso d’occupazione femminile più elevato, come nel 2017, è nella provincia di Bologna dove due terzi delle donne sono occupate (66,7%), mentre quello più basso si registra a Foggia dove lavorano meno di un quarto delle donne (23,4%).

La ricerca, nell’analizzare a fondo i dati sull’occupazione e sulla disoccupazione, fornisce un’analisi molto dettagliata anche sul fenomeno dei giovani con un’età compresa fra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione (Neet). Nel 2017 erano 2,1 milioni (1,1 milioni donne e 1 milione di uomini), in calo di 25 mila unità (-1,1%) rispetto al 2016. La flessione maggiore si registra nelle regioni del Centro (- 3,4%), rispetto a quelle del Nord (-0,8%) e del Mezzogiorno (-0,7%). Il tasso di Neet diminuisce di soli 0,2 punti percentuali rispetto al 2016 (24,3%): il valore di questo indicatore nel Mezzogiorno (34,4%) è superiore di 14,7 punti percentuali rispetto a quello del Centro (19,7%) e di 17,7 punti rispetto a quello del Nord (16,7%). Anche la Puglia non brilla, evidentemente. Spiccano per braccia “conserte”: Foggia (39,1%), Barletta-Andria-Trani (35,4%), Brindisi (35,1%), Taranto (33,4%), Bari (30,7%), Lecce (29,6%).
La provincia con la quota più elevata di occupati è Bolzano (72,9%), mentre quella con il tasso di occupazione più basso è Reggio Calabria, dove lavorano solo 37,5 persone su 100. Solo 79esima Bari (49,3%), seguita a ruota da Brindisi (46,1%), Taranto (43,7%), Lecce (42,7%), Barletta-Andria-Trani (42,4%).

Il rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro attraverso un “indice sintetico di efficienza e di innovazione e stila una graduatoria anche delle province italiane in base al loro livello di competitività occupazionale, derivato da cinque indicatori che meglio rappresentano e spiegano la capacità del tessuto economico e sociale di produrre maggiore e migliore occupazione. Al primo posto si colloca Bologna, pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori. Seguita da Trieste, Monza e Brianza, Milano che nella precedente rilevazione occupava la seconda posizione e la prima nel 2015 con la quota più alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. In coda alla classifica troviamo Crotone. Nel gruppo delle province meno innovative e competitive sono presenti tre capoluoghi regionali: Palermo al 90°posto, Reggio di Calabria al 92° e Napoli al 96° posto, insieme a tutte le province calabresi e alla maggioranza di quelle siciliane.
Specchio fedele, anche di quest’ultimo termometro, la graduatoria finale, che rispetto allo scorso premia in Puglia soltanto le province di Bari (74esima, +7) e Barletta-Andria-Trani (98esima, +7). Scivolano verso il basso, invece, Brindisi (102esima, -12), Taranto (99esima, -6) e Foggia (105esima, -5). Mentre resta invariata la posizione della provincia di Lecce: 91esima.
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