Primo Maggio, i sindacati in piazza: «Occupazione stabile per una vera ripresa»

Primo Maggio, i sindacati in piazza: «Occupazione stabile per una vera ripresa»
di Pierpaolo SPADA
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Lunedì 1 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:24

«Aumentano gli occupati, ma anche i contratti precari. E la povertà sta per subire il colpo finale». “Primo Maggio” di speranza, dunque. Ma anche di disillusione e lotta. I sindacati invitano tutti a vivere questo Primo Maggio come una giornata di preparazione per la grande mobilitazione che prenderà il via il 6 maggio a Bologna - e proseguirà a Milano e Napoli il 13 e il 20 - contro le mancate politiche industriali, sociali, economiche del governo Meloni. Intanto oggi, per il Sud, il Primo maggio sarà “celebrato” a Potenza. «Vuole essere un luogo di rinascita e di rilancio – hanno spiegato i segretari provinciali di Lecce di Cgil, Cisl e Uil, Valentina Fragassi, Ada Chirizzi e Mauro Fioretti – ed anche se le preoccupazioni e le criticità non mancano, non passa in secondo piano l’energia che possiede il mondo del lavoro salentino necessaria per trasformare ogni opportunità in lavoro stabile in grado di dare serenità e stabilità alle lavoratrici, ai lavoratori e alle loro famiglie». 

Dal confronto allo scontro.

La rottura tra Cgil, Cisl e Uil ed Esecutivo è realtà, per nulla attenuata dalle rassicurazioni offerte ieri nel vertice svolto da premier ed esecutivo alla vigilia del Consiglio dei ministri che cancellerà il Reddito di cittadinanza, compensandolo con misure e strumenti dalle stesse sigle ritenute inadeguati e tali da preoccupare anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sin troppo eloquente nell’appello lanciato per la “Festa dei lavoratori”: «Colmare i divari Nord-Sud. Il precariato non aiuterà la crescita», ha detto. Per certi versi, qualche numero migliora. Quelli elaborati dall’Osservatorio economico Aforisma (pubblicati ierisu queste colonne) dicono che una disoccupazione così bassa in Puglia non si rilevava da 5 anni. Ma, sempre ieri e su queste stesse pagine, il segretario regionale di Cgil, Pino Gesmundo, ha bollato la ripresa come «insignificante» e l’occupazione come «precaria, pur in una fase di grandi investimenti». Il sindacalista ha definito «senza visione» i politici e invitato a puntare di più sulla «formazione». 

I provvedimenti del governo dividono

Il decreto-lavoro atteso oggi in Cdm divide, perché rimette in discussione i punti fermi del “Decreto dignità” con causali più flessibili e condizioni regolate anche da accordi tra datore di lavoro e lavoratore per il rinnovo dei contratti a tempo. Ragion per cui sindacati e opposizione parlano di «deregulation» che alimenterà precariato, mentre il ministro Marina Calderone definisce il provvedimento «fluidificante». Sarà elevata la soglia per i voucher, da 10 a 15mila euro, per i lavoratori di congressi, eventi, stabilimenti termali e parchi divertimento ed eliminato il limite di 29 anni per i contratti di apprendistato nel turismo e nel termale. Ritenuto insufficiente il taglio al cuneo fiscale contemplato. Al posto del Reddito di cittadinanza dal 2024 l’Assegno di inclusione (max 500 euro al mese, 780 se il nucleo vive in affitto). Mentre, da settembre, agli occupabili sarà riservato lo Strumento di attivazione al lavoro: 350 euro per massimo 12 mesi, non prorogabili. 

Il decreto estenderà i suoi effetti in un contesto sociale che in Puglia è minato anche dai tanti tavoli di crisi ancora aperti che coinvolgono non meno di 5mila lavoratori, oltre quelli del pianeta Ilva. Parliamo dei 58 operai in “cassa” di Minermix o dei 103 già licenziati di Alcar. E ancora di tutti quelli a casa o quasi, come i 67 di Dopla, i 114 G&W Electric, i 140 dell’ex Tessitura di Mottola e i 200 di Dema. Chiusura, cessazione, cessione. Termini che ogni giorno traducono dramma nella casa di migliaia di famiglie. I sindacati rivendicano più attenzione per la Puglia e l’intero Sud: «Non è un caso che la manifestazione unitaria del Primo maggio abbia al centro i 75 anni della Costituzione e che si svolga a Potenza. È necessario il buon lavoro, stabile, sicuro e con la giusta retribuzione. Lavoro che non sia nero, irregolare, sfruttato e precario in particolare per donne e giovani. In Puglia - ricorda il segretario regionale di Cisl, Antonio Castellucci - nel 2022 il tasso di occupazione femminile è pari al 35,4% mentre quello maschile è del 63,6%, con una media regionale del 49,4%. Come Cisl Puglia vogliamo continuare a batterci per le tante fasce sociali più deboli tra cui anche quelle dei giovani che non studiano e non lavorano (Neet), su cui nel frattempo abbiamo anche avviato una riflessione e una ricerca-studio con l’Università di Bari. È necessario il confronto con le istituzioni e la politica ai diversi livelli. Servono opportunità per nuova occupazione, investimenti pubblici e privati, spendere le risorse disponibili per costruire una vita migliore per tutti gli occupati ma anche per chi cerca lavoro». 
Anche la Uil regionale parla di crescita occupazionale lenta e instabile: «In Puglia - riflette il commissario Emanuele Ronzoni - il 13% dei neo assunti lavora con un contratto a termine da almeno 5 anni. Inoltre, a una pur arrancante crescita economica, non corrisponde un adeguato aumento dei salari, fermi per capacità di potere d’acquisto a un decennio fa e falcidiati da mesi di inflazione al rialzo. Lo ammette la stessa Confindustria con Cesved e Unicredit: i fatturati delle Pmi pugliesi sono aumentati, così come gli utili delle grandi aziende e multinazionali, ma il costo del lavoro è rimasto ai livelli di vent’anni fa. Noi - annuncia il segretario - il Primo Maggio proporremmo misure di impatto: rivalutazione dei salari e delle pensioni e una rinnovata visione del lavoro, con una riduzione dell’orario a parità di salario. Quindi la decontribuzione degli aumenti contrattuali e il rinnovo dei contratti ancora al palo. E a chi ci dice che i soldi non ci sono, rispondiamo di applicare una tassa sugli extra profitti delle grandi aziende che hanno generato enormi utili negli ultimi anni». E sulla sicurezza: «Le aziende che non rispettano gli standard di sicurezza e non applicano i contratti nazionali siglati dai sindacati più rappresentativi - suggerisce Ronzoni - restino fuori dai bandi pubblici».
 

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