Lauree, boom di donne, ma a trovare lavoro sono gli uomini: i dati Almalaurea

Lauree, boom di donne, ma a trovare lavoro sono gli uomini: i dati Almalaurea
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Venerdì 17 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:07

Il lavoro è affare per uomini, la laurea è una questione prevalentemente per donne. Il quadro sessista viene fuori incrociando i dati sul numero dei laureati nel 2021 in Puglia (fonte: Almalaurea) con quelli forniti dalla Cgil sulla situazione occupazionale. E se i nuovi assunti nell’ultimo anno sono per il 60% uomini, le donne stravincono la “partita” dell’università (9.161 laureate contro i 5.761 di genere maschile). Ergo: le donne si laureano prima e in numero maggiore, ma poi lavorano meno. Il report sugli studenti che hanno finito gli studi nel 2021 lancia però anche altri input. 

Il divario territoriale


Il divario sociale tra Nord e Sud, ad esempio. «Le migrazioni - si legge nel documento divulgato da Almalaurea - sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro–Nord. Il 28,0% dei giovani del Mezzogiorno decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord (16,1% al Nord e 11,9% al Centro). Pertanto, per motivi di studio, il Mezzogiorno perde, al netto dei pochissimi laureati del CentroNord che scelgono un ateneo meridionale, oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio». 
E ancora, il divario sociale nello stesso territorio.

Tre laureati su quattro hanno un diploma in un liceo, e il quarto solitamente in un istituto tecnico. Solo il 4% di coloro che conseguono il titolo finale hanno studiato in un professionale. Importante anche il numero (attorno al 30% anche in Puglia) dei laureati con un genitore che ha frequentato e concluso l’esperienza universitaria. 

I dati sul lavoro


Ma i ragazzi, poi, lavorano? Il trend di immissione nel mondo del lavoro è in crescita a livello nazionale, ma non regionale, con stipendi per altro nettamente più bassi. Ad appena un anno dalla fine della magistrale risultano occupati in Puglia il 68,6% dei laureati (media nazionale al 74,5%) e il 66,6% tra questi ha iniziato a lavorare solo dopo la fine degli studi; a un anno da una triennale lavora il 73,7% del campione (media nazionale al 74,5%). A cinque anni dalla laurea, invece, lavorano in otto su dieci. La nostra regione cresce rispetto al passato, ma resta comunque il divario con il Centro-Nord. E poi: quanto guadagna in media un laureato in un’università pugliese? A un anno di distanza dalla laurea magistrale 1.291 euro, a cinque anni di distanza lo stipendio base arriva a 1.554 euro, numeri comunque al di sotto della media nazionale (1.407 e 1.635 euro). E in tre su quattro trovano occupazione con maggiore facilità nel settore privato, com’è facile immaginare. Il 70% degli intervistati pugliesi, per altro, ritiene che la laurea sia stata “efficace o molto efficace” ai fini della propria professione (il 66% a livello nazionale). 
A conti fatti: studiare serve. È quanto emerge dal report Almalaurea, che però tende a sottolineare comunque alcune criticità, per le quali si lavora a una risoluzione se non definitiva quanto meno decisa: il rialzo della retribuzione mensile netta e della percentuale di occupati lancia inevitabilmente un segnale di speranza ma in un contesto depresso e squilibrato.

La soddisfazione per il percorso di studi


Un altro dato d’analisi incoraggiante riguarda la soddisfazione dei ragazzi per il percorso svolto: 7 laureati su 10 ripeterebbero l’esperienza in toto, cioè confermando sia il corso che l’ateneo scelto. E in 9 su 10 si dicono soddisfatti di quanto hanno vissuto in uno dei cinque atenei pugliesi (tra Unisalento, Uniba, Poliba, la Lum di Casamassima e l’Università di Foggia). Buono il rapporto con i docenti per l’87% del campione (con punte di oltre il 90% per l’università leccese) ed emerge un quadro di speranza anche per il 69,9% dei ragazzi che ha promosso le strutture del proprio ateneo, dalle aule per le lezioni alle biblioteche e i laboratori. Un capitolo a parte meriterebbero le residenze per i fuorisede, ma non erano incluse nello studio effettuato. In sintesi: studiare conviene per trovare lavoro e tutto sommato, qui, non si studia male. La premessa, però, è un’altra ed è il neo della ricerca: com’è possibile che le donne riescano a laurearsi prima, con voti più alti e in numero maggiore ma poi nell’inserimento in ambito lavorativo sono in numero inferiore? Evidentemente una stortura c’è, ed altrettanto evidentemente non parte dal sistema universitario.

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