Per anni l’Italia ha dovuto assistere alla fuga di “cervelli”, giovani brillanti attratti all’estero da lavori ben remunerati e condizioni migliori di vita. Ora, l’epidemia da Covid ha portato una parte consistente di questo folto gruppo di persone andate via per formarsi e fare carriera a prendere in considerazione un ritorno “a casa”. Nell’ultimo anno, complice lo smart working, in molti sono ritornati, quasi a sorpresa. E così il Coronavirus è riuscito dove i numerosi provvedimenti sul rientro dei talenti avevano fallito: riportare in Italia gran parte di quei 250.000 giovani che negli ultimi dieci anni avevano deciso di emigrare.
La ricerca
Del fenomeno dà conferma uno studio del Gruppo “Controesodo” (che opera senza scopo di lucro fornendo assistenza fiscale gratuita) che dispone di informazioni affidabili e tempestive sui flussi di rientro del capitale umano altamente qualificato in Italia. Ma quante persone sono effettivamente tornate? Secondo lo studio di “Controesodo” il numero dei rientri in Italia nei primi quattro mesi del 2021 è in crescita annualizzata di quasi il 100% e sembra riportarsi sul trend pre-Covid-19, aiutato probabilmente dall’approvazione in Legge di Bilancio 2021 di un’estensione delle agevolazioni fiscali per il radicamento. In Puglia, tra gennaio e aprile 2021, è rientrato quasi il 5% dei cervelli in fuga (esattamente il 4,9%) con una variazione in crescita del 3,3% rispetto al periodo pre-Covid, quando i rientri erano invece fermi all’1,9%.
Il fenomeno dei rientri aveva già mostrato un deciso incremento nel 2019, grazie al decreto Crescita 34/2019, che aveva previsto, oltre ad un potenziamento delle agevolazioni fiscali, l’introduzione di misure specifiche per incentivare il radicamento permanente dei lavoratori. «I rientri sono cresciuti di quasi l’80% nel 2019 rispetto all’anno precedente - sottolineano Francesco Rossi e Michele Valentini, fondatori e coordinatori del Gruppo -. A conferma della bontà dei dati utilizzati, questa tendenza trova riscontro nei dati recentemente pubblicati dal Mef relativi alle dichiarazioni fiscali del 2019.
Il profilo di chi ritorna
Ma qual è il profilo di chi è rientrato in Italia? Secondo l’analisi di “Controesodo” durante la crisi pandemica è diminuita fortemente la quota di persone rientrate in Italia come lavoratori dipendenti. «La diminuzione è stata di ben 17 punti percentuali - si legge nel rapporto -. È salita, invece, l’incidenza dei rientri di lavoratori autonomi (8,4%), ricercatori (9,9%) e di soggetti senza occupazione (6,4%). L’aumento del numero di ricercatori rientrati è riconducibile alla chiusura fisica delle strutture di ricerca e degli atenei, specialmente nei molti casi in cui l’attività svolta può essere erogata da remot. Invece, l’aumento della quota dei lavoratori autonomi ha due diversi motivi: la maggiore diffusione di modalità di lavoro a distanza, che ha reso possibile per diverse figure professionali mantenere un legame con le aziende estere trasferendosi fisicamente in Italia, ma pure la perdita dell’occupazione all’estero».
La provenienza
Rispetto, infine, alla provenienza dei soggetti rientrati in Italia, i dati mostrano che, a partire da febbraio 2020, è diminuita la quota di chi rientra provenendo dall’Ue, a fronte di un incremento dei rientri da Paesi di altri continenti.