Coronavirus, il dietrofront dei “cervelli” in fuga: nei primi quattro mesi dell'anno in Puglia è tornato il 4,9% dei talenti emigrati

Coronavirus, il dietrofront dei “cervelli” in fuga: nei primi quattro mesi dell'anno in Puglia è tornato il 4,9% dei talenti emigrati
di Maria Claudia MINERVA
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Domenica 11 Luglio 2021, 05:00

Per anni l’Italia ha dovuto assistere alla fuga di “cervelli”, giovani brillanti attratti all’estero da lavori ben remunerati e condizioni migliori di vita. Ora, l’epidemia da Covid ha portato una parte consistente di questo folto gruppo di persone andate via per formarsi e fare carriera a prendere in considerazione un ritorno “a casa”. Nell’ultimo anno, complice lo smart working, in molti sono ritornati, quasi a sorpresa. E così il Coronavirus è riuscito dove i numerosi provvedimenti sul rientro dei talenti avevano fallito: riportare in Italia gran parte di quei 250.000 giovani che negli ultimi dieci anni avevano deciso di emigrare. 

La ricerca

Del fenomeno dà conferma uno studio del Gruppo “Controesodo” (che opera senza scopo di lucro fornendo assistenza fiscale gratuita) che dispone di informazioni affidabili e tempestive sui flussi di rientro del capitale umano altamente qualificato in Italia. Ma quante persone sono effettivamente tornate? Secondo lo studio di “Controesodo” il numero dei rientri in Italia nei primi quattro mesi del 2021 è in crescita annualizzata di quasi il 100% e sembra riportarsi sul trend pre-Covid-19, aiutato probabilmente dall’approvazione in Legge di Bilancio 2021 di un’estensione delle agevolazioni fiscali per il radicamento. In Puglia, tra gennaio e aprile 2021, è rientrato quasi il 5% dei cervelli in fuga (esattamente il 4,9%) con una variazione in crescita del 3,3% rispetto al periodo pre-Covid, quando i rientri erano invece fermi all’1,9%. 
Il fenomeno dei rientri aveva già mostrato un deciso incremento nel 2019, grazie al decreto Crescita 34/2019, che aveva previsto, oltre ad un potenziamento delle agevolazioni fiscali, l’introduzione di misure specifiche per incentivare il radicamento permanente dei lavoratori. «I rientri sono cresciuti di quasi l’80% nel 2019 rispetto all’anno precedente - sottolineano Francesco Rossi e Michele Valentini, fondatori e coordinatori del Gruppo -. A conferma della bontà dei dati utilizzati, questa tendenza trova riscontro nei dati recentemente pubblicati dal Mef relativi alle dichiarazioni fiscali del 2019.

Il trend dei rientri nei primi due mesi del 2020 era incoraggiante, ma il consuntivo dell’anno ha visto invece una diminuzione del 26%». Mentre si nota, appunto, una forte ripresa nel 2021, con una crescita annualizzata di quasi il 100%. Tra le regioni d’Italia il primato spetta alla Lombardia, che continua ad essere il polo di attrazione prevalente per i soggetti che rientrano in Italia dall’estero, con oltre il 40% del totale, seguita a distanza dal Lazio. La quota relativa alla Lombardia scende però nel periodo Covid-19 di oltre 13 punti, a vantaggio delle regioni meridionali con l’introduzione, a partire dal 2020, di un’agevolazione potenziata, grazie alla quale chi trasferisce la propria residenza nel Meridione (Puglia, Calabria, Basilica e Sicilia) lo sgravio fiscale sale, infatti, dal 70% al 90%. È questo che ha portato alla Puglia un 4,9% di rientri, numero molto positivo se si considera l’iniziale l,9% del periodo pre-Covid.

Il profilo di chi ritorna

Ma qual è il profilo di chi è rientrato in Italia? Secondo l’analisi di “Controesodo” durante la crisi pandemica è diminuita fortemente la quota di persone rientrate in Italia come lavoratori dipendenti. «La diminuzione è stata di ben 17 punti percentuali - si legge nel rapporto -. È salita, invece, l’incidenza dei rientri di lavoratori autonomi (8,4%), ricercatori (9,9%) e di soggetti senza occupazione (6,4%). L’aumento del numero di ricercatori rientrati è riconducibile alla chiusura fisica delle strutture di ricerca e degli atenei, specialmente nei molti casi in cui l’attività svolta può essere erogata da remot. Invece, l’aumento della quota dei lavoratori autonomi ha due diversi motivi: la maggiore diffusione di modalità di lavoro a distanza, che ha reso possibile per diverse figure professionali mantenere un legame con le aziende estere trasferendosi fisicamente in Italia, ma pure la perdita dell’occupazione all’estero».

La provenienza

Rispetto, infine, alla provenienza dei soggetti rientrati in Italia, i dati mostrano che, a partire da febbraio 2020, è diminuita la quota di chi rientra provenendo dall’Ue, a fronte di un incremento dei rientri da Paesi di altri continenti.

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