L'erosione divora la Puglia e il 55% della costa è fragile

L'erosione divora la Puglia e il 55% della costa è fragile
di Maurizio TARANTINO
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Venerdì 16 Luglio 2021, 11:31 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 09:15

L'erosione delle coste basse in Puglia è aumentata di cinque volte nell'arco di 30 anni. È quanto emerge dal rapporto Spiagge 2021 di Legambiente, presentato a Lecce durante la prima Conferenza nazionale dei paesaggi costieri nell'ex convento dei Teatini.

Il cambiamento climatico

Dati che risentono del cambiamento climatico e della pressione antropica che opera ormai da decenni sui litorali non solo pugliesi.
Il territorio regionale risulta tra quelli maggiormente a rischio con il 55% di coste fragili, dietro la Calabria con il 60,9% e l'Abruzzo che arriva al 63%. Nel 2006, dalla monografia sullo stato dei litorali italiani del Gnrac (Gruppo Nazionale di Ricerca sugli Ambiti Costieri) in Puglia, vengono stimati in erosione 195 km di spiagge, pari al 65% delle coste basse pugliesi, che secondo il Gnrac ammontano a 302 km, contro 563 km di coste alte. Un aumento di circa cinque volte, che è due volte più veloce di quanto avviene a livello nazionale in un arco di tempo più ampio: in Italia dal 1970 ad oggi i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati con la scomparsa di almeno 40 milioni di metri quadrati di spiagge. Effetti legati in particolare, alla artificializzazione del litorale ed all'uso del suolo, dovuta alle opere portuali ed alle varie strutture rigide di protezione come i cosiddetti frangiflutti. In media è come se si fossero persi 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale italiano in erosione, e questa tendenza diventerà più complessa da gestire in una prospettiva di cambiamenti climatici.

Mareggiate e trombe d'aria divorano le coste


Le aree costiere hanno subito un'intensificazione di fenomeni meteorologici estremi, quali mareggiate e trombe d'aria, queste ultime passate da 11 nel 2012 a 80 nel 2020, tra quelle con impatti rilevanti. Dal rapporto del 2006 emerge anche che oltre il 50% del litorale pugliese è interessato da opere di urbanizzazione ubicate nella fascia dei primi 100 metri dal mare. Sono numerosi, lungo l'intera costa, gli approdi e i porti destinati alla nautica da diporto, oltre alla presenza di più di mille unità di strutture rigide come i cosiddetti frangiflutti. Negli ultimi vent'anni il consumo di suolo, anche costiero, è aumentato almeno del 20% e le opere rigide si continuano a costruire, malgrado sia la stessa Regione convinta della loro inutilità e dannosità.
Dal report di Legambiente emergono criticità importanti nel territorio salentino dove tra Santa Cesarea Terme, Roca, Torre dell'Orso ed Otranto, la costa si sta ritirando anno dopo anno, con divieti di balneazione che si ripercuotono sull'economia del territorio. La spesa per combattere l'erosione, con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni è di circa 100 milioni di euro l'anno ed è maggiore rispetto a quanto lo Stato incassa effettivamente dalle concessioni balneari (83milioni gli incassi effettivi su 115 milioni nel 2019). Per Legambiente è da limitare anche l'utilizzo esponenziale delle concessioni demaniali che in Italia raggiunge valori che superano il 50% dei litorali sabbiosi disponibili.
Tra i casi legislativi virtuosi si trova la Puglia che da 15 anni, grazie alla Legge Minervini, ha stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti fissando una percentuale di spiagge libere pari al 60%, superiore rispetto a quelle da poter dare in concessione (40%). Pochi ancora i Comuni costieri che hanno dato seguito all'applicazione di questa legge e adottato il rispettivo Piano Comunale delle Coste, tanto è che la Regione è dovuta intervenire negli anni successivi attraverso il commissariamento. Il giro di affari degli stabilimenti balneari è stato stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui a livello nazionale, in Puglia di circa 7 milioni. Gli importi dei canoni sono stabiliti per Legge e l'ultimo aggiornamento è di 15 anni fa.
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