Il Sud è nuovamente in una fase di “scivolamento”, quindi “l’innalzamento della quota di riserva a favore del Mezzogiorno nell’ambito del Pnrr trova giustificazione” ma non è detto che possa rivelarsi sufficiente a superare i divari con il Nord. A lanciare l’allarme è la Corte dei Conti nella Relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr presentata ieri mattina.
La Relazione
“L’analisi delle procedure con cui le singole Amministrazioni stanno dando attuazione al Piano – si legge nel documento - porta il Dipartimento per le politiche di coesione a considerare pari al 41 per cento la quota di risorse formalmente assegnata al Mezzogiorno e superiore al 45 per cento la parte di tali appostamenti riferibile a “progetti identificati”, ossia con certezza di destinazione. Ciò costituisce comunque condizione necessaria, ma non sufficiente per il conseguimento dell’obiettivo di riduzione dei divari territoriali”. Secondo i giudici contabili, infatti, “anche qualora alle Regioni meridionali fossero riservati tutti i finanziamenti previsti, occorrerà verificare la capacità di spesa delle singole Amministrazioni, il problema rimanendo quello della messa a punto di adeguati strumenti di gestione dei programmi in un contesto segnato da tempi di realizzazione delle opere pubbliche sistematicamente superiori a quelli medi nazionali. Resta poi aperta la problematica relativa alla natura addizionale dei fondi mobilitati dal Pnrr per il Mezzogiorno”. La crisi del Sud è fotografata dai numeri: tra il 1995 e il 2021 la quota del Mezzogiorno sul valore aggiunto nazionale è scesa dal 24,7 al 22,1 per cento (-2,6 punti). Ciò si è verificato a fronte di aumenti cumulati dell’1,6% nel meridione e del 13,6% nel dato italiano.
I numeri
“Il differenziale di crescita – evidenzia la Corte dei Conti - si è aperto alla fine degli anni Novanta e si è approfondito in occasione della crisi finanziaria mondiale del 2008-09 e poi della crisi del debito sovrano del 2011-12. La contrazione pandemica del 2020 è stata invece meno pronunciata nel Mezzogiorno che nel resto d’Italia, ma di minore intensità è poi stato il recupero registrato nel 2021 (+5,9% al Sud e +6,7% in Italia)”. I giudici contabili elencano una serie di problematiche e anomalie che rischiano di non far centrare l’obiettivo principale del Pnrr: ridurre il gap tra le due aree del Paese. “Rilevano qui in primo luogo – si legge - i tempi ristretti in cui il Piano deve trovare attuazione, che inevitabilmente hanno portato a ricomprendervi misure la cui realizzazione era già prevista (i cosiddetti “progetti in essere”).
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