La Corte dei Conti: «Il Pnrr potrebbe non bastare a ridurre il gap tra Nord e Sud»

La Corte dei Conti: «Il Pnrr potrebbe non bastare a ridurre il gap tra Nord e Sud»
di Vincenzo DAMIANI
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Mercoledì 29 Marzo 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:32

Il Sud è nuovamente in una fase di “scivolamento”, quindi “l’innalzamento della quota di riserva a favore del Mezzogiorno nell’ambito del Pnrr trova giustificazione” ma non è detto che possa rivelarsi sufficiente a superare i divari con il Nord. A lanciare l’allarme è la Corte dei Conti nella Relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr presentata ieri mattina.

La Relazione

“L’analisi delle procedure con cui le singole Amministrazioni stanno dando attuazione al Piano – si legge nel documento - porta il Dipartimento per le politiche di coesione a considerare pari al 41 per cento la quota di risorse formalmente assegnata al Mezzogiorno e superiore al 45 per cento la parte di tali appostamenti riferibile a “progetti identificati”, ossia con certezza di destinazione. Ciò costituisce comunque condizione necessaria, ma non sufficiente per il conseguimento dell’obiettivo di riduzione dei divari territoriali”. Secondo i giudici contabili, infatti, “anche qualora alle Regioni meridionali fossero riservati tutti i finanziamenti previsti, occorrerà verificare la capacità di spesa delle singole Amministrazioni, il problema rimanendo quello della messa a punto di adeguati strumenti di gestione dei programmi in un contesto segnato da tempi di realizzazione delle opere pubbliche sistematicamente superiori a quelli medi nazionali. Resta poi aperta la problematica relativa alla natura addizionale dei fondi mobilitati dal Pnrr per il Mezzogiorno”. La crisi del Sud è fotografata dai numeri: tra il 1995 e il 2021 la quota del Mezzogiorno sul valore aggiunto nazionale è scesa dal 24,7 al 22,1 per cento (-2,6 punti). Ciò si è verificato a fronte di aumenti cumulati dell’1,6% nel meridione e del 13,6% nel dato italiano. 

I numeri


“Il differenziale di crescita – evidenzia la Corte dei Conti - si è aperto alla fine degli anni Novanta e si è approfondito in occasione della crisi finanziaria mondiale del 2008-09 e poi della crisi del debito sovrano del 2011-12. La contrazione pandemica del 2020 è stata invece meno pronunciata nel Mezzogiorno che nel resto d’Italia, ma di minore intensità è poi stato il recupero registrato nel 2021 (+5,9% al Sud e +6,7% in Italia)”. I giudici contabili elencano una serie di problematiche e anomalie che rischiano di non far centrare l’obiettivo principale del Pnrr: ridurre il gap tra le due aree del Paese. “Rilevano qui in primo luogo – si legge - i tempi ristretti in cui il Piano deve trovare attuazione, che inevitabilmente hanno portato a ricomprendervi misure la cui realizzazione era già prevista (i cosiddetti “progetti in essere”).

Il tema è però più generale e attiene alla capacità di assorbimento di ulteriori risorse da parte di un territorio con bassa dinamica economica. Si consideri che, tenendo conto del rilevante ammontare dei finanziamenti ordinari ed europei già stanziati, il Mezzogiorno verrebbe a beneficiare nei prossimi anni di disponibilità superiori a quelle registrate negli anni dell’intervento straordinario. Ciò significa che la questione dell’addizionalità non si pone solo nel senso di evitare che i fondi del Pnrr vadano a sostituire i finanziamenti ordinari, rischio rispetto al quale il legislatore si è tutelato, ma anche nel senso di non superare una dimensione ottimale dell’intervento”. La “buona” notizia è che “risultano tutti conseguiti i 55 obiettivi del secondo semestre 2022”. Un campanello d’allarme riguarda anche il settore edile che, è vero, che sta vivendo un periodo “estremamente favorevole” grazie agli incentivi fiscali, però l’andamento positivo “ha sollevato dubbi riguardo alla sostenibilità di una crescita così accesa da parte della filiera. Si sono registrati significativi incrementi occupazionali, sfociati in problemi di reperimento di manodopera” che preoccupa chi monitora il piano di realizzazione del Pnrr. Anche sul fronte del personale i magistrati sottolineano problematiche: “Le modalità di reclutamento del personale dedicato al Pnrr – sostengono - con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà per le amministrazioni nel garantire la continuità operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro di risorse certo per tutto l’orizzonte temporale del Piano”. Inoltre, parallelamente al Pnrr, anche “i programmi del Piano complementare muovono i loro passi in avanti, ma tuttavia l’esame del progresso nel conseguimento degli obiettivi intermedi previsti nei cronoprogrammi evidenzia criticità e ritardi”. Complessivamente, a febbraio 2023, ammontano a 4,8 miliardi i fondi che le Amministrazioni centrali titolari di interventi hanno trasferito ai soggetti attuatori o ai realizzatori delle specifiche iniziative di spesa del Pnrr.

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