L'intervista/Emiliano: «Autonomia? Timori spazzati via dai Lep. Sarà pronta anche la Puglia»

L'intervista/Emiliano: «Autonomia? Timori spazzati via dai Lep. Sarà pronta anche la Puglia»
di Paola ANCORA
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Venerdì 18 Novembre 2022, 05:00

Presidente Michele Emiliano, quello che doveva essere l’incipit di una battaglia sull’autonomia, in realtà, non c’è stato. Il ministro Calderoli vi ha rassicurati? Cosa è cambiato rispetto a pochi giorni fa e a ieri? Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, aveva annunciato «un’intesa già raggiunta fra le Regioni del Sud», che evidentemente non c’è stata.
«Il blitz che ha tentato Calderoli è fallito: tutte le regioni, compreso il Veneto, hanno ritenuto che senza una previa individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) non si può parlare di autonomia differenziata. E questo per merito delle Regioni del Sud che, al di là degli schieramenti politici, sono rimaste compatte. Lo stesso declassamento della bozza ad appunto di lavoro dimostra che l’unità delle Regioni ha sortito subito un primo risultato. Già subiamo oggi una disparità di trattamento rispetto al Centro e al Nord in moltissimi settori, ricevendo dallo Stato meno risorse, uomini e mezzi, a cominciare dalla sanità per finire ai trasporti. Quindi, se l’autonomia differenziata servirà a superare la questione meridionale e a offrire a tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri, se ne può parlare. Deve essere chiaro a tutti che l’articolo 116 della Costituzione si attua parallelamente al 117, 118 e 119. Questa è l’autonomia sinonimo di sussidiarietà che rafforza, come dice il presidente Mattarella, l’unità nazionale. Per Calderoli e la Lega l’autonomia era “a ognuno i suoi soldi” e questo non lo possiamo consentire. La discussione di oggi è servita a chiarire queste premesse e a ribadire che, se prima non si definiscono i Lep, non si può parlare di autonomia. Una parola difficile “Lep” che però esprime un concetto importante: quando una persona nasce in Italia deve avere gli stessi diritti e gli stessi doveri su tutto il territorio nazionale». 

Lei ha detto di ritenere impensabile che energia, scuola e trasporto vengano delegati alle Regioni. Alla luce dell’esperienza pandemia, pensa invece che si possa trasferire alle Regioni la sanità? I sindacati dei medici sul punto sono scettici.
«Fa sicuramente specie che un Governo fortemente identitario come quello in carica abbia messo come suo punto prioritario l’autonomia differenziata, cedendo molti dei suoi poteri alle Regioni.

Vuol dire implicitamente affermare che le Regioni governano meglio molti processi rispetto allo Stato centrale. La tutela della salute è già una materia concorrente, la gestione della pandemia e di tutta la campagna vaccinale è stata un banco di prova importante per analizzare la risposta istituzionale in un momento di emergenza. Lo Stato centrale non sarebbe stato assolutamente in grado di organizzare tempestivamente quell’immenso lavoro che invece le Regioni hanno garantito, con efficienza, in tutta Italia. Aggiungo anche che la Conferenza delle Regioni è un luogo dove si riesce a fare sintesi, nella maggior parte dei casi votando all’unanimità, sebbene sia composta da rappresentanti di diversi schieramenti politici e di diversi territori».

Torniamo alla sanità.
«Ciò detto, penso che le materie oggetto delle eventuali intese con le Regioni nell’ottica dell’autonomia debbano essere uguali su tutto il territorio nazionale, altrimenti sarà una Babele. Questo significa ridare centralità al Parlamento, cosa che la bozza Calderoli al momento non prevede e che, a mio avviso, contrasta con la Costituzione. Inoltre, come già detto, vanno individuati i Lep. Non è più possibile, come accade oggi purtroppo, che il finanziamento della sanità del Sud, sia di molto inferiore a quello del Centro e del Nord. C’è poi il buon risultato già ottenuto di far retrocedere il fronte dell’autonomia differenziata sulla questione dei residui fiscali, che avrebbero consentito di trattenere nei territori dove viene prodotto i nove decimi delle entrate fiscali».

Il governatore dell’Emilia Stefano Bonaccini è fra quelli che vogliono l’autonomia. Poi ha chiarito di ritenere necessaria la definizione dei Lep. Insomma, cosa è accaduto esattamente ieri in ufficio di presidenza Pd?
«Un passaggio politico importante: il Partito Democratico, su mia richiesta, ha riunito gli uffici di Presidenza dei gruppi parlamentari, ieri sera in Senato, e abbiamo valutato insieme la proposta Calderoli. Dal confronto abbiamo individuato una serie di punti imprescindibili per continuare il confronto istituzionale: l’adozione in Parlamento di una legge quadro che disciplini il percorso e le materie; la definizione dei Lep prima delle intese; no a qualsiasi forma di regionalizzazione della scuola e no a ipotesi, anche surrettizie, di residui fiscali. Abbiamo fatto politica con la P maiuscola, senza alcuna barriera ideologica sul tema autonomia che, se deve essere realizzato, come peraltro previsto dalla nostra Costituzione, deve comunque mantenere saldi i di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale alla base dell’unità nazionale. Peraltro la riunione degli uffici di presidenza dei gruppi parlamentari Pd, presieduta dal responsabile delle Autonomie locali Francesco Boccia, ha consentito di ricompattare il fronte delle Regioni del Pd che adesso hanno tutte le stessa posizione».

Con la previa definizione dei Lep, lei sarebbe pronto a chiedere l’autonomia anche per la Puglia?
«L’autonomia è prevista dalla nostra Costituzione e mira a conferire alle Regioni maggiori poteri in determinate materie. La definizione e l’applicazione dei Lep eliminerebbe i nostri comprensibili timori, perché andremmo a rimuovere le disparità di partenza che da sempre il Mezzogiorno subisce. Questo vuol dire anche che, riequilibrando le condizioni di partenza, sarà il Sud ad avere maggiori opportunità rispetto al Nord. Mi chiedo: a queste condizioni “alla pari” le regioni del Nord avranno la stessa volontà sull’autonomia differenziata? Non dimentichiamo che tutta la discussione è partita da chi, nel tempo, prima voleva la secessione, poi il federalismo fiscale in un’ottica tutta nordista, fino a questa ipotesi che è appunto l’autonomia differenziata. È chiaro che qualche piccola diffidenza le Regioni del Sud ce l’hanno, ma si può superare definendo una volta per tutte i Lep». 

Quale sarà il prossimo passo? Il ministro si è detto aperto a proposte di modifica del ddl.
«Non lo sappiamo, immagino che la prossima volta il ministro, avendo capito che la priorità sono i Lep, potrà farci una proposta su come accelerare il percorso che porta alla loro definizione. In Puglia stiamo facendo un grande lavoro preparatorio per approfondire questo tema in tutti i suoi aspetti insieme al collegio degli esperti e ai capi dipartimento, che ringrazio».

Esiste un vasto fronte di giuristi e politologi che ritiene sbagliato il regionalismo, motivo di moltiplicazione di sprechi e inefficienze. Lei, prima che politico di lungo corso, è un magistrato, conosce il diritto e l’architettura dello Stato dal di dentro. Cosa ne pensa?
«Dalla mia esperienza posso dire che più il livello di governo è vicino ai cittadini, più aumenta l’efficacia dell’azione e anche il controllo sociale su di essa. Molto più complesso è verificare l’attività dei ministeri dove sprechi e inefficienze sono probabilmente solo meno visibili perché più lontani. Regionalismo e maggiore autonomia, però, non devono significare far venir meno quei principi di solidarietà e unità che sono alla base della nostra Repubblica. La Puglia è la prima regione per capacità di spesa dei fondi europei, dai dati della Banca di Italia emerge un quadro di crescita generale che ci incoraggia. Non abbiamo paura di accogliere le sfide dell’autonomia, ma dobbiamo essere attentissimi che le regole del gioco siano corrette. Perché i rischi ci sono, non può passare un disegno di autonomia che avvantaggia le Regioni più ricche a danno di quelle meridionali. Sarebbe un errore storico irrimediabile che dobbiamo evitare con la fermezza, garantendo quella leale collaborazione che da sempre ci contraddistingue».

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