L'intervista/Mara Carfagna: «Dalla Lega atto d’arroganza. FdI e Pd facciano chiarezza»

La leader di Azione eletta in Puglia: "L’operazione non avrà successo"

L'intervista/Mara Carfagna: «Dalla Lega atto d’arroganza. FdI e Pd facciano chiarezza»
di Paola ANCORA
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Sabato 31 Dicembre 2022, 05:00

Onorevole Mara Carfagna, lei è stata ministro per il Sud e la Coesione nel Governo Draghi, ora è presidente di Azione. Partiamo dal metodo prima che dal contenuto. Il ministro Calderoli ha impresso uno sprint inatteso al ddl sull’autonomia differenziata: depositato in Consiglio dei Ministri senza un passaggio in Conferenza delle Regioni. Cosa ne pensa?
«Si è trattato di un atto di arroganza. Il ministro Calderoli deve piantare quanto prima la bandierina leghista dell’autonomia: la tabella di marcia annunciata da Salvini è già in ritardo e quindi hanno deciso di procedere a tappe forzate con una riforma a scatola chiusa, da fare a colpi di Dpcm. Dubito che l’operazione avrà successo. Le regole valgono anche per lui e di sicuro è impensabile portare avanti una riforma così rilevante senza condividere ogni passaggio con Parlamento, Conferenza Stato-Regioni ed Enti locali. Alla fine, tutte queste esibizioni muscolari, probabilmente si riveleranno solo atti di propaganda. E se non fosse così, c’è ancora un Parlamento che è in grado di far sentire la sua voce».
Il ministro garantisce che saranno presto definiti i Lep. Ma i fondi che serviranno a finanziarli saranno decisi con il criterio della spesa storica. Quale prezzo pagherà il Sud?
«Non basta definire i Lep, bisogna anche finanziarli. E non si dica che è impossibile: con il governo di Mario Draghi lo abbiamo fatto per gli asili nido, per gli assistenti sociali e per il trasporto scolastico degli studenti con disabilità, dimostrando che quando c’è la volontà politica le risorse si trovano. Questo governo, al contrario, nella manovra appena approvata non ha investito un euro per i Lep, cioè nella vera partita contro le diseguaglianze nei servizi e nelle infrastrutture sociali. Ci si è limitati a istituire una cabina di regia, cui è affidata l’individuazione dei Lep, che è un po’ come buttare la palla in tribuna, un modo per prendere tempo. Procedere poi col principio della spesa storica significherebbe dare tanto a chi ha già tanto e nulla a chi non ha nulla, accrescendo quindi disuguaglianze e ingiustizie, a danno del Sud e delle aree più svantaggiate del Paese. Ne abbiamo già visto gli effetti distorsivi, il definitivo abbandono di questo odioso e iniquo criterio è assolutamente imprescindibile». 
Fra le materie che potrebbero essere delegate alle Regioni richiedenti l’autonomia ci sono istruzione, sanità, le grandi infrastrutture, persino l’energia o i rapporti internazionali e con l’Ue. Oggi è la Lega a finire sotto il tiro delle minoranze parlamentari, ma il primo accordo per l’autonomia fu firmato dal Governo Gentiloni. Siamo davanti a un gioco delle parti? Cosa è cambiato?
«È inutile fare polemica sul passato. Tutti sanno che il dibattito di oggi è legato a sciagurate scelte di ieri, a cominciare dalla riforma del Titolo V che fu imposta dalla sinistra, con un pugno di voti, nella fase in cui inseguiva un accordo con Umberto Bossi. Adesso però dobbiamo guardare al futuro. L’autonomia è prevista dalla Costituzione e può rappresentare sicuramente un’opportunità per i territori se viene utilizzata per responsabilizzare gli amministratori, per fare un salto in avanti sul terreno dell’efficienza, della buon governo. Ma non si può realizzare solo nella parte che piace alla Lega, quella del trasferimento di poteri e risorse alle “sue” regioni di riferimento. Deve essere fatta tutta intera, rispettando il dettato costituzionale anche nella parte di cui la Lega si disinteressa, avviando la ricucitura dei divari che è chiaramente indicata dalla Carta, ma che finora è rimasta lettera morta».
Lei è presidente di Azione. Quali iniziative parlamentari il vostro gruppo intende assumere per contrastare l’autonomia o migliorarla? Nel ddl modificato da Calderoli è ora previsto un passaggio - non più solo formale - in Parlamento, con un voto sull’accordo Governo-Regione a maggioranza assoluta.
«In realtà il voto che Calderoli ha in mente è un “prendere o lasciare” su singoli accordi, sui quali le Camere non avrebbero alcuna possibilità di intervenire. O dici sì o li respingi. Non è così che si può introdurre una riforma di questo peso: Azione rivendicherà la necessità di un dibattito a tutto tondo, e con tutti i passaggi necessari, per dare modo alle assemblee elettive non solo di dire la loro, ma di guidare il processo dell’autonomia nella direzione più efficace ed equilibrata. A vantaggio di tutti e non nell’interesse di una parte sola. Porremo anche la questione di quante e quali competenze possono essere delegate alle singole Regioni. Riteniamo impensabile, ad esempio, che possa essere riconosciuta potestà legislativa alle Regioni sui principi fondamentali di materie come i rapporti internazionali e con l’Unione europea, l’istruzione, la tutela della salute, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia». 
Il presidente Emiliano ha definito la mossa di Calderoli “un atto ostile”. E i governatori del Sud sono tutti contrari al ddl, da Schifani a De Luca. Così finirà per spaccarsi il Paese?»»
«Beh, non tutti i governatori.

Mi pare che il presidente De Luca abbia ammorbidito molto la sua posizione nelle ultime settimane. È chiaro, comunque, che per le regioni del Sud il progetto di Calderoli rappresenti un grosso pericolo, quello di una secessione dei ricchi, come l’hanno definita anche molti autorevoli costituzionalisti, che finirebbe solo per rendere l’Italia ancora più divisa e più ingiusta, a vantaggio esclusivo delle aree più ricche del Paese e a danno del Mezzogiorno. Resta difficile capire come la riforma Calderoli possa essere condivisa della presidente Meloni, il cui partito fa largo uso di parole come nazione e patriottismo: non vedrei patriottismo nel piegare la Repubblica a un modello di federalismo disgregatore. E credo che anche la sinistra, specialmente se il presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini vincerà la battaglia congressuale, dovrà farei conti con questo tema: da governatore poteva agire guardando all’interesse della sua regione, da leader nazionale dovrà assumersi responsabilità verso l’intero territorio italiano». 

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