Forum in redazione con il governatore Emiliano: «Puglia attrattiva. Terzo mandato? Se serve»

Forum in redazione con il governatore Emiliano: «Puglia attrattiva. Terzo mandato? Se serve»
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Domenica 3 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Luglio, 15:52

Forum nella redazione di Quotidiano con Michele Emiliano, presidente della Regione. Un’intervista a tutto tondo: il bilancio delle cose fatte (e anche degli errori), l’identità della Puglia «sempre più attrattiva», le opportunità create e quelle non colte, le prospettive, le inchieste penali e gli scenari politici. Con un occhio alle scadenze elettorali: «Terzo mandato? Se fosse necessario, lo farei. Ma non è detto che sia necessario. Ci sono in ogni caso». Sulle Politiche: «Nessuno mi ha chiesto di candidarmi e non ci ho pensato. Servirebbe solo a dare più peso al Pd». E sul civismo “trasversale”: «L’alleanza classica di centrosinistra non basta a vincere e rende più ricattabili». Intervista a cura del direttore Rosario Tornesello e di Francesco G. Gioffredi, Vincenzo Maruccio e Paola Ancora.

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Pesidente Michele Emiliano, la Puglia è riuscita a trovare la sua identità o è ancora alla ricerca di una strada?
«L’identità è stata costruita a partire dagli anni dell’emergenza criminale. Anni durante i quali scuole, associazioni, sindacati fecero fronte comune con le istituzioni piantando il primo seme di una vera e propria rivoluzione, cementando un’identità. La Puglia è entrata direttamente nel terzo millennio, mettendo al centro le persone e l’ambiente, ma senza cedere mai a battaglie di retroguardia. Qui abbiamo capito che addomesticare l’anima, coltivare bellezza e cultura, costituisce un bene economico e rilevante. Ecco perché il nostro turismo non è uguale agli altri. E le persone che ci vengono a trovare sanno che in Puglia abbiamo le idee chiare: innovazione tecnologica nel rispetto della tradizione e dell’eredità dei nonni».


Tuttavia, per i turisti, venirci a trovare è tutt’altro che semplice. Sui trasporti e le infrastrutture non ci si spende abbastanza: la Puglia sembra spezzata in due.
«Le generazioni che, cinquant’anni fa, avrebbero dovuto costruire autostrade, aeroporti e infrastrutture si sono fermate a Bari. Sono l’unico a parlare di autostrada fino a Lecce. Le risorse ci sarebbero anche state, se il Pnrr fosse stato sul serio un investimento strategico e non fosse servito, invece, per finanziare progetti già esistenti e già destinatari di risorse. I fondi necessari al completamento della Napoli-Bari sono stati completamente sostituiti dal Pnrr: dove siano andate a finire le risorse che erano previste per quella linea non lo sappiamo. Dunque per progettare nuove infrastrutture si deve partire da zero, come si dovrebbe fare per l’Alta velocità».

Lei crede nell’Alta velocità fino a Lecce?
«Sul tracciato esistente è impossibile: spaccherebbe in due le città. Ed è anche sbagliato dare l’impressione che la si neghi per questioni politiche. Bisogna immaginare un altro tracciato. Non è un problema da poco. Ci vuole uno sforzo che la Puglia non può fare da sola. Lo schema infrastrutturale va completato. Da parte nostra, per esempio, stiamo cercando di collegare su rotaia l’aeroporto di Brindisi con le stazioni. A Grottaglie a brevissimo decolleranno i primi voli di una compagnia cargo e sul sistema dello spazioporto Enav sta investendo 50 milioni di euro».

Ritiene che dare alla Puglia un’identità di hub energetico sia una opportunità da sfruttare? L’impressione è che la Regione non ci creda più di tanto, se pensa alla questione dell’eolico offshore, ai rigassificatori, al gasdotto Poseidon e alla possibilità di creare qui una hydrogen valley.
«Quella dell’energia non è una identità della Puglia, è una funzione che noi assolviamo volentieri: a Draghi abbiamo offerto la nostra disponibilità, ma con i giusti meccanismi di perequazione. Certo, se qualcuno pensa di trasformare la Puglia in un grande luogo di produzione energetica senza darci neanche il vantaggio di pagare un po’ meno energia, questo se lo può scordare. Se siamo chiamati a garantire un servizio strategico anche per la Nato, vorremmo in cambio almeno questo. Sull’eolico offshore ho l’impressione che si lasci troppo spazio ai privati: il Governo dovrebbe stabilire come procedere, senza lasciare mano libera ai privati. Abbiamo bisogno che le comunità studino i progetti e stabiliscano se il sacrificio vale la candela. Per quanto riguarda l’idrogeno, abbiamo presentato su questo il nostro progetto bandiera a Draghi, ma il Governo non ha ancora stanziato un euro. Parchi eolici nel mare? Prima ci dicano se in cambio avremo un prezzo dell’energia più basso e anche sistemi di ricerca e industriali per decarbonizzare con l’idrogeno».

A proposito di Tap, lei disse che il tracciato avrebbe attraversato dieci comuni ad alta densità mafiosa. Si è pentito di questa dichiarazione?
«Assolutamente no. Far scendere un gasdotto a sud per poi spendere 400 milioni, pagati dai cittadini italiani, per riportarlo a nord e collegarlo a Snam è una operazione sulla quale io, da pm, avrei indagato. Continuo a considerarla una cosa sospetta: tutti sanno che l’opera era progettata su Brindisi».

Il sindaco di Brindisi non ha gradito il via libera regionale al deposito Edison. Tutto risolto?
«Abbiamo esaminato tutte le eccezioni sollevate dal Comune, sono state superate. Non ci può essere una discrezionalità della politica nel dire sì o no».

Su Ilva ha spesso incalzato i diversi governi. Cosa pensa della strategia del governo Draghi e del presidente di Acciaierie d’Italia Bernabè? Ilva non chiuderà, a differenza di qualche auspicio anche in Regione, ma sembra aver imboccato il sentiero della decarbonizzazione.
«La posizione teorica esposta da Bernabè è condivisa dalla Regione, ma in concreto il governo non ha ancora adottato nessuna decisione tale da rassicurare noi tutti.

Quindi siamo contenti di avere finalmente convinto il Governo alla decarbonizzazione, purché sia una intenzione reale».

La sua posizione mediana sul gasdotto, all’epoca delle vibranti proteste che hanno accompagnato le prime fasi del progetto, fu letta come una sorta di fiancheggiamento della protesta. Lo stesso atteggiamento lo ha avuto su xylella. Non le sembra che questo suo modo di fare ci abbia consegnato una eredità di problemi?
«Assolutamente no, ho fatto il mio lavoro. I No Tap mi ricoprirono di insulti perché mi rifiutai di negare l’importanza dei gasdotti. Ho sempre sostenuto l’importanza del gas come combustibile di transizione. Poi io sono diventato presidente quando xylella si era già mangiata mezzo Salento. Mi sono dovuto fare un’idea e ho ascoltato tutti, anche i più estremisti. Capisco che il mio metodo, quello di stare a sentire cosa abbiano da dire le persone, sia innovativo e che possa anche aver determinato un po’ di confusione. Ma è accaduto lo stesso con la decarbonizzazione: ora però tutta Italia ci scommette».

Nel suo “metodo innovativo” non ritiene di aver strizzato l’occhio a varie piazze e di essere stato un po’ populista?
Vengo da un quartiere popolare, non ho pregiudizi ideologici: per me la qualità degli uomini e delle donne prevale sulla loro appartenenza. Si può avere una storia di sinistra o democristiana, e partecipare alla costruzione del bene comune. Non lo puoi fare se sei un teorico del fascismo, dell’antisemitismo, se neghi la libertà religiosa o la parità fra uomo e donna o se pensi che i flussi migratori vadano risolti affondando le navi».

Tuttavia uno dei suoi pupilli è Mellone, sindaco di Nardò, che rivendica la sua storia nella destra.
«Mellone non ha mai detto di essere fascista e io sono onorato di essere suo amico, perché è un uomo perbene, sa fare il sindaco ed è stato il primo a darmi una mano per costruire le foresterie per i lavoratori in agricoltura quando le amministrazioni di sinistra non volevano i neri a Nardò».

Mellone era sul palco per il comizio del sindaco Vergine, a Galatina. Ed era là insieme al coordinatore regionale della Lega, Roberto Marti, e al consigliere regionale Pd Donato Metallo. Un fritto misto nel quale gli elettori faticano a ritrovarsi.
«La gente non vota quando non trova un sindaco che le piaccia. La vicenda Galatina, un poco confusa, mi è scappata di mano. Vergine ha tirato a sé anche il consigliere Metallo, che è stato uno dei più critici con me per la nomina di Palese ad assessore: anche Donato, evidentemente, ha capito che l’intuitu personae per gli amministratori prevale su semplici questioni di schieramento. E del resto, tutte le volte che non facciamo così, ovvero quando ci presentiamo con una alleanza classica di centrosinistra, perdiamo e basta. Il centrosinistra non ha la forza di governare la Puglia. Bisogna fare alleanze e coalizione, come è avvenuto a Lecce, Taranto, Bari, Andria. A Galatina sono stati molto originali».

L’hanno scavalcata a destra?
«Diciamo che è la Lega che mi insegue a sinistra, ma è pugliese quindi una Lega migliore di altre».

Ma queste operazioni di grande trasversalismo, non le rendono difficile controllare un campo eccessivamente largo?
«È molto più facile governare con il campo largo: se per assurdo qualcuno riuscisse a vincere in Puglia con un centrosinistra classico, il livello di ricattabilità delle amministrazioni salirebbe alle stelle. Più è larga la coalizione, più il sindaco è libero. Come a Bari».

Lei è stato determinante per la vittoria di Melucci a Taranto. L’anno prossimo si vota a Brindisi e fra due anni a Lecce. A Brindisi consiglierà a Rossi l’applicazione dello schema tarantino? E a Lecce ritiene che Salvemini debba ricandidarsi?
«Per quanto riguarda Salvemini, se dovessi decidere io, lo ricandiderei, ma non sarebbe contento di sentirsi dire cosa deve fare. Secondo me Carlo è un uomo di qualità umane e politiche rilevantissime, che ha ripreso in mano una città prostrata da un modello di governo che non aveva prodotto nulla dal momento in cui Adriana Poli Bortone ha mollato. Per Rossi vale lo stesso: la partita di Brindisi non è facile e servirebbe una grande alleanza perché non è una città dall’orientamento politico scontato. Vuole risposte, è molto delusa, nonostante l’impegno della sua classe dirigente. Se a Brindisi si riuscisse a mettere in moto un movimento come quello di Taranto, non ce ne sarebbe per nessuno: puntiamo a farne il polo pugliese della nautica».

Nel 2024 si voterà anche a Bari. Cosa farà poi Decaro?
«Antonio può fare tutto».

Che significa, spesso, nulla.
«Non è così. Antonio può fare qualunque cosa, ha qualità notevoli. Ma ognuno di noi deve ragionare nell’interesse generale. Siamo una squadra».

Lei invece pensa di candidarsi per un terzo mandato o sarà Decaro il prossimo candidato governatore?
«Anche come governatore, Antonio sarebbe bravissimo. Io personalmente ho lavorato sempre per la Repubblica, se fosse necessario ricandidarmi lo farei, ma non è detto che sia necessario. Non è questo il punto. Ho ancora un lavoro. Ma se la Puglia ha bisogno di me, ci sono. Se ha bisogno di cambiare, idem».

Emiliano, vorrebbe candidarsi alle Politiche 2023?
«Non me lo ha chiesto nessuno e non ci ho pensato. Del resto, servirebbe soltanto a dare più peso al Pd e sinceramente, lo dico con profondo affetto per il Pd, fra il Pd e la Puglia ho sempre scelto la Puglia».

Non valuta l’idea di farsi da parte, dopo dieci anni da sindaco e dieci anni da presidente? Anche Moro aveva aperto all’idea dell’alternanza come necessità.
«Potrei telefonare a Fitto e chiedergli se vuole fare il presidente della Puglia dopo di me, per favorire l’alternanza... La legge consente il terzo mandato. Quanto a me, temo che qualsiasi cosa dovessi dire sul punto farei preoccupare qualcuno».

Immaginiamo che Letta le chieda di rafforzare la squadra del Pd con una rosa di nomi alle Politiche, chi porta con sé oltre al suo capo di gabinetto?
«Ho sempre candidato tutti i miei più stretti collaboratori nel Pd, persino in quello di Renzi, nonostante le sbagliasse tutte. Anche per le prossime Politiche seguirò questa strada: chi vorrà, si candiderà. Io non costringo nessuno. I nomi non li faccio io, sarebbe una strage».

Parlava dell’intuitu personae. Vicenda Lerario: quanto l’ha colpita non aver capito che c’era qualcosa che non stava andando in un settore vitale?
«Lerario è stato molto bravo a fare il suo lavoro, ma può capitare che anche un bravo funzionario commetta irregolarità. Sulla gestione di Lerario abbiamo fatto delle verifiche interne, anche se una volta nominata la task force, la Procura ci ha chiesto di soprassedere per evitare di sovrapporci alle indagini. Sono emerse alcune vicende relative ai collaudi delle opere, che abbiamo trasferito alla Procura».

Continua il balletto sull’ospedale in Fiera. Che fine farà? Il centro grandi emergenze si sposterà altrove o tramonta del tutto l’idea?
«È già stata disposta la dismissione dell’ospedale, che però ha l’autorizzazione al funzionamento sino a fine anno. Vedremo se in questo periodo l’andamento epidemico ne consentirà l’effettivo smantellamento. Resto dell’idea che una struttura come quella serva per qualunque maxi emergenza, non dovrebbe essere smantellata, ma piuttosto trasformata in un’area espositiva fieristica collegata al settore biomedico, e sempre pronta».

Lei da magistrato come vive il ruolo di imputato? È in corso il processo a suo carico per illecito finanziamento ai partiti nelle primarie Pd del 2017.
«Lo vivo bene, perché sono innocente. Essere un imputato innocente è indubbiamente una condizione di grande vantaggio. Da magistrato, forse non avrei perso così tanti anni su questa indagine».

Fitto sostiene che la Regione avrebbe dovuto trasferire i progetti finanziati con il Fsc ancora fermi al palo sul canale del Cis e che non sia stato fatto perché così i miliardi avanzati copriranno il taglio ai fondi per il Sud. È così?
«Con grande rispetto per Raffaele, questa storia mi ricorda quando Checco Zalone lo prendeva un po’ in giro per questi suoi ragionamenti complicati, che poi non gli hanno portato molto bene. Lui, piuttosto che sperare che vada tutto male per essere chiamato, dovrebbe venire da me e offrirmi il suo aiuto, così come qualche volta ha fatto, per esempio sulla xylella. Dobbiamo lavorare insieme, gliel’ho proposto un numero infinito di volte senza volerlo tirare nella coalizione. Siccome è un uomo di qualità, queste qualità andrebbero sfruttate in maniera positiva».

Lei ha vissuto rapporti ora di grandi innamoramenti e ora molto burrascosi con alcuni premier. In ultimo Draghi: sta finendo per diventare draghiano anche in ottica 2023?
«Il premier è l’italiano più autorevole. Ma la novità più interessante è che io vado molto d’accordo con Letta: è la prima volta che non vengo considerato dal Pd un male necessario. Sono una giacca azzurra, uno che lavora per la Repubblica, per lo Stato, a volte sono troppo capzioso in alcune questioni, non bado a me. Ma non c’è una sola decisione che abbiamo preso che non sia stata anche nell’interesse dell’Italia. Non ho mai voluto spaccare nulla. Nel tempo sono diventato moderato, accetto di più le critiche, accetto i punti di vista diversi, mi piace che ci sia qualcuno nella mia maggioranza che mi tiene sveglio, come il consigliere Amati. Anche perché le cose a volte sfuggono, avere qualcuno che ti aiuta a guardare quello che succede è importante».

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