Industria 4.0, è rivoluzione ma in fabbrica pochi cervelli

Industria 4.0, è rivoluzione ma in fabbrica pochi cervelli
di Nicola Quaranta
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Domenica 29 Aprile 2018, 10:37
LECCE - Più soldi per la ricerca e lo sviluppo. Ma sul fronte della formazione, evidentemente, i conti non tornano alle imprese, che, stando all’allarme lanciato da Confindustria, reclamano 280.000 “super tecnici”: figure professionali che le aziende 4.0 non riescono a trovare sul mercato. Eppure nel 2015 la spesa per ricerca e sviluppo in Italia è aumentata in termini sia nominali sia reali (nell’ordine +1,7% e +0,9% rispetto la 2014) e si è stabilizzata in rapporto al Pil (1,34%), seppure il valore del nostro Paese sia ancora inferiore a quello medio europeo (2,03%), tuttora distante dall’obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) e dal target europeo del 3%. 
Dati, questi ultimi, che emergono a chiare lettere dal rapporto “Noi Italia 2018” dell’Istat. Gli addetti alla ricerca e sviluppo (in unità equivalenti a tempo pieno) nel 2015 sono 4,3 ogni mille abitanti, in aumento rispetto al 2014 ma la distanza dall’Ue (5,6) resta alta e l’Italia si colloca al di sotto di tutte le economie più importanti. Sul territorio nazionale resta elevato, poi, il ritardo del Mezzogiorno. In questo quadro incerto si inserisce la carenza di formazione. In Italia, evidenzia l’Istat, rispetto all’insieme dell’Unione europea, la percentuale delle forze lavoro con competenze digitali elevate è considerevolmente inferiore (il 23% contro il 32%); e tra i 5 maggiori paesi europei il nostro mostra il più basso livello di diffusione delle competenze digitali. 

In un contesto del genere formazione e apprendimento permanente rappresentano una scelta obbligata per lavoratori e imprese, per affrontare i cambiamenti nel mercato del lavoro nella quarta rivoluzione industriale. Là dove, è il grido di dolore di Confindustria, resta una sostanziale difficoltà a reperire personale adeguato. 
All’appello, infatti, mancano i supertecnici. La rivoluzione formato Industria 4.0 sta cambiando, e rapidamente, specie nelle imprese più innovative, professioni e competenze, mettendo a nudo i limiti della “formazione” delle risorse umane. Sul mercato del lavoro, lamentano gli imprenditori, ci sarebbero competenze esclusivamente “teoriche”, con scarso spirito imprenditoriale e un elevato gap “digitale”. 
Un “difetto” di preparazione e formazione confermato ed evidenziato anche dalI’Istat: in Italia, rispetto all’insieme dell’Unione europea, la percentuale delle forze lavoro con competenze digitali elevate è considerevolmente inferiore (il 23% contro il 32%). E tra i 5 maggiori paesi europei il nostro mostra il più basso livello di diffusione delle competenze digitali. Carenze amplificate al Sud. Le imprese del Mezzogiorno, pur recuperando posizioni rispetto all’anno precedente, sembrano ancora sfruttare meno l’opportunità di accedere a mercati più ampi attraverso l’utilizzo del web: nel 2017 quasi 16 punti percentuali le distanziano da quelle del Centro-Nord.
Così pure nel 2015 resta elevato il ritardo del Mezzogiorno in termini di addetti in ricerca e sviluppo rispetto al Nord e al Centro. 

E la Puglia, in uno scenario che non vede brillare il Paese da Roma in giù, resta attaccata alla coda della classifica: 18esima per laureati in discipline tecnico-scientifiche (7,2 per 1000 residenti in età compresa tra i 20 e 29 anni), 17esima per addetti alla ricerca e allo sviluppo (1,9 per 1000 abitanti), nonostante figuri al 12esimo posto (65,3%) per imprese che hanno un sito web/home page o almeno una pagina internet, e alla 13esima posizione sul fronte della spesa per ricerca e sviluppo (1,01% del Pil). Uno scenario che nelle scorse settimane ha spinto il presidente di Confindustria Lecce, Giancarlo Negro e il rettore Vincenzo Zara, a intensificare la collaborazione tra il mondo delle imprese e l’Università del Salento. Confronto che ha consentito di avviare un database congiunto facilmente accessibile per consentire alle aziende di selezionare i profili di giovani universitari da avviare a tirocinio o assunzione e di programmare entro l’estate, o subito dopo, laboratori con gli imprenditori nel campus di Ecotekne. 
«È un tema sul quale stiamo insistendo molto su scala regionale”, conferma Domenico De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia. La grande domanda di lavoro spesso non si sposa con le richieste specifiche delle aziende del territorio. Proprio per questo stiamo intensificando i rapporti con le università, allo scopo, anche alla luce della nascita del Centro di Competenza ad alta specializzazione, di offrire strumenti e risorse per formare le nuove professionalità sulla scorta delle esigenze dei nostri distretti industriali, a partire dalla meccatronica e dall’aerospazio». Costituiti nella forma del partenariato pubblico-privato, i Competence Center rappresentano un passaggio chiave nell’ambito degli interventi previsti dal Piano nazionale Industria 4.0. «Una grande opportunità - spiega De Bartolemeo - per il cambio di passo. Una scommessa che vede protagonisti il Politecnico di Bari e le università della Puglia impegnate nel bando per Puglia e Campania».
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