Greggio a 150 dollari al barile. Un’ipotesi folle che potrebbe materializzarsi nei prossimi mesi a causa dell’instabilità degli equilibri internazionali. All’orizzonte, intanto, nuovi aumenti previsti a breve per gasolio e benzina. E mentre l’Opec, organizzazione di 13 paesi esportatori di petrolio, ha stabilito nei giorni scorsi il taglio di 2 milioni di barili di petrolio al giorno, nel Mediterraneo è corsa al petrolio russo, in previsione dell’embargo previsto a fine anno. La situazione, già grave, pesa anche in Puglia su cittadini e categorie produttive.
I Porti
Nei giorni scorsi è emersa la difficoltà riscontrata dai porti pugliesi. In occasione dell’Adriatic Sea Forum il presidente dell’Autorità portuale del mare Adriatico Meridionale, Ugo Patroni Griffi, ha lanciato l’allarme. I porti, ha sottolineato, sono fra le strutture più energivore e risentono in modo significativo del caro carburante; a questo si aggiungono le difficoltà legate a all’avvio delle comunità energetiche che potrebbero contribuire a svincolarsi in parte dalla dipendenza dai mercati esteri. Serve dunque una politica chiara per la transizione energetica che conduca alla costruzione di impianti per la produzione di carburanti alternativi come il Gnl, lo stesso Gpl ma anche il metanolo e l’ammoniaca. Di ieri invece l’allarme di Coldiretti per gli effetti del caro gasolio sui pescherecci; il prezzo raddoppiato rischia infatti di limitarne l’attività o lasciarli a terra. Ma cosa sta accadendo nel mercato internazionale? Si teme di restare senza materia prima. «La decisione di Opec Plus che ha deliberato il taglio di produzione di 2 milioni di barili al giorno – spiega Giuseppe Greco, direttore di Camer, società che opera nel settore della distribuzione di carburante, gas ed energia - ha sorpreso i Paesi europei e gli Usa che, al contrario, chiedevano di aumentare i volumi o quantomeno di mantenere quelli attuali. Ma le ragioni di questa scelta sono chiare: Opec ritiene che mantenere alto il prezzo possa favorire gli investimenti nella ricerca di campi di petrolio e idrocarburi. Il timore è quello di rimanere a secco nei prossimi anni».
La Situazione
L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi che maggiormente subisce le scelte e le politiche internazionali essendo dipendente per il 97% da petrolio estero, di cui circa il 40% importato dalla Russia e il resto dai paesi dell’Opec. Il risultato di queste dinamiche porterà effetti immediati. «La reazione dei mercati a questa decisione – continua Greco - ha portato ad un aumento del costo del greggio dell’8% in una settimana e questo vuol dire che già dalla prossima ci saranno aumenti dei prezzi alla colonnina del rifornimento, con il gasolio che sfiorerà di nuovo l’1,9 e la benzina a circa 1,7. Le conseguenze sono chiare; il Governo è già intervenuto con il taglio delle accise del 25 % e non potrà andare oltre perché sarebbe un rischio per le entrate dello Stato; a pagare il prezzo più alto saranno dunque sempre i cittadini; e questo si aggiunge a gas ed energia».